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CONCEPTUAL FINE ARTS

Heinz Frank, un autoritratto metaforico

Piero Bisello

Ecco chi è Heinz Frank, maestro da riscoprire, che sfugge alle tendenze.

Heinz Frank

Heinz Frank at Kunsthalle Wien, April 2019. Photo by Piero Bisello

Tutte le opere d’arte sono anche autoritratti delle loro autore. L’affermazione s’incrina quando parliamo di arte figurativa, visto che, dopo tutto, non tutte le figure sono immagine dell’artista. Ma se all’arte figurativa si attribuisce un ruolo minore, allora la nostra affermazione assume un valore diverso; un valore, per così dire, metaforico. Si tratterebbe, per esempio, di considerare la presenza dell’artista nell’opera come una condizione sufficiente a riconoscere all’opera in questione il valore di autoritratto. Il lavoro di Heinz Frank fa sorgere spontaneamente questo pensiero, o almeno così è stato per noi, quando un paio di settimane abbiamo visitato la sua installazione alla Kunsthalle di Vienna. In quell’occasione abbiamo conosciuto Frank, e abbiamo assistito a un suo monologo, in dialetto viennese, tradotto gentilmente in inglese per noi da Claudia Cavallar e Daniel Scott.

Heinz Frank ha ottant’anni, e ha studiato ingegneria elettronico e architettura prima di diventare un artista. A Vienna Frank è una personalità artistica consolidata e riconosciuta, ma da poco il suo nome ha cominciato a crescere anche sulla scena internazionale. Forse per questo motivo, ovvero per essere cresciuto il un contesto locale, che il suo lavoro sfugge alle principali categorie estetiche entro cui si incanala l’arte internazionale. A differenza di molti artisti, l’opera di Frank è a Frank solo riferibile, e in questo senso gli autoritratti metaforici di cui parlavamo vanno intesi. Potremmo addirittura ritenere Frank un outsider, la cui produzione tende a essere pura auto rappresentazione, invece che una forma artistica in qualche modo codificabile.

Der Winkel Des Endes Kommt Immer Von Hinten, (The Angle Of The End Always Comes From Behind). Kunsthalle Wien, Vienna, 2019. Photo by Jorit Aust

Un processo artistico.

Per chiarire, partiamo dal processo creativo, che marcatamente peculiare. Frank ci dice che l’inizio di ogni opera è per lui un ‘pensiero sentito’, o un ‘sentimento pensato’, che può venire da qualsiasi situazione, anche la più banale. Basta una semplice passeggiata. Poi Frank trascrive su carta il pensiero sentito, o sentimento pensato, in forma di testo. Da quel momento, ci dice, inizia la parte difficile, ovvero l’atto di tradurre il testo in un oggetto fisico di cui chiunque possa fare esperienza, e che in quanto tale possa essere esibito, o venduto.

Tradurre in maniera perfetta è impossibile. Il pensiero sentito, o un sentimento pensato, non è mai completamente visibile agli altri. Ma, confessa Frank, l’opera è valida solo se quel che uno vede è esattamente quel che lui ha pensato. L’obiettivo è rappresentare con le opere ciò che è scritto sulla carta, fino al punto che le parole possono anche essere cancellate. Immaginiamo che questo sia il momento in cui l’opera diventa l’autoritratto, perfetto, di Frank. Oppure, diciamo che ciò che conta per ottenere un ritratto quasi perfetto e proprio quello che non si vede, come dico Frank stesso.

Heinz Frank, Säulenhalle, Academy of Fine Arts, Vienna, 2015. Photo by Wolfgang Thaler

Forme e installazioni.

Al di là del processo, e delle aspettative disattese, c’è l’aspetto formale delle opere di Frank, che è straordinario. Dalla mostra al Bureau des Realités di Bruxelles (in collaborazione con la galleria che lo rappresenta, LambdaLambdaLambda) all’installazione alla Kunsthalle di Vienna, le opere prodotte in oltre quarant’anni di attività rivivono in riuscitissime installazioni.

Motivi ricorrenti nelle suo opere sono gli oggetti d’alluminio, i tappeti orientali (che, ci dice l’artista, ha comprato anni fa ad un asta e valgono, nelle sue opere, puramente per i loro valori formali e per lo spirito domestico che donano allo spazio), le maschere, disegni e dipinti a vari gradi di figurazione. Una volta uniti Questi elementi, formano un insieme, che è l’installazione, che deve la sua coerenza proprio all’atmosfera che è in grado di generare.

Studio Heinz Frank, Vienna, 2018. Photo by Wolfgang Thaler

Specificità e architettura.

Nell’opera di Frank c’è una forte specificità determinata dal contesto. Per la mostra a Bruxelles, per esempio, l’artista ha dialogato con il disegno del tavolato del pavimento, riproducendolo sulle opere in vari modi. A Vienna ha esplorato la trasparenza dei muri di vetro – il concetto di trasparenza gli è caro, ‘es ist mir gern’ dice – rendendo visibile il retro dei dipinti dall’esterno, e lasciando spoglio un grande muro, che poi ha chiamato la ‘soluzione’ della mostra. Quando gli abbiamo chiesto come avesse affrontato la specificità architettonica dell’edificio ci ha confessato che si è trattato soprattutto di fortuna, dato che la maggior parte delle scelte erano state fatte ‘a occhi chiusi’ – quel che si dice una risposta onesta.

Das Loch In Meiner Seele Und Ihr Gläsernes Kleid (The Hole In My Soul And Its Transparent Dress), Heinz Frank at LambdaLambdaLambda at Bureau des Réalités, Brussels, 2018. Photo by Isabelle Arthuis

Riflesso di una personalità eccentrica, l’universo degli autoritratti metaforici di Frank arriva fino al suo appartamento, a Vienna, in cui lo spazio inabitabile è alto quanto quello abitabile, delimitato dal rosso dei muri più alti. Ci sono elementi che ricordano le sue installazioni, come maschere e tappeti, di una domesticità del tutto non convenzionale: Häuslichkeit. A questo rigurado, Frank nota come molte persone vivano nell’erronea convinzione che i luoghi dove vivono siano architetture, mentre le uniche architetture realmente domestiche sono, in realtà, i loro stessi corpi: ‘solo queste sono le nostre vere case’. Questo spiega, tra l’altro, la scelta di disegnare il suo spazio abitativo usando il proprio corpo come unità di misura.

From Der Winkel Des Endes Kommt Immer Von Hinten, (The Angle Of The End Always Comes From Behind), Kunsthalle Wien, Vienna, 2019. Photo by Jorit Aust

Concludiamo citando Portraits and Persons, di Cynthia Freeland: ‘un autoritratto drammatizza o attiva qualcosa di molto importante a proposito di ognuno di noi: ovvero che costantemente, nelle nostre vite, presentiamo noi stessi agli altri. Questo va oltre, e lo fa in forma distinta, l’idea di raccontare noi stessi prima a noi stessi, e poi agli altri’. Come abbiamo detto prima, l’idea di rappresentare attraverso le opere, pensieri e sentimenti dell’artista – e la loro combinazione – può essere letta come l’applicazione visiva del principio esposto dalla Freeland. E per quanto l’opera possa sembrare un esercizio di puro narcisismo, l’osservatore può sempre trovar conforto nella forma e nelle atmosfere che gli autoritratti metaforici di Frank fanno nascere.

June 22, 2021