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Prove di rivoluzione: allo Strauhof di Zurigo tra il ’68 e il 1980

Bice Curiger

Dalla mostra che allo Strauhof di Zurigo ha ricostruito la genesi della contro-cultura elvetica, ecco la cronologia che ne ripercorre le tappe più importanti.

È stata una rivoluzione culturale? O forse un’emergenza culturale? Sicuramente si è trattato di un momento miracoloso, di un risveglio unificante e rinnovatore, avvenuto più di quarant’anni fa: due mostre e due eventi teatrali a esse correlati; due esperimenti esemplari in un luogo importante di Zurigo, il museo Strauhof. Le mostre sono state Frauen sehen Frauen (Women See Women), nel 1975, e Saus und Braus – Stadtkunst (Living it up – Art of the City), nel 1980.

La scorsa estate Stefan Zweifel ed io abbiamo presentato una mostra sul tema [Ausbruch und Rausch, ed.], che ha coinvolto numerosi protagonisti di quegli anni, ripercorrendo gli impulsi attivisti che hanno messo improvvisamente in moto Zurigo e il suo mondo culturale.

Nel 1975 ho fatto parte del collettivo femminista che ha organizzato Frauen sehen Frauen (Women See Women), spettacolo in bilico tra l’installazione teatrale, la vetrina intimista e la didattica, organizzato insieme al leggendario collettivo teatrale chiamato Frauenrakete e al Panzerknackerballett, “balletto” femminista che parodiava i Beagle Boys della Disney.

Cinque anni dopo, sempre alla Strauhof, ho curato Saus und Braus – Stadtkunst (Living it up – Art of the City), una mostra che ha portato davanti all’establishment culturale di Zurigo la giovane scena artistica e i protagonisti del nuovo punk e della new wave. La mostra ha rivelato i frutti di una nuova idea del sé, alimentata dalle esperienze della cultura pop urbana coeva.

Per l’occasione, Peter Fischli e David Weiss si sono esibiti per la prima volta in duo, presentando l’esilarante “Sausage Series“, insieme ai dipinti di Martin Disler e Klaudia Schifferle, che è stata anche la bassista di band radicali come Kleenex e Liliput. La mostra è stata accompagnata da una pubblicazione autoprodotta. Era un libretto grezzo, in bianco e nero, che somigliava a una voluminosa fanzine punk. La mostra includeva anche un ‘mostruoso’ concerto notturno, con nove band che si esibivano sul palco. Tutti questi eventi hanno segnato l’inizio del postmodernismo e di un risveglio culturale mondiale che continua a influenzare l’arte, anche oggi.

[Nota: la seguente cronologia è stata composta da Bice Curiger e Stefan Zweifel. È stata originariamente esposta su una parete dello Strauhof di Zurigo, nell’ambito della suddetta mostra intitolata Ausbruch und Rausch (dal 21/08 al 04/10/2020) ed è pubblicata nel catalogo della mostra stessa (Edition Patrick Frey). Questa è la sua prima versione in italiano.]

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1968

Per capire com’è nato il clima culturale di cui parliamo bisogna tornare a Zurigo alla fine degli anni ’60. Fino al 1971 le donne non potevano votare, e nel 1967 – un anno prima del nevralgico ’68 – davanti al Café Odeon ha luogo una grande protesta a favore della minigonna. È una rivolta contro l’ipocrisia: il locale, che al piano superiore ospita uno strip bar, ha negato l’ingresso di una donna al caffè che si trova piano terra, perché la donna indossava una gonna troppo corta…

Nel 1968 il discorso si rivolge alla questione politica e a quella sociale, ma qualcosa bolle in pentola anche negli ambienti culturali. Influenzate dalle rivolte studentesche tedesche e francesi, le cosiddette rivolte “Globuskrawall” trovano a Zurigo la propria paladina in Claudia Honegger, che si rivela durante le celebrazioni del Labor Day del 1969. In seguito a un dibattito nato spontaneamente tra un gruppo di protestanti e gli organizzatori dell’evento Claudia Honegger diventa la prima donna svizzera a tenere il discorso ufficiale del 1° maggio, mentre la folla canta l’emozionante inno di “Rosa Luxemburg”. All’epoca la Honegger ha 22 anni. Co-fonda l’FBB – un movimento in difesa della libertà delle donne – ed è membro del sindacato studentesco progressista. Il suo discorso avanza il principio, ancor non applicato, di parità di retribuzione tra uomini e donne.

