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Giovanni Morelli, connoisseur pionieristico e controverso

Antonio Carnevale

A Giovanni Morelli, critico d’arte e politico, spetta un posto di primo piano nella storia dell’arte. Eccone un ritratto non partigiano, con qualche dubbio sul suo rapporto con il mercato.

Con la sua vita cosmopolita, Giovanni Morelli (1816-1891) è entrato in contatto con una quantità incalcolabile di opere d’arte. Molte delle sue osservazioni sulla pittura del Rinascimento sono valide ancora oggi. A lui si deve l’invenzione della moderna connoisseurship. Eppure, Giovanni Morelli descriveva quella dell’arte come “un’esperienza tardiva e marginale”. Prima di ogni altra cosa, egli si considerava “un politico la cui esistenza era trascorsa lavorando soltanto per il proprio Paese”. In realtà, arte e politica s’intrecciano molto presto nella vita di Giovanni Morelli. Sono legate a doppio filo in una visione patriottica che fin dagli anni 50 auspica nuove forme di tutela e valorizzazione del patrimonio artistico nazionale.

Portrait of Giovanni Morelli
Franz von Lenbach, Portrait of Giovanni Morelli, oil on canvas, 1886, Accademia Carrara, Bergamo © Courtesy of the Carrara Academy Foundation, Bergamo.

La nascita, la formazione, la scienza

Johannes Morell, questo il suo nome di nascita, vede la luce a Verona il 25 febbraio del 1816. I suoi genitori appartengono a famiglie protestanti emigrate dalla Svizzera in Italia. A 9 anni, Johannes si trasferisce a Bergamo con la madre rimasta vedova. Gli anni della formazione trascorrono per lo più in Germania. Oltre all’italiano, il giovane Morelli parla e scrive perfettamente in francese e tedesco, ha un’ottima conoscenza delle lingue classiche e si applica al sanscrito. Ma i suoi studi iniziali non sono orientati alle materie umanistiche: sono invece rivolti alla scienza. Nel 1836 si laurea in medicina alla Ludwing-Maximilians-Universitat di Monaco. E anche se non eserciterà mai la professione di medico, lo studio dell’anatomia attraverserà tutta la sua vita: diventerà un interesse coltivato sia in chiave scientifica sia come nutrimento del suo metodo di attribuzione.

Cruciale, in particolare, per Giovanni Morelli sarà la lezione dell’esperto francese di anatomia Georges Cuvier. E importante sarà la scoperta di Charles Darwin e della sua teoria evolutiva. Le osservazioni dello scienziato britannico sul “rapporto tra particolari insignificanti e ricorrenti” nell’anatomia animale avranno un ruolo significativo nella genesi del sistema attributivo delle opere d’arte. Il celebre metodo comparativo di Giovanni Morelli, infatti, come è noto, tiene conto proprio di alcuni dettagli minori ma ricorrenti nelle opere di un artista: “manierismi automatici” tipici di ogni autore (come le mani, le orecchie, i capelli delle figure) e dunque in grado di provarne “scientificamente” l’identità. Negli anni della formazione Giovanni Morelli conosce anche storici dell’arte come Carl Friedrich von Rumohr, Gustav Friedrich Waagen e Otto Mündler.

La cultura, la lotta, la politica

Quando Giovanni Morelli fa rientro in Italia è il 1840. In quell’anno italianizza il suo nome (Giovanni Giacomo Lorenzo Morelli) ed entra in contatto a Firenze con lo scrittore Gino Capponi, il drammaturgo Giovan Battista Niccolini, il giurista Giovanni Battista Giorgini, l’editore e scrittore Giovan Pierto Vieusseux e il poeta Giuseppe Giusti. A spingerlo a Firenze sono le sue ambizioni letterarie – si cimentava nella scrittura di commedie, anche se con risultati discutibili. Ma a portarlo a Firenze è soprattutto l’intento di studiare il toscano come modello su cui fondare l’unificazione linguistica dell’Italia. La questione stava a cuore anche ad amici come Francesco De Sanctis e Alessandro Manzoni. E in Giovanni Morelli sarebbe poi stata superata dalla preoccupazione (complementare alla questione della lingua) di raccogliere il patrimonio artistico in nuovi musei che fossero espressione dell’identità nazionale.

Nel 1844 Giovanni Morelli acquista una proprietà a San Fermo, in Brianza, lo fa probabilmente per sfuggire all’ambiente provinciale dalla borghesia bergamasca. La posizione è strategica per gli spostamenti, non lontano da Milano, da Como e da Bergamo. Ma al di là delle idiosincrasie locali, ben più grave è presenza degli austriaci che si fa sempre più insopportabile per la popolazione di tutto il Lombardo-Veneto. Anche il giovane Morelli freme, e arriva al punto di arruolarsi come volontario nei moti del 1848. Metterà a rischio la sua vita in tutte e tre le guerre d’indipendenza, fino al 1866, inseguendo gli ideali di un nuovo Stato democratico. Nel corso degli anni Giovanni Morelli sarà spinto da una passione politica che lo vedrà attivo anche nella vita parlamentare, eletto per quattro mandati come deputato nel Parlamento del Regno di Sardegna e in quello dell’Italia Unita, per poi essere nominato, nel 1873, Senatore a vita.

