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Animali selvatici rinascimentali in 5 opere piuttosto insolite

Piero Bisello

Parliamo di animali selvatici rinascimentali, per interrogare il rapporto tra uomo e natura e quello tra simbolo e metodo sperimentale.

In tempi di grave crisi umana, potrebbe sembrare bizzarro leggere di animali rinascimentali, per giunta selvaggi. Statistiche epidemiologiche, flessioni economiche, contromisure, disponibilità di letti d’ospedale, risposta dei politici: sono questi gli argomenti che ci aspettiamo dalle notizie quotidiane. Eppure gli animali selvatici hanno avuto inaspettato spazio mediatico in questi giorni, non tanto per le preoccupazioni ambientali che sentivamo in tempi pre-epidemici, ma perché questa stessa crisi umana li ha coinvolti in modi inaspettati.

Da un lato, gli animali selvatici sono forse stati l’origine involontaria di questa nuova malattia. Lo sanno bene il famigerato pipistrello e il pangolino. Dall’altro lato, gli animali selvatici sono forse gli unici veri vincitori, perché hanno in parte potuto riprendersi ambienti di cui l’uomo li aveva privati – dai cervi che corrono per le strade delle città giapponesi ai finti delfini che nuotano nei canali di Venezia.

Spesso non si tratta d’altro che di rappresentazioni umane di animali selvatici a mezzo stampa, a metà strada tra la leggenda metropolitana e la profezia hollywoodiana – a proposito, avete visto Contagion? Fin dai tempi lontani delle pitture rupestri gli esseri umani hanno indugiato nel rappresentare animali selvatici per poi attribuire loro una varietà di significati. Oggi sappiamo che la storia si ripete.

Quella che segue è una selezione di cinque rappresentazioni di animali che probabilmente non conoscete, pescate nell’Italia del Rinascimento e nel Nord Europa. Come spiega bene Simona Cohen nel suo ‘Animali come simboli mascherati nell’arte del Rinascimento’, in questo periodo e in quei luoghi gli artisti hanno raffigurato animali selvatici sia perseguendo il fine obiettivo del naturalismo scientifico, sia col più ampio intento di arricchire di simboli i loro mondi immaginari. Scienza e finzione coesistevano, non così diversamente da quanto accade oggi. Quello era un momento storico cruciale anche riguardo al rapporto tra uomo-animale, e l’arte di rappresentarlo. Proviamo quindi a farne una breve sintesi d’insieme.

Lucas Cranach il Vecchio, Il Cardinale Albrecht di Brandeburgo come San Girolamo

cranach
Lucas Cranach the Elder, German, 1472-1553. Cardinal Albrecht of Brandenburg as St. Jerome, 1526. Oil on wood panel, 45 1/4 x 35 1/16 inches, SN308. Bequest of John Ringling, 1936, Collection of The John and Mable Ringling. Museum of Art, the State Art Museum of Florida, Florida State University.

Il dipinto a olio su tavola nell’immagine qui sopra è parte delle collezioni del Ringling di Sarasota e risale al 1526. Cranach dipinge il Cardinale Alberto del Brandeburgo. Lo rappresenta nei panni di San Girolamo per rendergli omaggio. Sappiamo che Cranach ha dipinto almeno 8 quadri dedicati a San Girolamo usando il riferimento agiografico del leone addomesticato. Tuttavia il dipinto in questione offre una maggior quantità di animali degli altri, come se l’artista volesse inserirli in un catalogo di allegorie. La coreografia irrealistica e la luce innaturale che li illumina conferiscono al dipinto un tono quasi surreale, che potrebbe far pensare a certe opere di Dalì o De Chirico. C’è un’inquietante piattezza, una prospettiva urticante. Nel Journal of Emerging Infectious Diseases, Polyxeni Potter scrive del dipinto:

Despite the naturalism so valued in the art of Cranach’s time and his own interest in painting them, the animals in this portrait of St. Jerome remain just icons of human values, […] intended to symbolize characteristics laudable to the patron: monogamy, industriousness, frugality, loyalty, rejection of earthly desires. (Potter 2012)

Leonardo, Studio di insetti

leo insects
Leonardo da Vinci, Study of Insects, approx 1480 and 1503-1505, inv. 15581 D.C., pen and ink on red-colored paper, two fragments on sheet, 129 x 118 mm. Credit: Musei Reali – Biblioteca Reale di Torino.

Sappiamo che i disegni di Leonardo sugli animali sono innanzitutto studi scientifici di anatomia e movimento. Questi due schizzi incollati su un unico foglio si trovano a Torino, presso la Biblioteca Reale. Quello in alto raffigura un coleottero e risale al 1480 circa; quello in basso rappresenta una formicaio ed è stato eseguito intorno al 1505. Il naturalismo di queste immagini è stupefacente, e parla chiaramente della fascinazione che Leonardo ha per la natura. Non bisogna però dimenticare che Leonardo ha disegnato anche un dettagliato bestiario di ispirazione medievale, in cui sono chiaramente descritti il simbolismo e le presunte proprietà soprannaturali degli animali selvatici. Come scrive Simona Cohen:

Il più grande scienziato-artista del Rinascimento, che si vantava della sua metodologia empirica, considerava questi racconti fantastici di animali, con le loro moralità annesse, degni di essere copiati. Così il simbolismo e il naturalismo empirico coesistevano nell’arte di Leonardo. Egli apprezzava e conservava la tradizione bestiaria, nonostante le sue pesanti leggende e le sue appendici etiche; non era in contrasto con il suo lavoro scientifico, altamente innovativo, sugli animali. Il fatto e la fantasia esistevano fianco a fianco. (Cohen 2008, p.29)

Per saperne di più sui disegni di Leonardo e sul suo metodo, qui il link alla nostra pagina dedicata a recenti restauri dei suoi dipinti e alle scoperte sulla tecnica di lavoro del maestro.