Claudia Honegger is the first woman to hold a 1st May speech at the Münsterhof in Zurich.

Al Volkshaus di Zurigo il gruppo statunitense del Living Theatre esegue Frankenstein, Mysteries e, un anno dopo, Paradise Now. Il gruppo è una comune anarco-pacifista che celebra la nudità ed esegue una forma di teatro radicalmente alternativa. L’anno successivo, di nuovo al Volkshaus, va in scena Underground Explosion. Si tratta di uno spettacolo multimediale simile a quelli che si metto in scena alla Factory di Andy Warhol, a New York. In questo ambito, Tapp und Tastkino (Tap and Touch Cinema), di Valie Export, lascia un’impronta indelebile. Sul palco, con Peter Weibel, l’artista inizia il suo “Totalangriff auf das traditionelle Kunstverständnis” (attacco totale alla comprensione tradizionale dell’arte), che fa scattare una protesta all’interno del teatro stesso.

Valie Export presents her Tap and Touch Cinema during the Underground Explosion in Volkshaus Zurich, 1969. © Heinz Baumann / ETH-Bibliothek Zürich, Bildarchiv.

“Polizeistunde” (l’ora della polizia) è il nome dato all’ora di chiusura dei locali pubblici di Zurigo, ovvero la mezzanotte – la legge rimarrà in vigore fino agli anni Novanta. Chi desidera star fuori più a lungo è costretto a frequentare lugubri locali notturni privati. “Platte 27” è il nome dell’ormai leggendario locale di controcultura dove i giovani possono ballare fino al mattino. Qui si mescolano i generi artisticamente più progressisti. Il programma prevede musica sperimentale dal vivo e proiezioni di film nello spirito dell’Expanded Cinema. Qui si tengono performance di artisti del calibro di Guru Guru Groove e le proiezioni dei primi film di Hans-Jakob Siber, Dieter Meier o HHK Schoenherr. Misteriosamente nascosti dietro occhiali scuri, fanno la loro comparsa anche Manon e il giovane Urs Lüthi: Nel locale, che per il resto è decorato in modo sommario, il suo manifesto sta appeso a un muro. Dice: “Urs Lüthi piange anche per te”.

1970

L’arte e il cosiddetto underground sono naturalmente collegati, attraverso la rivista “Hotcha!”, per esempio, che è ispirata al beat americano di un autore come Gary Snyder, ma anche alle fanzine di Frank-Zappa. Pubblicata da Urban Gwerder tra iul 1969 e il 1971, “Hotcha!” è una sorta di volantino stampato in poligrafia. Tra l’altro, presenta un giovane HR Giger, che sta già esponendo il suo lavoro alla Galerie Stummer, e pubblica un articolo su André Thompkins di Daniel Spoerri.

Title page of the underground magazine Hotcha! by Urban Gwerder, number 35, 1969.

Una nuova, vitale, selvaggia forma di creatività sta iniziando a emergere. Come descriverla? Incarna una paradossale, raffinata ruvidità, che si espande senza essere appesantita da intellettualismi. Un approccio ludico mina tutti i dogmi, compresa l’onnipresente atmosfera del Bauhaus. Alla fine degli anni Sessanta, l’arte concreta che la definisce si incaglia nelle proprie asserzioni e diventa, agli occhi dei giovani, arte buona per la decorazione murale delle filiali di una banca come la Sparkasse. Lo storico dell’arte Paul Nizon pubblica Diskurs in der Enge (Discorso breve), che si citerà per decenni, nel quale parla ancora della Svizzera come di un luogo rurale. Ma è un’immagine già allora superata.