Giovanni Bellini
Giovanni Bellini, Madonna with Child, or Alzano Madonna, oil on panel, about 1487, from Morelli collection, Accademia Carrara, Bergamo © Courtesy of the Carrara Academy Foundation, Bergamo.
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Giovanni Bellini, Madonna with Child, or Alzano Madonna (detail), oil on panel, about 1487, from Morelli collection, Accademia Carrara, Bergamo © Courtesy of the Carrara Academy Foundation, Bergamo.

L’arte come identità comune, la collezione Poldi Pezzoli

Durante gli anni 50, Giovanni Morelli matura la convinzione che l’obiettivo politico della liberazione dal dominio straniero vada collegato al progetto di una nuova valorizzazione del patrimonio artistico italiano. In questi anni il critico d’arte comincia a coltivare l’idea di ricostruire, in un grande progetto complessivo, la storia delle varie scuole regionali: un’opera di catalogazione che effettivamente condurrà con grande scrupolo ed estensione a partire dal 1866, e per lavorare alla quale rifiuterà persino l’offerta della direzione degli Uffizi di Firenze. È sempre negli anni 50 che Giovanni Morelli comincia sistematicamente ad acquistare dipinti, inizialmente da collezioni private di Bergamo, poi da altre città d’Italia e d’Europa, per comporre una propria raccolta personale e anche per conto di amici.

Tra le prime opere acquistate c’è un Lorenzo Lotto, comprato dagli eredi del vescovo di Bergamo e pagato 362,5 lire (circa il costo di un abbonamento annuale alla Scala di Milano). Nel febbraio 1856 – come attesta il suo libro dei conti – chiede a un falegname di realizzare delle casse per il trasporto dei dipinti, poiché gli piaceva portare con sé qualche quadro durante i suoi lunghi viaggi, tra questi c’è spesso una Madonna con bambino del Mantegna. Diverse sono le opere vendute da Giovanni Morelli ad amici e conoscenti, come a Francesco De Sanctis, Federico Frizzoni, Emilio Visconti Venosta, Ludovico Barbiano di Belgiojoso d’Este e soprattutto al patriota e collezionista lombardo Gian Giacomo Poldi Pezzoli, conosciuto probabilmente attraverso il restauratore Giuseppe Molteni. A Poldi Pezzoli, Giovanni Morelli vende cinque importanti dipinti rinascimentali che possedeva dal 1856, a cominciare dal menzionato Mantegna. Qui il link al nostro scritto su Gian Giacomo Poldi Pezzoli,

Le idee risorgimentali avvolgono anche le spinte al collezionismo privato. A Giovanni Morelli interessa trasferire a Poldi Pezzoli il progetto di raccogliere un’importante collezione di pittura quattro-cinquecentesca che sia grado di rappresentare la formidabile tradizione artistica rinascimentale italiana: un intento che acquisisce un forte significato simbolico nel momento in cui il Paese è soggiogato dagli austriaci. Nasce anche su questo impulso, negli anni 50, il milanese museo Poldi-Pezzoli.

L’importanza del restauro

Giovanni Morelli è un sostenitore di una disciplina scientifica del restauro, che non lasci le opere in preda alla tentazione di “ammodernamenti” o aggiunte personali da parte dei restauratori. Nel 1880, quando sotto pseudonimo dà alle stampe la sua opera sull’arte italiana delle gallerie di Monaco e Dresda, affronta anche il tema del restauro inteso come strumento per l’attribuzione dei dipinti: attraverso l’analisi di brani non alterati – secondo il connoisseur – si poteva arrivare a una corretta identificazione dell’autore, mentre un cattivo intervento di conservazione avrebbe potuto cancellare tracce originali e dunque compromettere l’identificazione dell’artefice. In netto anticipo sui tempi, Morelli pensa che la conservazione debba essere affidata non ad artisti ma a professionisti del restauro, materia a proposito della quale aveva le idee chiare già dagli anni 60. La sua consulenza, per esempio, era stata fondamentale nella stesura della maggiore opera a firma di Secco Suardo sul restauro (uscita in prima edizione nel 1866 e ancora oggi in commercio, per i tipi di Hoepli, con il titolo Il restauratore di dipinti).

Pisanello
Pisanello, Portrait of Leonello d’Este, tempera on panel, 1441-1444, Accademia Carrara, Bergamo © Courtesy of the Carrara Academy Foundation, Bergamo.

