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Esiste la pittura site-specific? Nicolas Party chiede a René Magritte

Piero Bisello

Il Museé Magitte di Bruxelles mette il maestro del surrealismo a confronto con il suo più giovane interprete e scopre quanto la pittura di Nicolas Party sia rivoluzionaria.

Esiste la pittura site specific? Attenzione, non stiamo parlando di affreschi, o murales – anche se effettivamente la mostra descritta in questo articolo ne include. Intendiamo piuttosto il dipinto paradigmatico, l’opera d’arte che si può muovere, per lo più eseguita su tela, carta, o tavola. E poco importa – almeno dal punto di vista estetico – se questo dipinto stia appeso vicino a una finestra, o di fianco a un altro dipinto, oppure stia su qualche muro ammuffito. O invece importa? Il quesito, non trascurabile a pensarci bene, ci ha accompagnato per tutto il tempo che abbiamo trascorso in compagnia di Nicolas Party e René Magritte al Museo Magritte di Bruxelles.

La mostra che li pone a confronto ha inaugurato la scorsa settimana. Nasce dall’idea di riempire lo spazio libero lasciato dalle numerose opere date in prestito dal Museo al SFMOMA di San Francisco in occasione della retrospettiva su Magritte. Posto che Party ha dipinto questa serie di opere espressamente per il Museo Magritte, abbiamo provato a riflettere sul principio di site-specific. La relazione fra i due artisti è infatti cosi forte che a volte si stenta a distinguerli. E la loro è una relazione tanto formale quanto intellettuale.

Sul piano formale, l’uso del colore e il modus operandi di Party sembrano doppiare l’innocenza tecnica tipica di Magritte, anche se è importante segnalare che il tipo di illuminazione all’interno del museo, che ha luce localizzata, non gioca a favore di Party. Anzi, ne perturba la bellezza che viene dall’uso del pastello. La superficie dell’opera risulta completamente appiattita dai fasci di luci diretta, tanto che il più delle volte si stenta a capire la differenza tra l’uso del medium pittorico da parte di Magritte e quello di Party. Pensiamo per esempio ad ‘Unexpected answer’ di Magritte e a ‘Stone fruits’ di Party, esibiti l’uno accanto all’altro. Oltre che avere stesso soggetto, stesso formato, e stessa composizione, così i due quadri finiscono anche per avere identica superficie, pur essendo eseguiti con medium differenti.

Invece, riguardo alla relazione intellettuale fra Party e Magritte, abbiamo notato un interesse comune per ciò che chiameremmo ‘quotidiano alieno’. Di cosa si tratta, e come i due artisti riescono a esprimere questo concetto? Si potrebbe forse rispondere partendo da quello che la collezionista e neuroscienziata Beatrice de Gelder ci ha detto riguardo a Magritte qualche tempo fa: ‘fintanto che si sforza di avere un significato troppo chiaro Magritte è semplicemente cattiva filosofia’. Nel caso di “Empire of light”, per esempio, l’artista sembra riferirsi ai paradossi filosofici legati al concetto di tempo. Oppure, il suo “Le retour” può essere visto come una meta-analisi di ciò che significa rappresentare. E da questo punto di vista siamo d’accordo con de Gelder. Cercando di trarre da Magritte messaggi filosofici si rischia di scoprire che a volte questi messaggi sono persino più ingenui del modo in cui sono dipinti.

Invece crediamo che la forza di Magritte, almeno quella intellettuale, sia proprio quella di chiedere all’osservatore di prendere il soggetto delle sue opere esattamente per quello che è, ovvero una situazione banale, a volte un po’ contorta, spesso carica di senso dell’umorismo più che di idee rivoluzionarie. Questo è dunque il quotidiano alieno a cui ci riferivamo poco sopra, e che troviamo cosi vicino a ciò che Party rappresenta nei suoi lavori. Il punto forte del giovane svizzero è proprio quello di non caricare soggetti semplici con significati simbolici, per farli diventare contenitori di messaggi importanti. Al contrario, come lui stesso ci ha detto qualche tempo fa “quando disegno un albero è soltanto un albero. Ma l’albero è forse l’oggetto più simbolizzato sulla terra, ed è per questo che le persone lo amano cosi tanto’. Avviene cosi che i suoi alberi, le sue lumache, le sue nuvole sono semplicemente ciò che sono. Vale a dire alberi, lumache, nuvole. E se diventano qualcos’altro è perché chi le guarda ha bisogno di attribuire loro valori simbolici, o significati più profondi.

L’ironia di Party ricorda quella di Magritte. Se gli chiedessimo che cosa rappresentano tutte queste figure, la risposta probabilmente più proficua sarebbe che esse non sono altro che quello che vogliono essere, e cioè un albero, una persona che si guarda la schiena, una lumaca, una notte buia in pieno giorno, un dito, un gufo su un uomo elegante. Né di più, né meno. Sembrerebbe quasi che sia Magritte che Party stiano proponendo una pausa intellettuale, piuttosto che una sfida d’intelligenza.

Ritorniamo all’idea dei dipinti site-specific. Dopo aver provato il piacere estetico (sia formale che intellettuale) di vedere i due artisti dialogare tra loro, sarebbe anche giusto chiedersi quanto piacere si possa provare quando questa conversazione finisce. In altre parole, riusciranno le opere a mantenere questa stessa forza una volta divise? Nel caso di Party, ci auguriamo che le collezioni che accoglieranno i suoi lavori tengano conto della loro site-specificity, e magari cerchino di ricreare quel preciso piacere estetico che viene dall’assistere alla conversazione tra Party e Magritte. Forse c’è davvero poca verità nel dire che la pittura è il mezzo non site-specific per eccellenza. E l’osservatore che voglia vivere un’esperienza estetica più completa della pittura dovrebbe sempre guardare con occhio attento anche ciò che accade fuori dalla tela.

June 22, 2021