1971

Anche nelle istituzioni tradizionali, come la Kunsthaus Zürich, si sta verificando un cambiamento, in particolare grazie all’inquietante e molto discussa mostra di Edward Kleinholz intitolata 11 Tableaux. Tra questi c’è un pezzo che protesta contro la guerra in Vietnam come War Memorial e c’è Roxy’s, una morbosa visione dell’orrore di un bordello, congelato nel tempo, buio, stretto, soffocante e profondamente teatrale.

Edward Kienholz, Roxy’s, 1960/61, installation, presented in 1971 in his exhibition 11 Tableaux at the Kunsthaus Zürich.

1973

Zurigo era ed è al tempo stesso una piccola metropoli e una città rurale, abbastanza grande da essere vivace e collegata ai fenomeni sintomatici, nuovi e più emozionanti dell’epoca. Nel 1973, dopo aver vissuto diversi anni a New York, l’artista Heidi Bucher torna nella cittadina svizzera con la sua famiglia. Racconta alla pittrice Rosina Kuhn, sua amica, di certe artiste che in Calofirnia hanno riempito una casa di opere dissacranti, discussioni e domande scomode: è l’ormai celebre Womanhouse di Judy Chicago e Miriam Schapiro. Questo le porterà a creare la mostra Frauen sehen Frauen (Women See Women) per lo Strauhof di Zurigo.

Title page of the Womanspace Journal, Vol. 1, No. 1, 1973, by Judy Chicago and Miriam Schapiro.

Dopo la seconda guerra mondiale la Svizzera ha la fortuna di avere curatori d’eccezione come Arnold Rüdlinger, Franz Meyer, Harald Szeemann – che nel 1969 scrive una pagina di storia dell’arte con la fondamentale When Attitudes Become Form – e Jean-Christophe Ammann, che all’inizio degli anni ’70 presenta al Kunstmuseum Luzern opere radicalmente avanguardistiche. Con passione e spiccato senso comunicativo, Ammann ridefinisce il ruolo del mediatore, generando intorno a sé una scena artistica vibrante e molto influente. Anche le gallerie di Zurigo, in quel momento, emettono un’energia internazionale.

Grand curators among themselves: Jean-Christophe Ammann and Harald Szeemann, Kassel 1972. Photo: Till Spiro.

In realtà Zurigo guarda When Attitudes Become Form con un certo distacco, con la coda dell’occhio. Allo stesso modo, definirsi artista è considerato qualcosa di pretenzioso. Dal punto di vista della sottocultura, o della controcultura, la questione è particolarmente presente sulla scena zurighese, che ha in David Weiss la propria incarnazione. Egli è legato al negozio di macrobiotica Mister Natural, sull’Hirschengraben, ed è attivo su molti fronti: disegna storie meravigliosamente poetiche, dipinge come un Max Bill lisergico delicate opere a guazzo; produce piccole pubblicazioni come il Regenbüchlein; Nel 1976 espone a Stähli e in una delle più importanti mostre del Kunstmuseum di Lucerna, Mentalität: Zeichnung.

1974

A Zurigo la star indiscussa degli anni ’70 è Urs Lüthi. Non solo riesce a essere una grande fonte d’ispirazione per gli altri artisti, ma è anche la personalità che più cerca di superare la proverbiale claustrofobia svizzera. Contrariamente ai giovani artisti dell’epoca, per lo più attivi solo a livello locale, Lüthi espone in Italia, Francia, Austria, e nel 1977 partecipa a Documenta 6 a Kassel. Grazie al ruolo giocato dalla fotografia e dalla performance, dallo scherzo, dal tono incantevole e da una certa freddezza, il lavoro di Lüthi guadagna presto ampi consensi. Nel 1974 Jean-Christophe Ammann gli attribuisce un ruolo centrale nella mostra Transformer – Aspekte der Travestie, al Kunstmuseum di Lucerna.

Cover page of the catalogue Transformer for the eponymous exhibition by Jean-Christophe Ammann in the Museum of Art Lucerne, 1974. Photo: Andrew Sherwood, Walter Pfeiffer, Gabriel Grendene.
Urs Lüthi and David Weiss, Lazy Days (detail),1974, inkjet on paper, 29,7 × 42 cm, 1974/2018. Photo: Urs Lüthi and David Weiss.

