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Pittura e fotografia secondo Tatjana Danneberg

Piero Bisello

Tatjana Danneberg afferra frammenti di vita, trasformando istantanee e disegni in sofisticati dipinti. L’immagine povera di Steyerl rivive.

Più di dieci anni fa Hito Steyerl ha scritto una sorta di apologia dell’immagine ‘povera’. Per l’artista è l’immagine scattata dai fotografi occasionali, che perciò esiste al di fuori del mondo ufficiale e commerciale delle immagini; è il poveraccio dello schermo; tra i più miseri è il bastardo di quinta generazione. Steyerl ha detto che l’immagine povera riguarda la realtà, ma non la rappresenta. Ha difeso l‘immagine ‘povera’ con video e installazioni. Ci pare che i dipinti di Tatjana Danneberg riprendano questa difesa. Anzi, la rendano persino più concreta.

Tatjana Danneberg
Tatjana Danneberg, Nuda, 2020. Ink-jet print, gesso, glue on canvas. Courtesy the artist and LambdaLambdaLambda.

Infatti, l’artista austriaca, che attualmente vive a Varsavia, porta l’immagine povera nel mondo materiale in un modo che Steyerl non ha esplorato. Le sue istantanee, scattate con una macchina fotografica analogica di poco valore, sono poi trasformate in opere pittoriche. Non come farebbe Richter, che traduce mimeticamente su tela l’essenza della fotografia (non senza una leggera ingenuità). Il processo di Tatjana Danneberg è più complesso e impiega gesso, colla, stampa su pellicola, pennelli di grandi dimensioni. Così le immagini povere diventano oggetti pregiati. La tecnica dell’istantanea analogica – messa in pratica con quelle “macchine fotografiche economiche degli anni Novanta, in cui basta premere un pulsante”, come ci ha detto l’artista – viene sapientemente rielaborata per produrre immagini complesse. Dunque addio all’immagine povera.

The studio of Tatjana Danneberg in Warsaw, September 2020. Courtesy of the artist.
The studio of Tatjana Danneberg in Warsaw, September 2020. Courtesy of the artist.

Rispetto

Tatjana Danneberg ritiene che la fotografia sia per certi verso ‘scomoda’. Dice di sentirsi come un intruso, che ruba frammenti della vita delle persone, compresa la propria. Situazioni banali, gesti insignificanti. È la realtà dell’immagine povera di cui parla Steyerl: queste sono le cose che, citando Susan Sontag, l’artista chiama “ritagli di mondo”. E dunque, di cosa è responsabile chi ritaglia? Pensiamo che l’atto di scegliere e dipingere certi frammenti di vita implichi una forma di rispetto. È come se la trasformazione di quelle istantanee in pittura, seguendo un programma, sia di fatto un atto intellettuale. I momenti di dissolvenza vengono portati via solo per essere restituiti più vivi.

Tatjana Danneberg, Should I show more interest in the world?, 2019. Gouache, Ink-jet print, paint primer, glue on canvas. Courtesy the artist and LambdaLambdaLambda.
Tatjana Danneberg, Should I show more interest in the world?, 2019. Gouache, Ink-jet print, paint primer, glue on canvas. Courtesy the artist and LambdaLambdaLambda.

Tutti noi conserviamo certi oggetti per il modo in cui ci ricordano un momento della nostra vita. Pensate al sogno adolescenziale incarnato dal biglietto di un concerto, che gelosamente conserviamo come una reliquia, perché il sogno non se ne vada. Ma altra cosa è il creare questi oggetti. Non possiamo e non vogliamo discutere riguardo alle ragioni che determinano le scelte di Tatjana Danneberg. Possiamo però guardare quelle fotografie e immaginare la loro trasformazione in dipinti come un atto di restituzione rivolto ai protagonisti degli scatti stessi. 

C’è un passaggio, dalla sfera privata al dominio pubblico, che necessita una giustificazione. A questo proposito, l’artista dice che potrebbe trattarsi di “diventare protagonista di qualcosa che è già accaduto, o che fa parte del passato”. E continua:

Non voglio essere un semplice osservatore attraverso l’obiettivo, ma cerco di introdurmi segretamente nell’immagine, dipingendo con o su di essa, in modo che l’immagine acquisisca una seconda vita“.

È il suo un modo di guardare la fotografia dal punto di vista della pittura, assumendo un ruolo che, appunto, permette di fluire dal privato al pubblico.

Photoless

Tutti gli argomenti costruiti finora, partendo dall’idea di immagine povera (secondo Hito Steyerl) assumono ancor più senso se riferiti ai recenti dipinti di Tatjana Danneberg. Tuttavia, la sua pratica è arrivata a quei quadri solo dopo molti esperimenti, e potrebbe da essi allontanarsi in futuro. Per esempio, possiamo immaginarla con macchine fotografiche più complesse e con un approccio più professionale al mezzo fotografico. Le immagini povere potrebbero diventare immagini pregiate. Già, perché quando si tratta di artisti emergenti è interessante riflettere su come il loro lavoro si evolverà. Trattandosi di una pratica ancora giovane non vogliamo avanzare interpretazioni troppo specifiche; ma speriamo che questa chiave di lettura non venga del tutto meno in futuro.

Tatjana Danneberg, Uno, 2019. Gouache, ink, pigments, paint primer, glue on canvas, aluminum pipe. Courtesy the artist and LambdaLambdaLambda.
Tatjana Danneberg, Uno, 2019. Gouache, ink, pigments, paint primer, glue on canvas, aluminum pipe. Courtesy the artist and LambdaLambdaLambda.

