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Nessun salto è mai nel vuoto

Silvia Tomasi

Viaggio in caduta libera con gli artisti Hsieh, Mureșan, de Dominicis, Perrone. Sulla scia del celebre salto nel vuoto di Yves Klein, per dimostrare che ogni azzardo ha una direzione.

Il primo grande influencer del “volo d’uomo” non è Leonardo, ma è Santa Rita da Cascia. Già nel ‘300 dispiega le sue braccia e si sposta in volo dal suo palazzo al convento delle monache agostiniane che non la volevano accogliere come loro ancella. Dopo l’assassinio del marito, un “ghibellino risentito”, le suore temevano ritorsioni dovute all’aspra faida tra Guelfi e Ghibellini che Dante conosceva così bene. Davanti al miracolo del volo, il monastero cede al segno sacro e inizia la nuova vita della futura “Rita da Cascia, Santa degli impossibili”. Per Yves Klein, grande seguace e fedele di Santa Rita, tutto prende avvio con questo volo estatico della santa, di cui è stato iniziato al culto – come racconta Pierre Restany nella sua biografia dell’artista – dalla zia Rosa Raymond Gasperini. L’inventore dell’International-Klein-Blue non poteva che essere ammirato dal volo notturno della santa e lo imita nella celeberrima performances del 1960 fissata dalla testimonianza fotografica.

Yves Klein
Yves Klein, “Le Saut dans le Vide” (“Leap into the Void”), 1960

Il salto nel vuoto, il volo nel blu, viene catturato da Harry Shunk &János Kender, due fotografi sperimentali che hanno documentato la stagione di Andy Wahrol, Christo e Jeanne-Claude, Daniel Spoerri, Niki de Saint Phalle e John Baldessari. Sono usciti dagli studi per andare alla ricerca dei luoghi dove le opere prendevano forma. I loro scatti colgono l’ energia caotica, l’effervescenza e l’arguzia delle performance fra gli anni ‘60 e ’80 del secolo scorso. Bello come un angelo, Klein plana a braccia aperte da un tetto nel sobborgo parigino di Fontenay-aux-Roses. Sembra proprio alzarsi in volo, risucchiato misticamente verso l’alto, come quegli angeli di Giotto nel cielo blu cobalto della Cappella degli Scrovegni a Padova,che non a caso si ritiene abbiano influenzato la nascita dei famosi Monochrome bleu di Klein. La foto (una delle diverse foto) coglie anche, di spalle, un uomo in bicicletta che pedala distratto dalla vita e neppure si accorge del miracoloso decollo.

a flying angel shows his chest
A detail of an angel from Giotto’s Scrovegni Chapel (1300-1305).

La fede appassionata dell’artista francese è stata paragonata alla religiosità folle di Jacopone da Todi quando si rotolava nudo, cosparso di grasso e di penne di gallina, invocando Dio. Tanto assoluta, estatica è l’ascesa verso Dio di Klein quanto fetida, di dissipamento biologico quella di Jacopone, basti ascoltare le sue divine imprecazioni:

O Segnor, per cortesia,
manname la malsania,

A me la freve quartana,
la contina e la terzana,
….
A me venga mal de denti,
mal de capo e mal de ventre,
a lo stomaco dolor pognenti,
e ’n canna la squinanzia.

Declassamento e innalzamento sono le due strade che guidano entrambi verso l’elevazione, ma questa dualità di alto e basso ritorna, in un saggio di Yve-Alain Bois dove lo studioso mette a confronto Yves Klein con Piero Manzoni.

L’ambizione di Manzoni gioca una parte non piccola nel continuo siluramento del suo rivale, Yves Klein (come in un western Manzoni sembrava senza sosta avvisare Klein che c’era posto per uno solo di loro a questo mondo) … Era come se Manzoni dicesse a Klein : ‘Tu vuoi mostrare l’oro, io mostrerò la merda; tu vuoi gonfiare l’io dell’artista con i tuoi monocromi e la tua immaterialità, io metterò il fiato d’artista in palloncini rossi che farò scoppiare’”.

Yve-Alain Bois, 2003

Con il suo salto nel vuoto Klein poteva sorvolare anzi oltrepassare l’arte verso l’immateriale, verso “le Vide”, il vuoto. Sotto, in basso Manzoni riabilita la materia bruta, l’informe. Certo Klein vuole farci assaggiare, percepire metafisicamente l’assenza di peso, la levitazione, ma anche lui ha avuto bisogno del miracolo fotografico del fotomontaggio, per raggiungere questa sospensione di incredulità del Volo nel vuoto. L’artista è planato in realtà su un telo tenuto dai suoi amici judoisti, anche se per 50 anni si è pensato che il suo corpo fosse stato raccolto dal telone steso dai vigili del fuoco. Il fotomontaggio ha permesso di cancellare la sciocca affettività dei comportamenti umani ansiosi per il suo salvataggio, e realizzare invece il grande sogno dell’artista, quello del non esserci, dello sparire nel vuoto. Nel 1961 Klein lascia un ex-voto al convento di Santa Rita in Umbria: una scatola di plexiglas con l’oro, l’incenso e la mirra, costituiti da foglia d’oro, pigmento rosa e il famoso blu oltremare Klein; un rinnovato dono da Re Mago, accompagnato da un cartiglio arrotolato in cui l’artista dichiara di dedicare tutta la sua attività artistica alla Santa degli Impossibili.