1975

L’8 gennaio 1975 si inaugura la mostra Frauen sehen Frauen. La NZZ tv parla di “un vernissage turbolento”: dopo 20 ore di opening, sulle scale, nei corridoi e nelle sale dello Strauhof i visitatori possono a malapena stare in piedi – figuriamoci se possono camminare. Nel vicolo davanti all’edificio chi è stato spinto indietro dalla folla incontra chi è riuscito a sfuggirle. Il potere femminile è nell’aria. L’ONU dichiara il 1975 l’anno della donna. Lo spirito è maturo. Il finissage si svolge nella sala del ristorante Weisser Wind con una performance del gruppo teatrale Frauenrakete. È un nuovo inizio per i dopo-mostra. Nel frattempo sono arrivate le serate dei cabaret, come l’Ecole de Charme, ovvero la parodia delle lezioni sul trucco messa in scena da Elisabeth Bossard.

1976

Il collettivo Panzerknacker si esibisce con Serge Stauffer, conduttore-domatore di animali che finisce a terra durante lo spettacolo. Nella scena di chiusura le donne si mettono in posa trionfante, calpestandolo mentre lui è sdraiato sul palco. Nella performance del 1976 alla Schützenhaus Albisgüetli Frauenrakete presenta la parodia di una sfilata di moda e un’acido quiz televisivo chiamato Fröget Sie nöd! con Dominique Grandjean, psichiatra e musicista, che parteciperà anche a Saus und Braus come membro della band Hertz, fondata nel 1978. Grandjean Scrive canzoni altamente idiosincratiche, come Willi Ritschard – in cui il testo è costituito esclusivamente dai capitoli della biografia dell’omonimo consigliere socialdemocratico – o Jodel, i cui versi dicono: “quando il sole si spinge dietro il fianco della montagna/ il rabarbaro nell’orto oscilla nel vento/ verso sera, quando i gatti fanno l’amore/ jodolohi, jodoloho”.

Closing picture of the Panzerknackerballet with Katrin Trümpy, sitting on the trophy, the “floored” conductor Serge Stauffer; in the background his son Veit Stauffer, 1975. Photo: ZHdK.

Nel dicembre 1976 Frauenrakete fa la sua ultima apparizione alla Rote Fabrik. Da un lato interpretano i loro successi più amati, dall’altro si esibiscono con “Troppo”, una band in stile Roxy Music. Anche la giovane punk band “Razzia” suona, provando come la nuova scena musicale metta sempre più in gioco la propria vitalità creativa, venata da una certa crudezza formale. Il loro batterista è il figlio di Doris e Serge Stauffer, co-fondatore degli F+F, che hanno partecipato attivamente alle attività femminili di cui dicevamo sopra. Doris è vista come la maestra di band come F+F, ma anche Klaudia Schifferle, i Kleenex e Stephan Eicher, che nel 1980 ha ottenuto successo con il brano di Grauzone Eisbär.

Alla fine degli anni ’70, a Zurigo, nonostante gli spazi per le esibizioni siano molto limitati, le band vanno al massimo. Ogni metro quadrato sembra essere già sfruttato commercialmente. Degna di nota è l’altissima percentuale di donne musiciste. Accanto ai Kleenex ci sono Sarah Schär dei TNT e Silvia Zanotta dei Mother’s Ruin. L’estetica della Fanzine è celebrata con No Fun or Shit dalla quattordicenne Noldi Meyer, che in seguito dà il via all’Energy-Party, all’indomani della prima street parade di Zurigo. Il linguaggio visivo più selvaggio, combinato con testi a collage, entra a far parte del catalogo di Saus und Braus.e

Ci sono alcuni esempi degni di nota nel crossover tra musica e scena artistica. Per esempio, c’è il giovane Peter Fischli, che disegna poster e copertine di dischi. Lo fa per Kleenex, LiLiPUT e Hertz, oltre che per un negozio di dischi tra i più frequentati. Le infrastrutture disponibili sono utilizzate controcorrente: Ropress, fondata dalla sinistra del ’68, per le opere di stampa; il Sunrisestudio, a Kirchberg, per le sessioni di registrazione – lo studio offre i propri servizi a metà prezzo ai musicisti “non commerciali”. Per quanto riguarda la musica dal vivo, i locali vengono spinti al limite: dall’Hey-Klub organizzato dall’Associazione Svizzera Omofili, ai club per studenti di Niederdorf, fino al night club “High Life”, ribattezzato da qualcuno “low life” club.

