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David Thuku e il baratto delle idee

Zihan Herr

Codice a Barre, la personale di David Thuke alla Red Hill Art Gallery di Nairobi, chiude tra qualche giorno. Ma siamo certi che rincontreremo questo artista molto presto. Se sapremo andarlo a scovare.

Ci sono artisti che se la suonano e se la cantano. Pieni di sé, ballano il tango con i collezionisti, volteggiando alla ricerca della celebrità. Poi ci sono quelli che avanzano con passo leggero; artisti che si immergono in una realtà sotterranea, dove convivono serenamente con i loro pensieri. Ecco, David Thuku appartiene a questo gruppo, di certo meno vistoso.

Sebbene calchi la scena dell’arte di Nairobi sin da quando ha finito il Buruburu Insitute of Fine Art nel 2009, Thuku preferisce sperimentare nuove idee in privato, piuttosto che fare la marionetta in pubblico. I galleristi e i signori dell’arte sono riusciti a raggiungere questo artista talentuoso soltanto negli ultimi anni, e i suoi collages sono stati esibiti recentemente in alcuni spazi di Nairobi, tra cui The Attic Art Space, Circle Art Gallery e The Art Space. Attraverso la piattaforma ARTLabAfrica, i suoi lavori sono stati anche presentati anche in eventi più internazionali, come la fiera 1:54 Contemporary African Art a Londra e la Young International Artists Art Fair (YIA) e Drawing Now Art Fair a Parigi.

La mostra di Thuku, intitolata ‘Codice a Barre: lo strato di mezzo’, ora alla Red Hill Art Gallery di Nairobi, è caratterizzata da colore energico, curioso simbolismo, forme geometriche e figure metaforiche alterate. Da gocce d’inchiostro a immagini di sagome, le gallerie di Nairobi ultimamente stanno esibendo una sovrabbondanza di arte figurativa in bianco e nero, che sembra essere diventata sinonimo di contemporaneo. Un uso scorretto di termini fa si che ‘contemporaneo’ venga spesso usato per descrivere una particolare estetica che è sistematicamente monocromatica e minimal, liscia e intenzionalmente ambigua. Dalla carta alle installazioni multi-mediali, si potrebbe insinuare che questo tipo di arte sia prodotto apposta per il white cube. Mettici sopra qualche parola chiave come cambiamento climatico o conservazione, ed ecco che ti sei creato una mostra d’arte.

Con arte contemporanea si intende semplicemente l’arte di oggi, termine coniato verso la fine del XX o nell’attuale XXI secolo. Certamente gli artisti attuali vivono in un mondo in cui prevale il capitalismo, in cui certe risorse sono sempre più scase mentre la tecnologia sta progredendo molto velocemente. Sebbene dunque tutte la opere prodotte ora siano contemporanee, è particolarmente interessante quando questi lavori vanno a indagare temi come la politica o le vicende d’attualità. Ecco perchè è affascinante il modo in cui David Thuku cerchi di andare più a fondo nelle questioni che hanno un impatto sull’esistenza di oggi. Come ha detto lui stesso riguardo l’ultima serie di lavori, egli vuole indagare ‘il processo che porta all’acquisizione di idee e oggetti per consumarli; come ci identifichiamo con le cose, e come esse cambino la nostra identità’.

Thuku esplora il consumo, non soltanto focalizzandosi sul consumismo di per sé, ma giocando con l’idea di acquisizione nella sua interezza. Così facendo, esamina i mattoncini dell’identità. Da valori, prospettive o propaganda, per esempio, a un capo di abbigliamento o di tecnologia, quando consumiamo qualcosa, assimiliamo insieme anche i costrutti sociali associati a quel paradigma o quel prodotto specifico, e ne veniamo alterati in maniera irreversibile. Più semplicemente,Thuku analizza come le nostre stesse scelte ci trasformino. Sostituendo le teste delle figure con dei cartelloni, l’artista cerca di mostrare come messaggi differenti provochino cambiamenti, e come le persone siano accecate o sopraffatte da ciò di cui decidono di prendere parte. Osservando i lavori di Thuku, ci si domanda spesso il significato del suo simbolismo. Lui dice che intenzionalmente sono dei generi non specificati pronti per il consumo. ‘Non sempre sappiamo cosa rappresentino, ma sono li per istruire’.

Thuku nota in modo astuto come la mente dell’osservatore sia anch’essa rimodellata nel processo di consumo delle sue opere. Nei 12 lavori esposti a Red Hill, il suo immaginario consiste di figure nude o parzialmente vestite che trasportano o indossano cartoni sopra le loro teste che pubblicizzano iconografie differenti. Tutte eseguite su carta, le opere hanno un effetto digitale che si avvicina più al disegno grafico che alla pittura. Raramente si vedono delle pennellate. Le figure di Thuku, lisce e impeccabili, sono create immergendo carta per acquarello pressata a freddo in acqua, stendendola prima di applicare uno strato di colore acrilico diluito. Gli sfondi sono ottenuti strofinando la carta sulle piastrelle del pavimento dove è posta. ‘E’ una sorta di stampa’, ci spiega l’artista. Accomuna i motivi geometrici utilizzati con la ripetizione di un azione, o di un pensiero, che alla fine diventa un comportamento umano. I collage di Thuku consistono in un primo strato, più alto, fatto di ritagli di giornale, e nonostante il processo di peeling e stratificazione, le sue opere hanno un effetto puro e di continuità. L’artista paragona questo processo di dare e avere con la costruzione, lo smontare e la ricostruzione dell’ideologia umana.

L’atteggiamento e gli abiti indossati dalla figura umana nell’opera untitled 5 ricordano gli uomini raffigurati nelle tombe dell’Antico Egitto. Il gonnellino sembra lo shendit indossato nell’antico Regno intorno al 2130 BC. Il lavoro di Thuku richiama così alla mente la cultura di una civiltà nella quale alla coscienza veniva data una grande importanza. La ricchezza per la società dell’antico Egitto veniva misurata, non finanziariamente, ma secondo le conoscenze delle scienza e della spiritualità di ciascuno. L’antica saggezza ruota intorno alla forma umana e alla sua abilità di porsi in sintonia con i vari livelli della coscienza. Le opinioni del giorno d’oggi stanno tristemente divagando. Mentre l’arte dell’antico Egitto rappresentava la testa come il canale d’accesso alla coscienza, quella delle figure di Thuku è rimpiazzata da un groviglio di corde, che sembra voler rappresentare quel abbuffarsi di edonismo tipico della società dei nostri giorni e del suo precario codice morale.

Per coloro che non sono al passo con i tempi, Nairobi è una metropoli rigogliosa con uno scenario artistico che sta fiorendo e degli stravaganti centri commerciali dove i Kenioti adorano fare shopping. Mentre viene a patti con una società offuscata dal narcisismo e malformata da un indottrinamento commerciale e da auto-indulgenza, Thuku sta cercando di trovare il suo posto in questa nuova realtà. ‘Provengo da un’altra parte’ dice l’artista. ‘Ho dovuto superare alcuni limiti e tante cose hanno cambiato la mia identità’. Trovatosi coinvolto in questo processo di transizione che il Kenya sta attraversando, egli svolge il duplice ruolo di testimone e di consumatore sperimentale. Nel costruire il suo personaggio, la filosofia che ha scelto di acquisire e assimilare è decisamente critica. ‘E questa non è la fine’, afferma. ‘E’ un processo continuo, e non sappiamo cosa verrà dopo. Ciò che so, però, è che vogliamo più di quello a cui siamo stati relegati fino ad ora’.

June 22, 2021