loading...

Un viaggio tra due fiumi nei Teatri del Polesine

Antonio Carnevale

Un percorso fra i teatri del Polesine, nel territorio tra l’Adige e il Po. Musica, architettura, pittura, e l’attesa di una nuova vita

Mentre i teatri d’Europa sono chiusi, e mentre i lavoratori dello spettacolo sopportano gli stenti della crisi, CFA vuole fare un omaggio a una serie di teatri poco conosciuti ma dalla storia densa e tenace. Siamo nella Provincia di Rovigo, al di qua delle Grandi Valli Veronesi, nel territorio che corre tra il fiume Adige e il Po e che si spinge fino al mar Mediterraneo. È in questa zona, conosciuta fin dal Medioevo con il nome di Polesine (per la sua origine paludosa), che parte il nostro percorso di riscoperta.

L’itinerario comincia da Rovigo e si snoda in piccoli centri, fra teatri nati spesso dalla volontà di gruppi di privati che si sono tassati per costruirli e per sostenerne l’attività. Malgrado la posizione decentrata, luoghi poco noti come Adria, Badia Polesine, Castelmassa, Lendinara e Loreo, hanno potuto intrecciare la loro storia con quella di grandi nomi della musica come Maria Callas, Luciano Pavarotti e persino con i Genesis di Peter Gabriel agli inizi della loro carriera. Inoltre, le loro architetture, come anche le decorazioni interne, viste qui con lo sguardo del fotografo Giovanni Hänninen, rappresentano un’occasione per rinfrescare la memoria sull’attività di maestranze, architetti e pittori un tempo acclamati e poi dimenticati.

Rovigo, Teatro Sociale
Rovigo, Teatro Sociale ©Giovanni Hänninen

Teatri del Polesine: il Teatro Sociale di Rovigo

Epicentro dell’itinerario è Rovigo, dove all’inizio dell’Ottocento un gruppo di melomani decide di raccogliere fondi per la costruzione di un grande teatro, e incarica del progetto l’architetto Sante Baseggio, autore nella stessa città del palazzo dell’Accademia dei Concordi. Il teatro apre al pubblico il 3 marzo del 1819, ma è sul finire del secolo che vive il suo moneto d’oro con i Pagliacci di Leoncavallo, la Cavalleria rusticana di Mascagni, la Manon Lescaut di Puccini, l’Otello di Giuseppe Verdi.

Rovigo, Teatro Sociale
Rovigo, Teatro Sociale ©Giovanni Hänninen

Un incendio che non si riesce a domare, nel 1902, distrugge il teatro: nell’arco di una sola notte le fiamme si mangiano l’edificio, risparmiando soltanto le mura esterne e la facciata. La ricostruzione impiega due anni, e il teatro torna al pubblico con Iris di Mascagni, alla presenza del compositore. Seguiranno altri debutti importanti, come quello di Beniamino Gigli, nel ’44, ne La Gioconda di Ponchielli su libretto del padovano Arrigo Boito; e ancora, nello stesso anno, quello di Renata Tebaldi nel Mefistofile, opera scritta e composta dallo stesso Boito. Ma nella storia del Teatro di Rovigo vanno ricordate soprattutto le presenze di Maria Callas nel ruolo di Aida, nel 1948, e di Luciano Pavarotti, nel 1962, nei panni del duca di Mantova del Rigoletto.

Rovigo, Teatro Sociale
Rovigo, Teatro Sociale ©Giovanni Hänninen

Teatri del Polesine: il Teatro di Adria

Spostandosi verso Est, si arriva ad Adria e al suo teatro, che già nei nomi che gli sono stati attribuiti simbolizza il passaggio repentino di tre diverse epoche storiche: “Littorio” durante il fascismo, poi “Teatro del Popolo” nella stagione del Dopoguerra, e infine, come si chiama ancora oggi, “Comunale”. Ma il teatro di Adria è anche l’erede di una tradizione che risale all’antica Roma, come testimoniano le maschere conservate al Museo Archeologico della città.

