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L’utopia tipografica di Tallone editore

Antonio Carnevale

Viaggio nell’atelier tipografico di Tallone editore, dove l’arte gutenberghiana si connette con il presente

All’imbocco della Val di Susa, vive ancora quell’utopia estetica nata all’inizio degli anni ’30 e concretizzata dall’editore Alberto Tallone: produrre libri contemporanei con le stesse tecniche, gli stessi caratteri, lo stesso spirito di una bottega rinascimentale.

Siamo ad Alpignano, a meno di 40 chilometri da Torino. Qui, Enrico Tallone, figlio di Alberto, continua a lavorare componendo le pagine come faceva suo padre e come avevano fatto i grandi stampatori del passato, da Aldo Manuzio a Giambattista Bodoni. Qui i libri si stampano a mano, con caratteri mobili fusi in piombo, estratti uno alla volta dalla cassa tipografica e composti al contrario prima di essere consegnati alla pagina. Per imprimerli si usano antichi torchi meccanici o manuali. Le carte, rarissime, provengono dalle fabbriche più importanti di tutto il mondo. E il risultato, in un catalogo di titoli in edizione limitata, è un cortocircuito di Rinascimento e contemporaneità. Ma l’avventura di Tallone non è soltanto il vezzo elitario di un raffinato bibliofilo. Per comprenderne la portata complessiva bisogna fare un salto nel passato, nella Milano degli anni 20, dove Alberto Tallone è un giovane libraio antiquario circondato da forti impulsi estetici e da grandi protagonisti dell’arte.

Tallone alphabet
24-point punches. One of the five Tallone alphabets hand-cut by Charles Malin in Paris in 1949 – Courtesy of Alberto Tallone Editore © Photos Ottavio Atti – Archive of Styles®

Padre di Alberto era stato Cesare Tallone, pittore amico di “scapigliati” e divisionisti come Tranquillo Cremona, Daniele Ranzoni, Giovanni Segantini, Angelo Morbelli, Gaetano Previati. Noto ritrattista, Cesare Tallone era stato anche direttore all’Accademia Carrara di Bergamo e docente di pittura a Brera, maestro, tra gli altri, di artisti come Achille Funi, Aldo Carpi, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Carlo Carrà. A frequentare la libreria antiquaria di Alberto, in via Borgonuovo 8, negli anni 20 del Novecento ci sono quegli artisti amici del padre; ma ci sono anche gli intellettuali e i bibliofili della Milano d’inizio secolo come Margherita Sarfatti; e c’è un nocciolo di scrittori e poeti tra i quali l’amica Sibilla Aleramo. È quest’ultima, vicinissima ai futuristi (e amante di Umberto Boccioni), che suggerisce ad Alberto di spalancare una nuova finestra sul suo rapporto con i libri: non più soltanto farne studio e commercio, ma iniziare a stamparli e distribuirli. È così che Alberto Tallone inizia la sua nuova strada: decide di apprendere l’arte della tipografia, parte per la Francia e approda a Châtenay-Malabry, nell’atelier particulier di Maurice Darantiere, il celebre editore d’arte, famoso anche per aver stampato la prima edizione dell’Ulisse di Joyce.

Ulysses's Romain Ancien.
Ulysses’s Romain Ancien. The very type used for the hand-typesetting of the Ulysses’s text. The compositor rule and the 10pt type shown here are the original ones used for Ulysses’s first edition (1921-22) – Courtesy of Alberto Tallone Editore © Photos Ottavio Atti – Archive of Styles®

Nell’atelier di Darantiere, Tallone lavora prima come apprendista e poi come compositore, si dichiara “Il più felice degli operai”, ma porta anche uno spirito nuovo. Al formato di libro un po’ quadrato, di stampo razionalista, che dominava allora in Francia, oppone la leggerezza e lo slancio della tradizione artigianale italiana. Sulla base di principi estetici anti-modernisti, concepisce i “Maestri delle Umane Lettere editi da tipografi artisti”, una collana che voleva essere l’omaggio di ciascuna nazione europea ai capolavori delle rispettive letterature. È parte di questa collana, per esempio, l’edizione in due tomi dei Canti di Leopardi in folio, composta a mano da Alberto ed edita a Parigi nel 1934 da Maurice Darantiere.

Phoenix V
The image shows the inkwell and rear roller castle of the Phoenix V machine built in Leipzig at the beginning of the twentieth century. On this machine Maurice Darantiere printed the first edition of James Joyce’s “Ulysses” (1921-22, Dijon) – Courtesy of Alberto Tallone Editore © Photos Ottavio Atti – Archive of Styles®

Nel 1938 Tallone decide di rilevare l’atelier di Darantiere e continua in proprio la sua impresa editoriale e tipografica a Parigi, in rue de Tournelles. La stamperia diventa punto d’incontro di intellettuali come Paul Valéry (di cui Tallone pubblica due testi inediti), Paul Hazard, René Char, Charles De Gaulle, Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale, Aldo Palazzeschi, Salvatore Quasimodo, Ezra Pound, Cesare Pavese; vi fanno visita regolarmente i registi Luchino Visconti e Vittorio De Sica; sono di casa i pittori Severini e de Pisis; finché, sul finire degli anni 50, Tallone decide di tornare in Italia. E nella casa di famiglia ad Alpignano trasferisce quel laboratorio settecentesco parigino con tutta la sua eredità di preziosi caratteri. Anche Alpignano diventerà meta di culto per i grandi nomi della poesia, come Pablo Neruda, e di studiosi come Francesco Flora e Gianfranco Contini, impegnati anche direttamente in progetti editoriali.