[Qui il link a un nostro scritto sul rapporto tra Yves Klein e Lucio Fontana, ndr]

Il salto nel vuoto di Klein fomenta seguaci

C’è una dimensione morale nel salto dalla finestra del secondo piano effettuata nel 1973 da Tehching Hsieh, artista nato a Twain nel 1950, naturalizzato americano. In un’intervista a Marina Abramovic del 2017, Tehching Hsieh afferma che il suo Jump piece, il salto nel vuoto, “era più che altro un esperimento. Forse pensavo di essere Yves Klein e di poter volare come lui”. Di certo Hsieh si richiama all’esperienza crepitante del gruppo Gutai fondato in Giappone nel 1954, ai salti masochistici nelle tele di Murakami Saburo, ben noti allo stesso Klein. “Sapevo che probabilmente mi sarei fatto male, ma non pensavo nemmeno alla possibilità di avere le gambe rotte. Ho sopravvalutato me stesso … o sottovalutato la zona concreta sottostante”. La macchina fotografica fissa tutto il volo a piombo dalla finestra verso l’irrefrenabile splash sul terreno. Conclusione: frattura di entrambe le caviglie. L’arte e la vita collassano. Quando Abramovic nell’intervista dà patente di irrealtà al volo di Klein, costruito con il fotomontaggio, e di salto nella realtà a quello di Hisiei, il performer risponde: “Tu dici irreale, ma lui è molto importante per quelli di noi che usano l’azione”. E prosegue: “Io sono saltato su una nave (un vero salto nel vuoto per arrivare negli Stati Uniti da clandestino ndr). In un certo senso la finestra è la tragica possibilità. L’importante è il salto che indica una direzione”.

Tehching Hsieh
Tehching Hsieh, “Jump Piece”, 1973 © Tehching Hsieh – Courtesy the artist

Nel 2004 Ciprian Mureșan, artista rumeno nato nel 1977, realizza un remake del celebre gesto kleiniano (Leap Into the Void – After Three Seconds). La sequenza di Leap into the Void, After Three Seconds è stata mostrata nel Project Space alla Tate Modern di Londra nel 2012, come parte della mostra Stage and Twist. Il titolo della performance allude in maniera ilare a ciò che accade tre secondi dopo il magnifico volo ad angelo di Klein. Il corpo di Mureșan, bocconi sui ciottoli di una stradina, giace come una camera d’aria sgonfia in terra, quasi a sottolineare l’esperienza fallimentare di un artista. Quarantaquattro anni e “tre secondi” dopo il volo di Klein , la speranza crolla , cede alla volgare gravità. “Nella mia fotografia- afferma nel 2011 in un’intervista di Emily Nathan su Artnet – ho creato un mondo parallelo specifico per la Romania, che rappresentasse la situazione di un artista a Cluj nel 2004: a nessuno interessava l’arte. La differenza tra il mio mondo e il mondo che Klein rappresenta è incarnata in quei tre secondi tra il salto e la caduta”.

Ciprian Mureșan
Ciprian Mureșan, “Leap Into the Void – After Three Seconds”, 2004 – Courtesy of the Artist and Nicodim Gallery, Los Angeles/Bucharest

Il salto nel vuoto atterra su photoshop

Nel 2010 Yasumasa Morimura, (1951) in A Requiem: Theater of Creativity Self- Portrait as Yves Klein si immortala fotograficamente in volo come autoritratto di Yves Klein. Come Cindy Sherman, Morimura lavora con la fotografia sugli stereotipi dei capolavori della storia dell’arte e della cultura di massa. Si impossessa delle riproduzioni dei grandi capolavori, così usurati e commerciali da essere utilizzati come immagini per t-shirt e carta da parati, e con un metodo che si può definire vischioso sostituisce il suo volto orientale a quello dell’Olimpya di Manet o alla Donna che legge la lettera davanti alla finestra di Vermeer; quasi con famelicità bulimica diventa il volto della Khalo e di Van Gogh in alcuni loro autoritratti, e con una maniacalità ossessiva per i particolari si trasforma nelle attrici feticcio, dalla divina Greta Garbo alla Marylin Monroe di massa, appiattita dai colori fluo di Wharol. Infine – perché no? – Morimura veste anche i panni di Rose Sélavy, già proteiforme alter ego femminile di Duchamp. Una ragnatela di sottili ambiguità nasce da queste immagini in progressivo slittamento verso la teatralizzazione e in una dimensione fictional sempre più disturbata: pur nella sua precisione, il travestimento risulta deformante e autoderisorio. Morimura non mira affatto alla ripetizione del feticcio scelto, ma alla sua sovversione. Il volo di Klein specchiato da Morimura è un suo teatrale requiem.