Adria Theater
Adria Theater ©Giovanni Hänninen

A inaugurare il Littorio, il 24 settembre del 1935, fu il Mefistofile di Arrigo Boito, diretto da Tullio Serafin. Tra gli interpreti, l’adriese Rosetta Pampanini, Tancredi Pasero e una giovanissima Giulietta Simionato, agli esordi di una carriera che l’avrebbe portata a clacare le scene dei più importanti luoghi della lirica. Già tre anni prima, il 4 settembre del 1932, sul proscenio di un teatro ancora cantiere, si erano esibiti in un concerto di beneficenza Beniamino Gigli, Maria Caniglia e Margherita Carosio. Lo stesso Gigli, come ricorda una lapide ancora oggi nell’atrio del Teatro, partecipò a diversi spettacoli rinunciando a qualsiasi compenso. In fatto di debutti, inoltre, ne va ricordato uno che è entrato nella storia della musica al di fuori della lirica: il primo concerto dei Genesis in Italia, il 6 Aprile del 1972. Ad ascoltare il gruppo di Peter Grabriel c’era appena un centinaio di persone. Sul palco, una band praticamente sconosciuta in Italia, come pure in patria, appena prima di diventare un fenomeno mondiale.

Adria Theater
Adria Theater ©Giovanni Hänninen

Teatri del Polesine: il Teatro Zago a Loreo

Proseguendo a Est in direzione del Delta del Po, si arriva a Loreo, dove un piccolo teatro, il Teatro Zago, fu costruito sulle strutture di una vecchia chiesa sconsacrata. I lavori di riadattamento della chiesa a del teatro furono completati a fine Ottocento dall’architetto Guglielmo Zangirolami. Nel 1919, il suo interno venne decorato da Gino Albini con allegorie musicali e ritratti di grandi compositori. Risale a quella ristrutturazione anche la facciata in stile liberty che ancora oggi il teatro conserva. Dopo anni di abbandono, il Comune di Loreo sta finalmente procedendo al recupero.

Teatri del Polesine, The Zago Theater in Loreo
The Zago Theater in Loreo ©Giovanni Hänninen

Teatri del Polesine: il Teatro Ballarin di Lendinara

Se da Rovigo si procede verso l’entroterra, in direzione Ovest, s’incrocia presto Lendinara, piccolo centro ricco d’arte a cominciare dal Santuario della Beata Vergine del Pilastrello, con i suoi affreschi e con una tela di Jacopo e Domenico Tintoretto; il Duomo, con dipinti del 500 come la Madonna con Bambino di Domenico Mancini; la chiesa di San Biagio, risalente al Duecento anche se rimaneggiata nel XIX secolo; e ancora, le quattrocentesche chiese di San Francesco e di Santa Maria e Sant’Anna; o la cinquecentesca Chiesa di San Giuseppe, con le tele degli allievi di Federico Zuccari. A Lendinara l’antico “Granazzo” estense (cioè l’edificio cittadino destinato al deposito delle biade) venne acquistato nell’Ottocento da due privati, Girolamo Ballarin e Giovanni Maria Bertazzi, che decisero di trasformarlo in un teatro e affidarono i lavori all’architetto Antonio Foschini. Le decorazioni pittoriche furono invece affidate al bolognese Giuseppe Tadolini (allievo di Pelagio Pelagi) autore anche del sipario dipinto con il Giudizio di Paride.

Teatri del Polesine, The Ballarin Theater of Lendinara
The Ballarin Theater of Lendinara ©Giovanni Hänninen

L’inaugurazione del Nuovo teatro avvenne il 3 settembre 1814 con L’amor marinaro diretto da Giuseppe Cappellini e con le scene di Tadolini. Agli inizi del Novecento, il Ballarin fu ampliato e trasformato, su disegno dell’architetto Lorenzo Colliva di Bologna, e arricchito da nuove decorazioni in stile liberty-floreale. Seguì poi la triste trafila che lo accomuna a molti teatri del territorio: la fine delle grandi rappresentazioni, la trasformazione in cinema, e poi la chiusura. Dopo decenni d’abbandono, per il Ballarin la rinascita arrivò solo nel 2005, con l’inizio di un restauro che lo ha riaperto alla sua comunità.

