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Un rame spagnolo di Bartolomeo Cavarozzi

Giuseppe Porzio (da Nuovi Studi 26, 2021 anno XXVI)

Un dipinto su rame finora anonimo e privo di letteratura offre una nuova testimonianza del soggiorno di Bartolomeo Cavarozzi in Spagna

Negli ultimi decenni le ricerche intorno alla figura di Bartolomeo Cavarozzi hanno conosciuto una notevole accelerazione, producendo una consistente fioritura bibliografica. La ricostruzione della fisionomia e del corpus del viterbese, specie nel suo ampio segmento di destinazione privata, è venuta meglio definendosi nel quadro dei nuovi meccanismi del mercato artistico del Seicento, sempre più aperto e liberalizzato, in cui – accanto alle tradizionali forme di committenza – assume un ruolo centrale la mediazione di consulenti e promotori, come il patrizio romano Giovanni Battista Crescenzi, protettore e agente del pittore. 

All’interno del movimento caravaggesco europeo, il peso storico di Bartolomeo Cavarozzi appare oggi, dunque, di tutto rispetto: sia come protagonista di quelle congiunture figurative italo-spagnole alla base della formazione di maestri quali Velázquez, Zurbarán e Murillo, sia come propagatore di immagini devozionali di toccante intensità emotiva, costruite sull’aggiornamento di prototipi raffaelleschi, sia come originale interprete della lezione di Caravaggio, del quale ha offerto alcune impressionanti rivisitazioni in chiave iperrealista, con risvolti fondamentali per il genere della natura morta, dalla Cena in Emmaus del Getty Museum of Art di Los Angeles al San Giovanni Battista della sacrestia della cattedrale di Toledo (quest’ultima creduta per lungo tempo dello stesso Merisi) alla straordinaria Canestra apparsa qualche anno fa in collezione privata.

Bartolomeo Cavarozzi
Bartolomeo Cavarozzi, La Madonna del Pilar appare a san Giacomo Maggiore. Madrid, Real Monasterio de la Encarnación

Il trasferimento di Bartolomeo Cavarozzi e del suo protettore alla corte di Filippo III di Spagna, dove Crescenzi fu impegnato – tra l’altro – come sovrintendente alla costruzione del cosiddetto Panteón de los Reyes nel monastero dell’Escorial, è un fatto cruciale nella storia degli scambi culturali tra l’Italia e la penisola iberica. L’occasione della partenza – la traslazione a Madrid, nel 1617, delle spoglie mortali del futuro santo Francesco Borgia, guidata dal cardinale Antonio Zapata y Mendoza –, parzialmente richiamata da Giovanni Baglione nel medaglione biografico delle Vite dedicato allo stesso Crescenzi, è stata chiarita in maniera circostanziata soltanto di recente.

Nel considerare le ricadute figurative dell’episodio, gli studi hanno inoltre valorizzato il referto delle fonti, che registrano al seguito della spedizione, intervallata da un’iniziale e non meno decisiva sosta a Genova, anche i pittori Gerard Seghers e Domenico Viola.

Si ritiene generalmente che Bartolomeo Cavarozzi abbia accompagnato Crescenzi nel suo primo rientro in Italia, documentato nella primavera del 1619, e che si sia quindi definitivamente stabilito a Roma, dove è attestato con continuità dalla metà del 1621 fino alla morte.

Resta al momento soltanto una suggestione l’ipotesi alternativa, riproposta da Gianni Papi, che il pittore, a seguito di una rottura dei rapporti con il suo mecenate, si sia invece trattenuto in Spagna e magari abbia intrapreso ulteriori spostamenti tra il 1620 e gli inizi del 1621, a Napoli o per una seconda volta a Genova.

Bartolomeo Cavarozzi
Bartolomeo Cavarozzi, Madonna and Child crowned by angels, St. John (?), St. Joseph and St. Catherine of Alexandria. Madrid, Museo Nacional del Prado

Quale che sia stata l’effettiva durata della parentesi spagnola di Bartolomeo Cavarozzi, è ora possibile indicarne una nuova testimonianza. Si tratta di un rame con la Madonna del Pilar, finora anonimo e – a quanto risulta – privo di letteratura, conservato nel Real Monasterio de la Encarnación a Madrid; il soggetto, poi, rappresenta uno dei miti fondativi e identitari della religiosità ispanica, ovvero la miracolosa traslocazione della Vergine, ancora vivente, a Saragozza, dove – su una colonna d’alabastro (il pilar, appunto) – sarebbe giunta per confortare san Giacomo Maggiore nella sua difficile opera di evangelizzazione nei territori attraversati dall’Ebro.

Il prodigioso evento, che irrompe su una quieta campagna da un varco di luce tra le nubi, ricorda nella sua solenne serenità certe visioni di Raffaello, dalla cui perenne lezione sembrano attingere anche la grazia dei volti e l’equilibrio dei gesti, come negli angeli maggiori che senza apparente sforzo sostengono la Madonna per adagiarla di fronte all’apostolo genuflesso in adorazione.

In ambito caravaggesco, il supporto metallico, adottato di preferenza da personalità di estrazione tardomanierista più sensibili a una resa preziosa e smaltata delle superfici come Orazio Gentileschi e Carlo Saraceni, è allo stato delle conoscenze un unicum nel catalogo del maestro viterbese; ma che l’inedito dipinto, di grande finezza esecutiva, spetti certamente a lui è provato dal confronto con le caratteristiche immagini mariane dell’artista, il cui successo – come è noto – ha dato luogo a una produzione seriale. Per la puntualità dei riscontri, tra queste si segnalano senz’altro la stupenda Madonna con il Bambino incoronata da angeli, san Giovannino (?), san Giuseppe e santa Caterina d’Alessandria del Museo del Prado (dalla collezione di Elisabetta Farnese), spesso – ma impropriamente – interpretata come un matrimonio mistico della santa martire, e soprattutto la non meno nobile Sacra Famiglia con san Giovannino già Spinola oggi presso Robilant + Voena, dove all’identico momento di stile – anche tenendo conto della diversità di scala – si unisce la riproposizione dei tipi fisionomici, come le teste scarmigliate del Bambino e del Battista, che nel rame si rivedono nella carola di angeli che cinge la Vergine.

Bartolomeo Cavarozzi
Bartolomeo Cavarozzi, Holy Family with St. John, (detail), Robilant + Voena

La dolcezza e la luminosità della nuova Madonna del Pilar mostrano di certo una componente reniana, peraltro rilevata anche a proposito della tela del Prado, non a caso attribuita in antico proprio al bolognese, e di quella ex Spinola; ma tale componente appare costitutiva della formazione di Bartolomeo Cavarozzi e non già successiva al suo ritorno in Italia, come pure è stato proposto, ricavando da questa lettura una datazione della Sacra Famiglia posteriore al 1620. Del resto, il fatto che di quest’ultima esista una replica, forse di atelier, attestata a Madrid intorno agli inizi del XIX secolo e ora nella Fundación Focus di Siviglia, non è che un ulteriore elemento a conforto della comune origine spagnola di siffatte invenzioni.

September 19, 2023