Per parlare delle opere di Tatjana Danneberg che non fanno uso di fotografia è a questo punto opportuno partire proprio da quelle che invece ne fanno uso. Dipinti come Sheepish, Constantly no respect e Uno mancano di un sottostante fotografico, essendo composti a partire da disegni poi trasferiti su tela. La natura di questi soggetti è infatti comunque legata alla realtà delle immagini povere di Steyerl. Sheepish non è tanto la rappresentazione di un cane, quanto piuttosto la realtà di un cane, magari colto in una posa fugace, proprio come le tre figure in piedi accanto a un’iconica Fiat Uno. L’immagine di un piatto di pasta Cacio & Pepe, nell’omonimo dipinto, sembra qualcosa di personale. I disegni sono intimi come le istantanee. Entrambi sono ingranditi, per il pubblico, attraverso il mezzo pittorico.

Tatjana Danneberg, Sheepish, 2019. Gouache, ink, pigments, paint primer, glue on canvas, aluminum pipe. Courtesy the artist and LambdaLambdaLambda.
Tatjana Danneberg, Sheepish, 2019. Gouache, ink, pigments, paint primer, glue on canvas, aluminum pipe. Courtesy the artist and LambdaLambdaLambda.

Ritmi e storie

Le immagini povere possono essere casuali, ma la pittura è controllata. Il miserabile diventa il ben costruito. Le composizioni sono pensate in anticipo. Apprendiamo dall’artista che i gesti che avvengono sulla pellicola prima di essere trasferiti sulla tela sono pianificati dai disegni preparatori. Dice Tatjana Danneberg: “con grandi pennellate voglio avere gesti chiari che si riferiscono a ciò che accade nell’immagine, che può essere plasmata, formata, liquefatta”. Il contrasto tra la leggerezza di un’anatra, o di un paio di blue jeans da un lato, e la sinuosità delle grandi pennellate dall’altro, conferma questo senso di aldilà che la realtà quotidiana assume. 

The studio of Tatjana Danneberg in Warsaw, September 2020. Courtesy of the artist.
The studio of Tatjana Danneberg in Warsaw, September 2020. Courtesy of the artist.

La progettazione avviene sia dentro che fuori dalla tela. Per alcuni dei suoi progetti, Tatjana Danneberg guarda alla composizione e alla coerenza formale anche a livello espositivo. Riguardo alla recente mostra dedicatale da LambdaLambdaLambda (a Pristina e a Bruxelles), l’artista dice che “le fotografie selezionate mostrano una qualche forma di sincronizzazione casuale, movimento, e linguaggio del corpo, in un contesto sociale”. Anche se i dipinti non sono messe in scena, potrebbero formare qualcosa come una coreografia improvvisata, o un inconsueta sceneggiatura”. L’idea di teatralità torna nelle sue serie più precedenti: One Step Behind You (2018) è infatti ispirata a un’opera teatrale di Beckett, mentre Six Characters in Search of an Author (2018) chiaramente parte dall’opera di Pirandello.

Vita reale

Il poeta Max Henry dice che i pittori sono viaggiatori del tempo. Il medium sembra non appassire mai, a differenza della fotografia. Ci chiediamo allora come apparirà, tra qualche decennio, il trattamento delle immagini povere da parte di Steyerl. La quintessenza dell’immagine povera è quella digitale, che nel suo lavoro viene trattata come tale attraverso il video. La manipolazione e la difesa dell’immagine povera da parte di Steyerl rimane quindi nel regno dell’immagine povera. Ma video-artisti sono viaggiatori del tempo senz’altro peggiori dei pittori. Il loro lavoro tende a invecchiare rapidamente, proprio come l’obsolescenza probabilmente pianificata dei dispositivi che utilizzano. [Qui il link al nostro scritto sull’invecchiamento prematuro del Post Internet. Ndr]. 

Tatjana Danneberg, When you’re looking for nothing and find nothing, 2019 Ink-jet print, gesso, glue on canvas. Courtesy the artist and LambdaLambdaLambda.
Tatjana Danneberg, When you’re looking for nothing and find nothing, 2019 Ink-jet print, gesso, glue on canvas. Courtesy the artist and LambdaLambdaLambda.

Invece, c’è qualcosa di sempreverde nella difesa dell’immagine povera che fa una pittrice che viaggia nel del tempo come Tatjana Danneberg. Uno se ne rende conto quando capisce quando poco i suoi dipinti si prestino allo schermo digitale. Come può la macchina fotografica di un telefono riprodurre l’esperienza del materiale che esce dalla tela? Come questa può rendere tutte le piccole imperfezioni della pellicola trasferita? L’esperimento di pensiero diventa ancora più interessante quando l’immagine è un disegno, invece che un’istantanea, come accade nella pratica di Danneberg. 

Probabilmente siamo anche arrivati al momento in cui le immagini povere non hanno più bisogno di essere difese. Non è più il 2007. L’immagine povera non è più estranea alla propaganda, o allo sfruttamento dello Stato, come sosteneva allora Steyerl. Eppure l’immagine povera sembra avere ancora bisogno di una riabilitazione pubblica, di un nuovo sguardo, che è un nuovo sguardo per la realtà stessa. I dipinti di Tatjana Danneberg offrono un’opportunità a questa sorta di ristrutturazione visiva.

May 4, 2022