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Cinzia Ruggeri secondo Dino Buzzati (nel 1960)

Piero Bisello

È il 1960 e questo è il testo con cui Dino Buzzati introduce la prima mostra di Cinzia Ruggeri. Magia del reale in forma di scrittura.

Non molto tempo fa abbiamo pubblicato la prima versione digitale di un testo scritto nel 1977 dallo storico dell’arte italiano Paolo Fossati su Renata Boero. Abbiamo pensato che il testo fosse di notevole importanza per molti motivi, ma soprattutto per il modo in cui quello scritto rendeva l’idea di come in Italia si scrivesse d’arte in quel momento. Attraverso il testo, la pittura di Boero si faceva traccia dei dibattiti teorici dell’epoca: questa l’argomentazione filosofica – oggi obsoleta, ma senz’altro avvincente – di Fossati. Con lo stesso spirito di riscoperta ci accostiamo ora a un testo introduttivo scritto da Dino Buzzati nel 1960. L’autore racconta alcune opere di Cinzia Ruggeri, in occasione della sua prima mostra personale alla Galleria del Prisma di Milano.

cinzia ruggeri
Cinzia Ruggeri in her studio, photograph by Occhiomagico.

Buzzati era già una figura chiave della letteratura italiana. Il suo capolavoro, Il Deserto dei Tartari, circolava all’estero da una decina d’anni, rendendolo conosciuto oltre i confini nazionali. La sua fama a Milano era indiscussa, anche grazie al suo lavoro artistico. Già, perché Dino Buzzati si considerava artista prima che scrittore, a prescindere dalla casella in cui i suoi lettori, o spettatori, volessero collocarlo. Oltretutto, negli anni Sessanta Buzzati era uno dei critici d’arte del Corriere della Sera, anche se il suo rapporto con il quotidiano milanese è sempre stato un po’ strano. Buzzati ha infatti iniziato a scrivere d’arte in modo piuttosto spontaneo, evitando i tecnicismi e le strettoie teoriche per assumere, invece, uno stile più prosaico e accessibile. Il testo semi narrativo scritto per Cinzia Ruggeri non potrebbe essere più lontano dai concetti e dai toni alteri di Paolo Fossati: con Buzzati lo scrittore d’arte diventa l’artista scrittore.

Dino Buzzati
Dino Buzzati

L’altra faccia della medaglia è naturalmente il tema stesso del testo di Buzzati, ovvero il lavoro di Cinzia Ruggeri. Quasi adolescente all’epoca, Cinzia Ruggeri è inquadrata come artista che dipinge, almeno per quanto si capisce dalle descrizioni delle opere esposte in quel caso – al momento non si conoscono immagini che documentano le opere in mostra. Secondo alcuni non ne sono mai state scattate. Il testo di Buzzati è quindi un esercizio per la nostra immaginazione, per la quale il miglior indizio per cogliere oggi questi lavori invisibili è il modo in cui l’energia dell’artista si materializzava, molto al di là del mondo dell’arte della sua epoca, espandendosi nella moda, nel design, nella scenografia, nella performance.

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Cinzia Ruggeri, Casa Masaccio Centro per l’Arte Contemporanea, installation view living room, first floor entrance on the right side, ph OKNOstudio.
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Cinzia Ruggeri, André, 2019, collage, led lights and nail polish on aviator jacket, dimensions variable, ph OKNOstudio. Courtesy Casa Masaccio and Archivio Cinzia Ruggeri (Milano).

In che misura i dipinti esposti alla Galleria del Prisma sarebbero assomigliati ai suoi lavori successivi? Grazie alle parole di Dino Buzzati la domanda potrebbe anche essere irrilevante. Quello che traspare dal testo in questione è come il personaggio di Cinzia Ruggeri contasse tanto quanto il suo lavoro. Buzzati deve aver colto questa caratteristica dell’artista, orientando la proprio sguardo verso il profilo eccentrico di un essere umano carismatico, definito dai suoi mobili e dalle sue abitudini notturne, dai suoi sogni, dai suoi quadri. Chi quest’anno ha avuto la possibilità di vedere la retrospettiva dedicata a Cinzia Ruggeri da Casa Masaccio avrà certamente capito come l’aura di Ruggeri fosse la condizione necessaria per qualsiasi suo oggetto o performance. In un video-ritratto del del 1986 – di Georg Brintrup – Cinzia Ruggeri dice che “l’unico modo per sopravvivere è quello di non avere un’identità temporale”. Il testo datato (ma assolutamente contemporaneo) di Dino Buzzati offusca quella stessa identità temporale, aiutandola a sopravvivere.