Yasumasa Morimura
Yasumasa Morimura, “A Requiem: Theater of Creativity/Self-Portrait as Yves Klein”, 2010, Gelatin silver print on paper, 1200 x 900mm

Tentativi di volo

Tentativo di volo è una sequenza fotografica del 1969 di Gino de Dominicis. L’artista, interamente vestito d’un nero corvino, apre le braccia e mostra un torace carenato; poi tenta di librarsi impacciato in volo da un piccolo dosso fra licheni e muschi di una montagna. Come tutti gli uccelli prova a partire dall’alto per essere avvantaggiato nella prima planata. Le ali/braccia sbattono e l’implume De Dominicis proprio non ce la fa, saltella balzella e ritorna sul dosso, poi riprova. Interrogato per questi suoi inesperti tentativi, De Dominicis dichiarava di non sapere nuotare e allora di volere imparare ‘almeno’ a volare. Tutti i giorni ripete la sequenza di tentativi di volo, quasi ad imprimere nel suo DNA un nuovo segmento di memoria per volo umano, magari da trasmettere ai figli. Per questo l’artista comicamente si sforza, si proietta in alto, muove le dita come fossero piume, ma niente: il corpo è di piombo e tutto termina in una Mission Impossible. Come si può puntare al di là del possibile, distillato dell’estetica kleiniana? Il Tentativo di volo si trasforma in una gag che si fa beffe del Salto nel vuoto di Klein e del suo proposito “immateriale” di oltrepassamento dell’arte. Nessuna retorica eroicizzante in questi suoi saltini da Stanlio. Quella di de Dominicis è una caricatura del Salto nel vuoto, un alato aforisma satirico come lo saranno altri suoi lavori corrosi dall’humour noir.

Altri voli e un salto nel vuoto pericoloso

Sono del 2002 I pensatori di buchi di Diego Perrone. Undici fotografie di un progetto durato un anno tra scavi e immagini. “Vedi” – afferma l’artista – “tutto è nato un po’ a caso, in una maniera zen. C’è chi cammina e c’è chi scava”. Dopo aver trivellato di persona profonde fosse, denudatosi, l’artista/pensatore si pone davanti al vuoto; c’era la materialità della terra e il risucchio del vuoto: l’artista finalmente viveva la sua condizione paradossale.

Diego Perrone
Diego Perrone, “I pensatori di buchi”, 2002, Lambda print mounted on aluminium, 145.47 × 126 cm – Courtesy Massimo De Carlo, Milan/London/Hong Kong

Nel 2016 un visitatore è finito all’ospedale per il salto nel vuoto in un’opera di Anish Kapoor: Descent into Limbo. Fortunatamente quel buco, nero più della pece, racchiuso in un piccolo edificio cubico e bianco, non era così profondo, ma era travolgente il senso di risucchio, di maelstrom infinito dell’opera che nasceva da quel nero così assoluto, il Vantablack, un colore in esclusiva all’artista inglese di origini indiane. Questo “black hole” dà contenuto alla meditazione di Kapoor sull’arte che deve metafisicamente andare oltre se stessa, inseguendo quella volontà che sfidava la gravità del Salto nel vuoto di Klein. In un racconto di Jack London intitolato L’ombra e il baleno, due amici si affrontano mortalmente nella sfida all’invisibilità, l’uno utilizzando la luce, l’altro l’ombra. Kapoor ha scelto di scendere negli inferi della cecità. D’altra parte lo si sa, la gran voragine dell’inferno è stata creata dall’angelo più abbacinante: Lucifero.

a woman stares into a black hole on the ground
Anish Kapoor, Descent into Limbo, 1992. Source: http://anishkapoor.com/.

Bibliografia

  • Pierre Restany, Yves Klein: Le monochrome, Hachette, Paris, 1974
  • Bois Yve-Alain, Krauss Rosalind, L’informe: istruzioni per l’uso, Milano, ESBMO, 2003
  • Harumi Befu and Sylvie Guichard-Anguis, Globalizing Japan: Ethnography of the Japanese Presence in Asia, Europe and America, Routledge, 2003
  • AA. VV., Il Piedistallo vuoto. Fantasmi dall’Est Europa, Milano, 2014
  • AA. VV., Through the Collector’s Eye. Works of the Generation 2000 from Cluj in Three Romanian Collections, The Office ed, Cluj, Romania 2014
  • Gino de Dominicis, Lettera sull’immortalità del corpo, Roma 1970
  • Gabriele Guercio (a cura di), Gino De Dominicis. Scritti sull’opera e riflessioni dell’artista, Torino, Allemandi, 2014
  • Mircea Eliade, Miti Sogni Misteri, Rusconi. Milano, 1986

July 15, 2020