1977

Music for Millions è il titolo perfetto per il video girato da Walter Pfeiffer e Lisa Enderli nel 1977. Si tratta di una raccolta di brevi sketch, non verbali e spensierati, che si svolgono nel loro appartamento, registrati con una telecamera a noleggio. Walter Pfeiffer [qui il link alla nostra intervista con Wlater Pfeiffer; ndr.] è tra le figure ispiratrici del momento, con i poster disegnati in filigrana per il Filmpodium e le sue foto fiabesche di uomini nudi o seminudi, pubblicate nel 1980 come libro. È anche il fotografo che ha scattato la foto di gruppo dei protagonisti di Frauen sehen Frauen. Nel 1980 Lisa Enderli espone i suoi disegni nell’ambito di Saus und Braus.

Nei locali della città un’atmosfera rurale e intima si mescola con eventi eclettici, di classe, che sfidano la scena come mai prima di allora. In altri luoghi, le scene si dividono rapidamente in compartimenti: qui gli studenti, là gli artisti; gli attivisti politici da una parte, i musicisti dall’altra. Il bar più frequentato è il warholiano Max’s Kansas City di Niederdorf. È importante notare che la Svizzera si trova nella scia delle dure divisioni politiche generate dalle Brigate Rosse o alla RAF nell'”autunno tedesco” del 1977. L’atmosfera rilassata, aperta e confortevole attira artisti da Amburgo, Colonia e Düsseldorf, come Sigmar Polke & Co.

Sigmar Polke, Spiegelberg 1976.

Artista oppure no, non è mai questa la domanda che ci si pone! Ognuno è una stella, ogni individuo una galassia complessa. La scena locale si distingue dal resto come un terreno di coltura selvaggio e creativo, intelligente, non appesantito da un corsetto teorico, piuttosto benedetto dalla comunità e da una sfrontata fiducia nel presente. I radicali liberi si incontrano di notte nei bar Fantasio, Kon-Tiki e Splendid, e più tardi anche nel Castel Pub e nell’Hey-Club, che si evolve, da luogo d’incontro per omosessuali a punto caldo della scena punk.

1980

Nel 1980 viene pubblicato nel Kunst-Bulletin della Swiss Art Society un lungo articolo di Bice Curiger intitolato Between e-culture and Punk sulla generazione del dopoguerra cresciuta con la musica rock. Urs Peter Müller, consigliere comunale per l’arte, la invita a curare una mostra sul tema allo Strauhof. La mostra si intitola Saus und Braus, parla di Zurigo e vuole mostrarne l’humus: “C’è stata fin dall’inizio l’intenzione di rendere visibile un sistema di riferimento, che altrimenti, attraverso le istituzioni artistiche, non sarebbe mai arrivato in superficie. Lo spettatore acuto dovrebbe saper riconoscere ciò che era familiare in un contesto non familiare. Un po’ artista un po’ no è il titolo di una canzone di Adriano Celentano”, ed è anche il titolo della prefazione del catalogo.

Stephan Wittwer and Ernst Thoma, “Improvised music in a cybernetic System”, concert at the vernissage of Saus and Braus, 17 July 1980. Photo: Andreas Züst.

La maggior parte degli artisti non ha mai esposto, e forse non ha nemmeno mai preso considerazione la possibilità. Allo stesso tempo, ci sono voci forti come quella di Martin Disler, che presenta la sua Invasion einer falschen Sprache (Invasione di una lingua falsa) alla Kunsthalle Basel, scatenando una protesta, attraverso la sua pittura grezza come una miscela tra punk e Antonin Artaud. In parte dipinte su tele di grande formato, o anche direttamente sulla parete, le sue opere irradiano una posizione energica, come se volesse cancellare una volta per tutte dalla faccia della terra tutto ciò che è pulito, minimalista e ordinato.