Teatri del Polesine: il Teatro Sociale di Badia Polesine

Muovendo ancora verso Ovest, da Lendinara, si arriva a Badia Polesine, quasi al filo del fiume Adige. S’incontrano il gotico palazzo storico, il neogotico del mercato coperto, i tanti palazzi nobiliari del XVI secolo e un parco dedicato a Bruno Munari. Qui il Teatro Sociale aprì nel 1813, ma la sua attività durò meno di 100 anni. Quasi allo scoccare del nuovo secolo, infatti, la crisi economica portò alla decisione di chiudere ogni attività, e i locali furono trasformati in deposito di mobili. Nel 1944 la Soprintendenza ne decise persino la demolizione. La sciagurata entrata in guerra dell’Italia ebbe almeno il merito di bloccare i lavori. Il Teatro Sociale di Badia Polesine restò muto e vuoto ancora per decenni, e l’avvio di un progetto di rinascita si ebbe soltanto alla fine degli anni 60, quando un finanziamento ministeriale consentì di sostenere i primi interventi di messa in sicurezza. Il completamento dei restauri è invece conquista recente (anche grazie al sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo). Il recupero non solo ha restituito alla regione un teatro storico, ma ha preservato anche le originarie macchine di scena, ancora oggi funzionanti, segno vitale di una tormentata lotta di resistenza.

teatri del Polesine - Badia Polesine, Teatro Sociale
Badia Polesine, Teatro Sociale ©Giovanni Hänninen

Il teatro di Badia Polesine è detto oggi “La piccola Fenice” o la “Scatola d’oro” per via delle decorazioni e i dipinti del suo interno, che si devono Francesco Bagnara e Sebastiano Santi. Quest’ultimo, in particolare, andrebbe riscoperto oggi dagli amanti dell’arte ottocentesca. Insieme a Bagnara, infatti, fu impegnato come pittore teatrale nei più importanti centri del Veneto (come il teatro Accademico di Bassano del Grappa, il San Benedetto di Venezia, il Teatro Sociale di Belluno, il Filarmonico e il Teatro Nuovo di Verona); lavorò con Tranquillo Orsi e Francesco Hayez al Teatro Sociale di Mantova, a quello di Este e (tra il 1836 e 37) alla Fenice di Venezia; e collaborò con Giuseppe Borsato al Sociale di Udine e all’Apollo di Venezia. Di Sebastiano Santi andrebbe rivalutata anche l’attività di frescante, per esempio con i lavori che ha lasciato (ancora oggi ben conservati) nella chiesa di San Luca Evangelista nel sestiere di San Marco a Venezia (da lui anche restaurata nel 1832, dopo il crollo del ’27) e nella chiesa di San Geremia, nel sestriere di Cannaregio.

Badia Polesine, Teatro Sociale
Badia Polesine, Teatro Sociale ©Giovanni Hänninen

Teatri del Polesine: il Teatro Cotogni di Castelmassa

Castelmassa è l’ultima tappa dell’itinerario, a poco più di 30 chilometri da Lendinara. Il suo teatro deve il nome al baritono Antonio Cotogni, che qui cantò per l’inaugurazione, il 23 agosto 1884, nel Barbiere di Siviglia di Rossini: con la sua esibizione fece talmente parlare di sé e del nuovo teatro che il Comune decise di conferirgli la cittadinanza “massese”. Anticipato da un a grande loggia, nell’impianto originale il Teatro aveva un ampio ridotto, utilizzato dai cittadini anche come biblioteca. Un restauro negli anni 50 ha allargato la capienza del palcoscenico. Trasformato in cinema, poi lesionato dal sisma del 2012, e a rischio di chiusura, il Teatro è invece rinato e solo da poco ha ritrovato le forme originarie.

The Cotogni Theater of Castelmassa:Teatri del Polesine
The Cotogni Theater of Castelmassa during the restoration ©Giovanni Hänninen

La fondazione di teatri in questa zona è un fatto tutt’altro che eccezionale. Fino a pochi decenni fa erano attivi quasi 50 teatri, distribuiti anche in paesini di poche centinaia di abitanti, persi nel Delta del Po. Della loro presenza, oggi, non resta traccia che negli archivi, e in libri come I Teatri del Veneto (a cura di Franco Mancini, Maria Teresa Muraro e Elena Povoledo, Venezia, 1988), testo dal quale sono tratte molte delle informazioni che avete letto in questo articolo. In quella moltitudine scomparsa, fatta di piccoli luoghi per la musica e le scene, i teatri “Sociali” di Rovigo, Adria, Badia Polesine, Castelmassa, Lendinara e Loreo sono i soli sopravvissuti, ancorché temporaneamente chiusi per via della pandemia. Nel Palazzo Roncale di Rovigo saranno anche protagonisti (con la loro storia e i documenti d’epoca) di una mostra prevista dal 13 marzo al 27 giugno. Con l’ovvio auspicio che per quel tempo, e insieme con gli teatri d’Europa, possano anche tornare ad alzare i loro storici sipari.

January 28, 2021