Le opere dell’Accademia Carrara di Bergamo

Nel 1866 Giovanni Morelli inizia alla via del collezionismo anche il cugino Giovanni Melli, componendo per lui, con i propri consigli, una preziosa raccolta. Gli raccomanda per esempio di acquisire una delle più importanti Madonne con bambino di Giovanni Bellini. Morelli si occupa anche direttamente degli acquisti per il cugino. Raramente compra dagli antiquari. Ottimi affari fa invece al Monte di Pietà di Roma, dove compra anche per sé. Il più clamoroso affare è nel 1871 con la Storia di Virginia romana del Botticelli, inventariato al Monte come un dipinto raffigurante cavalieri e un “rapimento di monache”. Giovanni Morelli lo collega subito al Botticelli citato sommariamente dal Vasari nel palazzo Giovanni Vespucci a Firenze e ne intende immediatamente l’immenso valore. Per sé il critico acquista capolavori importanti (come il Ritratto di Leonello d’Este di Pisanello, comprato a Londra) alternandoli a quelli che definiva “quadri di simpatia”, opere cioè destinate all’arredamento, spesso di autori minori, fra le quali annoverava un Murillo.

Sandro Botticelli
Sandro Botticelli (Alessandro di Mariano Filipepi), The Story of Virginia, tempera on panel, about 1505, Accademia Carrara, Bergamo © Courtesy of the Carrara Academy Foundation, Bergamo.
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Sandro Botticelli (Alessandro di Mariano Filipepi), The Story of Virginia (detail), tempera on panel, about 1505, Accademia Carrara, Bergamo © Courtesy of the Carrara Academy Foundation, Bergamo.

Dopo la morte di Melli (1874), Giovanni Morelli entra in possesso dell’intera sua collezione, che insieme con la propria sarebbe infine stata donata all’Accademia Carrara di Bergamo, dove ancora oggi è esposta con 117 dipinti e 3 sculture tra le quali figurano opere superbe (come quelle di Ambrogio de Predis, Botticelli, Bergognone, Molenaer). Le opere furono ordinate nel 1892 da Gustavo Frizzoni, fedelissimo amico e allievo di Morelli. Ma al momento di ordinare la donazione, Giovanni Morelli aveva già selezionato soltanto i dipinti di maggiore qualità e importanza: consapevole che all’Accademia Carrara sarebbero stati esposti insieme con quelli che aveva personalmente consigliato al museo e vicini alla mirabile collezione del grande intenditore Guglielmo Lochis.

Gli scritti e l’unico discorso

Giovanni Morelli moriva a Milano il 28 febbraio 1891. Lasciava molti amici e anche qualche nemico, tra avversari sul terreno della critica d’arte (primo fra tutti Wilhelm von Bode) e della politica. Non tutte le idee di Morelli infatti erano condivise dai suoi stessi sodali, come il parere favorevole alla pena di morte, la contrarietà all’allargamento degli aventi diritto al voto e alla libertà di stampa.

Tra le sue testimonianze scritte, ci sono pervenute due opere fondamentali: Le opere dei maestri italiani nelle Gallerie dei musei di Monaco, Dresda e di Berlino (prima edizione italiana stampata a Bologna nel 1886, tradotta dall’originale tedesca pubblicata a Lipsia nel 1880) e Della pittura italiana. Le Gallerie Borghese e Doria Pamphili, (Milano 1897, a cura di Gustavo Frizzoni; traduzione dell’edizione di Lipsia del 1890).

Delle sue parole in Parlamento, invece, ci è tramandato l’unico appassionato discorso che egli tenne il 19 luglio del 1862. Il pretesto dell’intervento era la preoccupazione per collezioni reali dei Savoia, che secondo Giovanni Morelli erano in pericolo per via delle inadeguate misure di custodia e conservazione. In quell’occasione Morelli allargava il discorso a tutti i beni culturali italiani, mettendo l’accento sul tema delle esportazioni.