Andreas Züst with David Weiss, 1979. Sissi Zöbeli and Ursula Rodel, Zurich 1979. Contact print: Andreas Züst.

Peter Fischli e David Weiss espongono per la prima volta la loro Wurstserie a Saus und Braus nel 1980. Il pezzo diventerà poi famoso. È la loro prima partecipazione istituzionale come duo. Klaudia Schifferle e Peter Fischli disegnano la copertina del catalogo e il poster della mostra: lo fanno con pathos ironico e rivoluzionario, nello stile di una xilografia tradizionale. Il manifesto è un’allegoria delle quattro arti (pittura, musica, cinema, poesia) con certe rime e frasi di Schifferle intagliate nel legno: “i pittori di questa città hanno sempre la testa bassa”, o “suole tranquille” per il chitarrista, “foto, pellicola e luce, lì sta il trucco” per l’uomo con la macchina fotografica, o per quello che dondola una penna d’oca “allegramente ogni notte, non scrive mai”. Klaudia Schifferle, la cantante dei Kleenex, poi diventati LiLiPUT, dipinge grandi opere su cartone, altro grande contributo alla gioiosa immediatezza visiva di Saus und Braus.

All’ingresso dello Strauhof, proprio accanto al telefono, al distributore di monete e al posacenere, è appesa la copia di Sergio Galli di A Bigger Splash di David Hockney, insieme alle copie delle Demoiselles d’Avignon di Picasso e a un pezzo di Miró. Le copie di Galli sono un omaggio sia all’opera originale che al cliché che queste sono diventate nel tempo.

Sergio Galli in his studio in front of a “Miró”. Photo: Andreas Züst.

Il programma di accompagnamento della mostra inizia già all’inaugurazione, dove le LiLiPUT si esibiscono nel garage accanto, insieme alla chitarrista Steffi Wittwer, con l’elettronica di Ernst Thoma. Sotto il tiglio, di fronte alla vicina chiesa di San Pietro, altre esibizioni sono organizzate da artisti del calibro di Anton Bruhin, La Lupa, con le poesie scritte da Martin Disler.

Il 29 agosto 1980 si svolge il Monsterkonzert, una parata di sette ore, animata dalle band più in voga: Ladyshave, TNT, Hertz, Mother’s Ruin, LiLiPUT, Maloo Lala, Bucks – nomi riconosciuti non solo per la varietà di stili, ma anche per l’idiosincrasia, l’urbanità e un pizzico di umorismo.

Il Monsterkonzert, come la mostra, è legato alle proteste (opernhauskrawall) giovanili del 30 maggio e alle conseguenze che ne derivano nelle settimane successive. La stampa dice, a proposito dello Strauhof, che i “guerriglieri della città” sono al lavoro. Dicono che sia la mostra degli “indiani metropolitani”, nonostante sia stata pianificata prima dei disordini. È innegabile che ci siano dei collegamenti tra i disordini e la mostra, per esempio nella richiesta di maggiore riconoscimento e sostegno per la cultura più giovane. Ironia della sorte, Saus und Braus avrebbe potuto dimostrare al governo locale che certe esigenze erano già ante festum chiare, ovvero prima che si arrivasse lanciare le pietre. Per fortuna, Saus und Braus non è stata strumentalizzata, forse perché i politici non hanno mai avuto l’opportunità di farlo, non essendo abituati a una discussione complessa sulla cultura.

Ma ormai i tempi sono cambiati. Mentre il presente è dominato dalla tecnocrazia della comunicazione, molti artisti si trovano paradossalmente risucchiati nel vuoto della cultura locale. La cosa interessante degli eventi qui descritti è lo slancio attivista, alimentato da desideri collettivi e da questioni unificanti. Anche quando è stato espresso con mezzi modesti, questo slancio ha lasciato un impatto, grazie a un’eco-camera reattiva e locale che è emersa in quel momento e che serve come base per le nostre azioni di oggi.

November 26, 2020