loading...

Marina Pinsky, il luogo e il suo tempo

Julia Mullié

Breve introduzione all’opera di Marina Pinsky, che sviluppa un narrazione critica di immagini, tecnologie e storie locali.

Tutti coloro che hanno visto Dyed Channel, la personale di Marina Pinsky alla Kunsthalle Basel del 2016, in seguito avranno probabilmente pensato al suo lavoro ogni volta che sarà loro capitato di assumere farmaci. In occasione di questa mostra l’artista ha infatti esposto Pharmakon (2014-2015), ovvero una serie di gigantesche confezioni di compresse medicinali. Le compresse sono state prodotte con la tecnica della ceramica sigillata, impiegando un’antica argilla medicinale che è stata sbalzata con un riferimento all’origine dell’argilla stessa. Pinsky ha infatti marchiato le pillole con la sagoma dell’architettura delle aziende farmaceutiche di Basilea. Gli edifici sulle pillole, puliti e modernisti, contrastano con le immagini sul retro delle confezioni, che rappresentano un’azienda farmaceutica abbandonata, a Bruxelles, dove Pinsky ha scattato delle foto. Le pillole si riferiscono a una routine quotidiana, ma anche alla dipendenza creata dal sistema farmaceutico che, nonostante la rappresentazione di Marina Pinsky, non è affatto trasparente.

Marina Pinsky, Dyed Channel, Kunsthalle Basel, 2016. Installation shot. Images courtesy of the artist and Kunsthalle Basel. Photos by Philipp Hänger, Hugard & Vanoverschelde.
Marina Pinsky, Dyed Channel, Kunsthalle Basel, 2016. Installation shot. Images courtesy of the artist and Kunsthalle Basel. Photos by Philipp Hänger, Hugard & Vanoverschelde.

In ogni sua mostra Marina Pinsky approfondisce una storia locale. Affascinata dal rapporto tra luogo e tempo e dalla specificità della loro combinazione, Pinsky fa dell’architettura un elemento ricorrente del proprio lavoro. A Basilea questo approccio si rifletteva nelle planimetrie delle aziende farmaceutiche; per la sua prima mostra personale alla 303 Gallery di New York si è invece trattato della Wyckoff House, uno dei più antichi edifici costruiti a New York dagli olandesi. Gran parte dello stabile, ancor oggi esistente, è stato costruito tra il XVIII e il XIX secolo. Pinsky ha prodotto un ingegnoso modello di ceramica e polistirolo, le cui parti sono tenute insieme da una cinghia di fissaggio. Paradossalmente, il modello è incredibilmente dettagliato ma non corrisponde alla casa vera e propria. È con questo tipo di contraddizioni che Pinsky ci invita a guardare il suo lavoro, con un ritmo ogni volta diverso.

Installation view: Marina Pinsky, 303 Gallery, New York, February 22 – March 31, 2018. Courtesy 303 Gallery, New York.
Installation view with the Wyckoff House Model: Marina Pinsky, 303 Gallery, New York, February 22 – March 31, 2018. Courtesy 303 Gallery, New York.

Per Four Color Theorem, da CLEARING a Bruxelles, Marina Pinsky ha nuovamente sviluppato modelli in scala, ma derivati più direttamente dalla fotografia. Fondendo tra loro immagini fisiche e immagini virtuali, Pinsky ha creato un nuovo tipo di realtà, una realtà in cui l’immagine può essere vissuta, piuttosto che vista. Prima di vedere i modelli in scala, infatti, si incontrano sette dischi d’alluminio. All’esterno c’è una foto della prima telecamera di sorveglianza aerea inventata nel 1897 da Theodor Scheimpflug. Sul retro ci sono le foto scattate con quella macchina fotografica, che a loro volta sono state fotografate da Marina Pinsky. La macchina fotografica di Scheimpflug può essere vista come il precursore tecnologico della fotocamera che Google usa sui suoi satelliti nell’ambito del servizio “street view”. I modelli bronzei in scala si basano sulle immagini di Google Maps e si combinano con l’esperienza personale di Marina Pinsky, che ha vissuto nei quartieri rappresentati nelle sculture: Koekelberg a Bruxelles e Hansaviertel a Berlino. Sono entrambi divisi in frammenti e presentati nello stesso stile, in modo che siano più o meno gli stessi, mentre l’architettura vera e propria è assai diversa. Pinsky nota come le immagini di Google Maps garantiscano che ogni città del mondo finisca per avere, più o meno, lo stesso aspetto.