“Ed ora, semprechè la Camera me lo permetta, non vorrei lasciare sfuggire questa occasione per chiamare l’attenzione, la seria attenzione di essa sopra un argomento che mi sembra di grandissima importanza, nè a voi certo potrà parere futile, e del quale pur troppo fino ad oggi i rappresentanti d’Italia, di questa terra consacrata dal cielo alle arti belle, non trovarono mai tempo di occuparsene ; intendo dire dello stato di abbandono in cui giacciono i monumenti d’arte nella penisola. Signori, prima di tutto conviene dissipare una funesta illusione assai diffusa in Italia, cioè che anche fuori delle nostre pinacoteche, dovunque, in tutte le città, in tutti i borghi, in tutte le castella, non che nelle case dei privati, per non dire sopra ogni siepe, che per tutto in Italia si trovino disseminati dei tesori artistici. Pur troppo la cosa non istà più così. In questi ultimi quattro decenni l’Italia è stata spogliata di un grandissimo numero di insigni opere di arte, sia appartenenti a chiese e conventi, sia a privati. (…) Nè gli stranieri si limitarono soltanto ad esportare dall’Italia quadri e statue, ma celebri affreschi di una intera cappella, e perfino un palazzo dovette emigrare in Inghilterra. Principi e duchi, conti e marchesi, prelati e canonici tutti da noi andarono a gara nel convertire le avite opere d’arte dei nostri grandi maestri in oro straniero. (…) Signori, se il nome italiano, anche nei tempi della maggior nostra decadenza e prostrazione nazionale, è stato sempre e dovunque rispettato ; se ora la causa italiana trova in tutti i paesi civili sì care, e a noi sì proficue simpatie, egli è in gran parte perchè sulle labbra di tutte le persone anche’mezzanamente eulte di quei paesi risuonano, simboli di poesia, i sacri nomi di Michelangelo, di Raffaello, del Correggio, di Palladio, eli Canova, e quando pensano all’Italia essi pensano essenzialmente al paese delle arti belle, alla cui pura e serena immagine svanisce ogni odio nazionale, ogni bassa e serena passione in chi ha il cuore ben fatto”.

Nel suo discorso Giovanni Morelli descriveva anche i passi imprescindibili che avrebbero dovuto precedere una radicale riforma delle legge in materia, e invocava nuovi finanziamenti per aumentare il personale e gli interventi conservativi. Ma il suo discorso non ebbe l’effetto desiderato. Il parlamento, in quella seduta, votò a favore di nuovi fondi destinati alle spese militari anziché a quelle per l’arte.

Molenaer
Jan Miense Molenaer, Portrait of a young smoker, oil on canvas, about 1635, from Morelli collection, Accademia Carrara, Bergamo © Courtesy of the Carrara Academy Foundation, Bergamo.
Molenaer detail
Jan Miense Molenaer, Portrait of a young smoker (detail); oil on canvas, about 1635, Accademia Carrara, Bergamo © Courtesy of the Carrara Academy Foundation, Bergamo.

L’eredità e qualcosa da chiarire

Il metodo attributivo di Giovanni Morelli, che aveva goduto di grande fortuna nel corso dell’Ottocento e del primo Novecento, era stato in parte accantonato attorno al 1950 perché considerato connesso più al mercato che non all’analisi storica (complice forse la risonanza delle imprese di un altro grande conoscitore, Bernard Berenson). Tutt’oggi, al metodo “scientifico” di Morelli si preferisce quello più empirico e intuitivo del Cavalcaselle (e poi di Longhi), che tributa importanza non soltanto a pochi singoli dettagli ma anche e soprattutto ai nessi tra le opere d’arte. Negli ultimi decenni del secolo scorso, comunque, il metodo morelliano ha riguadagnato dignità in particolar modo tra gli studiosi che si occupano di filoni della storia dell’arte nei quali le opere sono realizzate da maestranze anonime, come nei casi dell’archeologia classica e dell’arte asiatica, e dove dunque è di supporto nel ricostruire l’identità e il catalogo di singoli artefici. Nel 2017 il metodo morelliano è stato anche documentato come strumento d’indagine dell’arte rupestre in Australia.

A Giovanni Morelli spetta – com’è ovvio – un posto di primo piano nella storia della critica d’arte e dei beni culturali. Resta forse da chiarire un tema: il suo rapporto con il mercato dell’arte. Infatti, la figura di un Morelli patriota e paladino della valorizzazione dell’arte nazionale, ostinato fautore di leggi che vietassero le esportazioni, è in conflitto talvolta con quella di un connoisseur pronto a dispensare consigli d’acquisto e persino a vendere importanti opere italiane ad amici stranieri, come a Sir Charles Lock Eastlake e ai successivi direttori della National Gallery di Londra. Eventuali nuovi approfondimenti sulla figura di Giovanni Morelli dovranno in futuro togliere opacità a questo aspetto, tutt’altro che secondario nella vicenda biografica di una figura-chiave dell’Ottocento non solo italiano.

Bibliografia:

  • La vita di Giovanni Morelli nell’Italia del Rinascimento, di Jaynie Anderson, Milano, 2019, Officina Libraria (anche nella versione inglese The life of Giovanni Morelli in Risorgimento Italy).
  • Accademia Carrara Bergamo. Dipinti del Trecento e del Quattrocento. Catalogo completo, a cura di Giovanni Valagussa, Milano, 2018, Officina Libraria.
  • Camera dei deputati, Portale storico, VIII Legislatura del Regno, 18 febbraio 1861 – 7 settembre 1865, https://storia.camera.it/#nav

February 19, 2020