***

Cinzia Ruggeri ha diciott’anni, dipinge, abita a Milano in piazza della Repubblica e in casa sua c’è un pianoforte verticale, abbastanza buono, che però lei non suona e anche gli altri suonano poco; è di legno chiaro.

Un giorno, rincasata verso l’imbrunire (l’ora ha probabilmente la sua importanza), trovò sparse sul pavimento, ai piedi per pianoforte, una quantità di note, in grande maggioranza biscrome: erano ben conformate, della grossezza di circa una noce.

Cinzia pensò che in sua assenza avesse suonato il piano qualcuno poco uso alle buone maniere della società, sbriciolando musica tutt’intorno come fanno i maleducati. Ma non ci fece caso. A quell’ora poi non c’era in casa nessuno a cui domandare. E più tardi la cosa le passò di mente.

Al mattino dopo, però, svegliatasi tardissimo come è sua abitudine (mai che vada a dormire prima delle due e mezzo – tre) Cinzia trovò ancora le note sparse intorno al pianoforte; le parve anzi che ne fossero di più che la sera prima. Allora chiamò la donna di servizio. “Come mai, Maria, non hai pulito sotto il pianoforte?” “Certo che ho pulito, signorina. Ancora ieri sera. Non ho mai visto tanta sporcheria. E sapesse che fatica. Erano pensati da matti, quei cosi. E che rumore hanno fatto, giu per il buco delle immondizie. Lo sa che il portiere ha citofonato su per protestare?”

La faccenda era tutt’altro che chiara e in qualsiasi altra casa ci sarebbe stata un’inchiesta. Ma Cinzia è una ragazza molto intelligente; e subito capì che quello era un segno.

Così le note entrarono nella sua vita (è una storia di due anni fa, oramai). E adesso, oltre che nella stanza di passaggio dove si trova il pianoforte, quegli ovoidi di piacevole aspetto, si trovavano disseminati nella camera di Cinzia, perfino fra le coperte del letto e nei cassetti della biancheria (oltre che nei suoi sogni prima dell’albe, naturalmente). Ed erano di giorno in giorno più grossi, compatti e pesanti. Finché Cinzia si dovette rendere conto che note musicali non erano più, bensì erano dei sassi, tonde pietre di chissà quanti millenni, levigate dall’acqua, dal vento, dagli anni e dal pensiero, forse ,che un lontano giorno avrebbero incontrato una ragazza di nome Cinzia un grattacielo di Milano.

Come si può constatare in alcuni quadri della presente mostra, i sassi di Cinzia hanno assunto oramai delle proporzioni considerevoli, ce n’è di grossi come una testa umana, come un maialino di due mesi, come una cornamusa a pieno fiato. Si agglomerano a formare certe loro speciali architetture. Hanno un piglio autoritario, si direbbero padroni della situazione, si sono fatti una personalità. Cinzia insomma dovrebbe essere soddisfatta, secondo me, e tenerseli buoni. Quei sassi le giovano, le offrono un “ubi consistam” e poi non è detto che il loro repertorio sia esaurito. Solo che lei li lusinghi un poco, chissà quanti e quali nuovi sviluppi saranno capaci di escogitare.

Ma si sa come sono inquieti i giovani, soprattutto al giorno d’oggi. Quei bei sassoni, che Cinzia ha amato tanto, e ama, certi giorni la opprimono. Ha la sensazione di esserne sopraffatta e dominata, di esserne ormai schiava. E allora si ribella, si avventa su di loro, cerca di romperli, di liquefarli, di spappolarli, di disintegrarli, l’ingrata! E anche qualche volta ci riesce. I sassi si decompongono in blocchi d’ovatta o di vapore, in filamenti, in mucillagini che non hanno più niente di umano. 

Non solo. In altre giornate (e non è detto che siano sfortunate), Cinzia si mette a piovere. Diventa tutta una caterata verticale che batte sui mucchi di sassi e li sfigura, li scioglie, li riduce a confusi spettri allucinati, a spiritate pozzanghere, in cui luci improvvise si riflettono con lunghi dolorosi riflessi, come nella famosa poesia ferroviaria di Carducci, con licenza parlando.

Ai critici di mestiere, dire la loro, dal punto di vista pittorico, materico, eccetera. A me personalmente questi sfoghi pluviali di Cinzia mi sembrano niente male. E le consiglierei di darci dentro, senza dimenticare ben si intende, i suoi bravi e onesti sassi (le note musicali, oramai, non sono più che un lontano ricordo). Ma come si fa a sapere? Quelli che la conoscono bene dicono che Cinzia è un poco pazza. Chissà che nuovi e imprevedibili amori sta già meditando. Insomma, chi vivrà vedrà.

October 27, 2020