Marina Pinsky, Four Color Theorem, C-L-E-A-R-I-N-G, 2020. Installation shot. © Eden Krsmanovic / Courtesy of the artist and CLEARING New York, Brussels
Marina Pinsky, Truck with wall drawing at Four Color Theorem, CLEARING, 2020. Installation shot. © Eden Krsmanovic / Courtesy of the artist and CLEARING New York, Brussels

C’è un interessante legame tra l’approccio di Pinsky e le idee del filosofo Vilém Flusser (1920-1991). Flusser considerava la creazione e l’applicazione diffusa di nuove tecnologie in quasi tutti i settori dell’esistenza umana, e quindi riteneva essenziale affrontare in modo critico l’immagine tecnica e il dispositivo che genera tali immagini. Secondo Flusser, il messaggio non è l’informazione mostrata nell’immagine tecnica, ma l’immagine tecnica stessa. Questa esprime il contesto tecnico, politico, sociale e industriale in cui è stata creata un’immagine.

Marina Pinsky esprime in modo impeccabile queste relazioni nei modelli bronzei delle città in cui vive. Flusser ha scritto che l’unico modo per rompere il sistema tecnico di produzione delle immagini è fare con il dispositivo che produce le immagini qualcosa di diverso rispetto a quello che l’industria intendeva fare. Questo è esattamente ciò che Marina Pinsky è in grado di fare: trasformare le foto in sculture, e viceversa; far sovrapporre l’analogico e al digitale; intrecciare più volte luogo e tempo, e regolare il tempo di visualizzazione delle immagini da lei create. Dimostra come l’onnipotenza della tecnologia sia in grado di determinare tutte le relazioni umane e sociali, e allo stesso tempo è in grado di mostrarne l’estrema complessità.

Il senso di Marina Pinsky per i luoghi e per il tempo si riflette anche nel suo interesse per la logistica e per i trasporti: camion, treni e aerei tornano regolarmente nelle sue opere. Questo movimento nel tempo è stato al centro della mostra “Flight 714”, a Sydney. Volando da Berlino a Sydney, via Londra e Singapore, Pinsky ha eseguito un disegno a inchiostro. I colori – rosso, verde e blu – riflettono i valori standard RGB, importanti nella fotografia digitale. Un rotolo di carta è stato creato apposita per adattarsi al tavolino dell’aereo. Durante il viaggio l’artista ha disegnato il paesaggio che ha visto dall’oblò. Proprio come nelle altre opere che abbiamo citato, Marina Pinsky riesce a controllare il ritmo della visione: in un caso il disegno allungato è più astratto, nell’altro è più dettagliato. Chiunque abbia mai volato ha conosciuto l’assenza di senso del tempo e del luogo. Il disegno sembra contenere questo spostamento.

Marina Pinksy, Joseon Map of the Astronomical Order and Nebra Sky Disk. © Eden Krsmanovic / Courtesy of the artist and CLEARING New York, Brussels
Marina Pinksy, Joseon Map of the Astronomical Order and Nebra Sky Disk. © Eden Krsmanovic / Courtesy of the artist and CLEARING New York, Brussels

La presenza di strutture, diagrammi, calendari e orologi è, per Marina Pinsky, un filo conduttore. Sono tutti modi per capire la complessità del rapporto tra luogo e tempo, o almeno per cercare di farlo. Si prenda, per esempio, Golden Hat Mandrel (2020), una serie di sculture basate sul “Cappello d’Oro”, un manufatto europeo risalente all’età del bronzo, parte della collezione del Neues Museum di Berlino. Pinsky ha creato delle repliche in legno del cappello dorato, rinforzando la funzione calendaristica dell’oggetto con l’aggiunta del colore. Inoltre, ha prodotto alcuni arazzi che rappresentano il diagramma della funzione del calendario, come mostrato sul cappello. La preferenza di Pinsky per l’artigianato sembra essere legata alla funzionalità degli oggetti apparentemente decorativi.

Collegando il cappello e gli arazzi, Marina Pinsky dimostra che anche le strutture quotidiane, di per sé complesse, sono interconnesse. Queste connessioni nascono da relazioni tecnologiche, umane e sociali. Flusser ha sostenuto che il tempo storico lineare e causale è caduto a pezzi in un universo infinito di immagini riproducibili. Pinsky dimostra la capacità di combinare nel modo fisico vari elementi di questa rete infinita, proprio utilizzando il dispositivo responsabile della frantumazione di rete stessa. O, come canta Lou Reed:

I think images are worth repeating

Images repeated from a painting

Images taken from a painting

From a photo worth re-seeing

I love images worth repeating, project them upon the ceiling

Multiply them with silk screening

See them with a different feeling

July 21, 2020