Giovanni Mansueti, San Girolamo penitente

Dipinto dal veneziano Giovanni Mansueti tra il 1515 e il 1520, oggi conservato all’Accademia Carrara di Bergamo, questo San Girolamo penitente è in realtà piuttosto inconsueto. Mentre il dipinto di Cranach si riferisce al santo come a uno studioso, collocandolo in un interno di libri e altri simboli della conoscenza insieme agli animali allegorici, Mansueti sceglie di raffigurare San Girolamo come un eremita. L’artista colloca la figura umana di Girolamo in un aspro paesaggio naturale di ispirazione gotica e olandese. Come i suoi omologhi nordeuropei, con i loro ambienti iper-dettagliati, Mansueti sembra temere il vuoto; dipinge perciò una pletora di animali selvatici. Si può notare il riferimento agiografico al leone, ma anche a un orso, a una donnola, ai leopardi, alle scimmie e a un cane. Lo storico dell’arte Erwin Panofsky è stato forse il primo studioso moderno a fornire accurate analisi dei significati che si celano dietro gli animali selvatici nei quadri rinascimentali. Per esmpio, nel suo fondamentale Studies in Iconology: Humanistic Themes in the Art of the Renaissance Panofsky attribuisce alla figura del cane il simbolo del peccato capitale dell’invidia. Nel nostro caso San Girolamo potrebbe volersi sottrarre al male espresso attraverso la presenza degli animali selvatici fissando la croce di Cristo che ha davanti a sé.

Jan Mostaert, Ritratto di giovane

L’olandese Jan Mostaert dipinse questo ritratto nel 1530. Il giovane sconosciuto è oggi conservato alla Walker Art Gallery di Liverpool. Abbiamo incluso l’opera nella nostra lista per farla testimoniare riguardo a quanto sofisticata possa in realtà diventare nella ritrattistica privata di quest’epoca la rappresentazione di un paesaggio con animali selvatici. La figura del giovane si fonde con l’ambiente circostante, che rappresenta una scena di caccia. Secondo l’agiografia, l’uomo inginocchiato davanti al cervo bianco è San Uberto, che molto probabilmente era una figura importante nella vita del giovane soggetto. La leggenda vuole che San Uberto abbia interrotto la sua caccia e si sia convertito quando Cristo è apparso nelle corna del cervo che stava inseguendo. La leggenda dimostra che anche nella tradizione cristiana gli animali selvatici possono esser veicoli di dio, e non solo simboli del male, come nel caso delle tentazioni di San Girolamo. Per tutta la vita Mostaert fu affascinato dal paganesimo. Fu uno dei primi pittori del Rinascimento a ritrarre i popoli delle Americhe colonizzate. Il grande spazio che lasciò alla leggenda di San Uberto in questo ritratto ci ricorda le sfumature panteistiche e pagane di Piero di Cosimo, un outsider del Rinascimento italiano, le cui rappresentazioni di animali selvatici e scene di caccia sono tra le più notevoli del periodo.

Qui il link nostro al articolo sulla visione ecologica di Piero di Cosimo nelle sue affascinanti rappresentazioni di animali selvatici.

Giovanni Bellini, la Fortezza

bellini fortitude
Giovanni Bellini, Fortitude, pen and brown ink on paper, about 1470. Credit: J. Paul Getty Museum Los Angeles.

Parte delle collezioni del J. Paul Getty Museum di Los Angeles, questo piccolo disegno a penna di Giovanni Bellini risale alla fine del XV secolo e rappresenta la fortitudine. Non è chiaro se il disegno sia uno studio preparatorio o un semplice schizzo. Per quanto riguarda il soggetto, sia la filosofia greca che la morale cristiana includevano il coraggio come una delle virtù del carattere umano, e spesso lo rappresentavano nell’arte attraverso le immagini di una donna guerriera che combatteva contro una bestia selvaggia. Nel caso di questo disegno, le scelte di Bellini sono insolite. Il suo guerriero è seduto, come facesse un lavoro domestico. Indossa un abito d’uso quotidiano, diverso dalla classica rappresentazione del guerriero ellenistico. La sua acconciatura, perfettamente ordinata, rivela la sua forza sul leone, la cui criniera è invece arruffata. La resa anatomica di entrambi i corpi è naturalistica, così come la loro interazione. Basta l’imbarazzante disparità di forza tra i due a suggerire l’idea di forza d’animo. L’insolita immagine fornisce un efficace esempio di come l’uso degli animali selvatici nel Rinascimento vada collocato tra la tradizione religiosa e l’intento scientifico. Come scrive Simona Cohen: “possiamo percepire temi e atteggiamenti altamente conservatori che si celano sotto le più innovative manifestazioni formali e tecniche dell’arte rinascimentale”. (Cohen 2009, p. xxxvi). Scienza e mito coesistevano, proprio come oggi.

Bibliografia

Cohen, Simona. Animals as Disguised Symbols in Renaissance Art. 2008. Brill, Leiden, Boston.

Panofsky, Erwin. Studies in Iconology: Humanistic Themes in the Art of the Renaissance. 1939. Oxford University Press.

Potter, Polyxeni. (2012). Why Are We by All Creatures Waited on?. Emerging infectious diseases. 18. 2098-9.

April 14, 2020