Forma light. Nebiolo, 1965-68
Forma light. Nebiolo, 1965-68 – In a period when photocomposition began to replace traditional foundry types, the Nebiolo society put up a team of designers (Giancarlo Iliprandi, Bruno Munari, Franco Grignani, Ilio Negri, Till Neuburg, Luigi Oriani and Pino Tovaglia) with the aim to create, under the guidance of Aldo Novarese, a sans serif type which, thanks to its impersonality, could lend itself to a variety of uses – Courtesy of Alberto Tallone Editore © Photos Ottavio Atti – Archive of Styles®

Tanta stima nei confronti di Tallone dipendeva certamente dalla chiarezza del suo progetto culturale. Nell’epoca del macchinismo e della velocità, negli anni d’oro delle rotative, Alberto Tallone aveva avuto il coraggio d’intraprendere la via opposta: quella dell’artigianalità e della lentezza. Aveva deciso di difendere la dignità della tipografia artigianale, che per via dell’industria si andava rapidamente perdendo. Aveva deciso di essere editore e stampatore di libri filologicamente molto curati e che senza nessun orpello, soltanto attraverso i caratteri, rendessero omaggio alle opere di grandi autori, dai presocratici greci agli utopisti del Medioevo e del Rinascimento fino agli autori contemporanei. Quello di Tallone è dunque l’ideale bodoniano di una tipografia pura, per cui il segno è il veicolo del pensiero. Ed è questo l’ideale che Enrico Tallone persegue ancora oggi.

Punches from the neoclassical time
Punches from the neoclassical time – Courtesy of Alberto Tallone Editore © Photos Ottavio Atti – Archive of Styles®

“Fortunatamente non ci siamo ingranditi”, dice l’editore a CFA, “la nostra è ancora una dimensione familiare, con una sola dipendente. Ovviamente ci sono collaboratori esterni, però siamo molto piccoli e in questo modo possiamo continuare la tradizione di libertà e autonomia che mio padre aveva inaugurato. Se ci fossimo industrializzati, avremmo battuto altre strade. Invece vogliamo seguire il libro dall’inizio alla fine, senza compromessi. In questa formula siamo unici nel panorama internazionale. Seppure esistano realtà artigianali nell’ambito della tipografia, nessun’altra ha un’impostazione così rinascimentale, di casa e bottega, dove chi stampa è anche editore e libraio, e dove non si utilizzano sistemi di composizione meccanica linotype e monotype”.

Caslon
Caslon. 64-point uppercase Caslon, Caslon Foundry (London and Paris subsidiary) – Courtesy of Alberto Tallone Editore © Photos Ottavio Atti – Archive of Styles®

L’atelier di Alpignano ha sempre stampato con i caratteri acquisiti da Darantiere, alcuni dei quali originali del Seicento, ma ne aveva creato anche uno proprio: il carattere Tallone, disegnato nel 1949 e realizzato a Parigi dall’incisore Charles Malin. Sintesi grafica di un’eleganza classica, di quell’essenzialità senza tempo che era stata l’originaria impostazione di Alberto, il carattere Tallone è ancora oggi di una modernità assoluta. Insieme con il Caslon (un carattere inglese del Settecento) e con il Garamond (fuso in Francia nel Novecento da Deberny & Peignot) è oggi il più usato nell’atelier tipografico di Alpignano.

Garamond D&P.
Garamond D&P. Uppercase Italic Garamond, cut by Henri Parmentier for Deberny & Peignot, 1920s. It was inspired by Jean Jannon’s 17th-century types, owned by the Imprimerie Nationale – Courtesy of Alberto Tallone Editore © Photos Ottavio Atti – Archive of Styles®

“I nostri caratteri sono sbalzati singolarmente a mano su punzone d’acciaio, proprio come quelli che usavano Manuzio o Bodoni” specifica Tallone. “La stampa che ne deriva porta con sé anche imperfezioni, che però aggiungono valore alla pagina, poiché danno al testo un sapore caldo, una sorta di calligrafia. La mano dell’incisore, infatti, riproporziona il carattere a seconda del corpo. Nei corpi piccolissimi del carattere Tallone, per esempio, l’occhiello vuoto della ‘e’ è proporzionalmente più grosso rispetto a quello del corpo più grande, altrimenti si riempirebbe d’inchiostro. Questo ‘ri-proporzionamento’ fa sì che ogni corpo sia sempre realizzato nel solco di un’idea, di un’atmosfera grafica ben precisa, ma non sia mai un clone, come invece avviene nella composizione digitale, che dà caratteri perfetti ma morti”.

Page composed by hand in Tallone font
Page composed by hand in Tallone font. Page of the “Manuale Tipografico IV dedicato all’arte degli incisori, fonditori e stampatori ai fini estetici” (Alpignano, 2018, Tallone Editore). It represents the scale of the typographical bodies from 6 to 72 – Courtesy of Alberto Tallone Editore © Photos Ottavio Atti – Archive of Styles®

Come aveva fatto decenni prima in Inghilterra William Morris, insomma, anche Alberto Tallone aveva voluto riportare in auge la grande qualità artigianale, per cercare l’assoluto nella qualità del libro, consapevole però che la stampa artigianale non è mai un’operazione fine a se stessa. “I punti di partenza del nostro lavoro sono sempre l’importanza del testo e il rigore della cura filologica. La veste tipografica, senza nessun fronzolo, deve servire solo per valorizzare il testo”, spiega l’editore.

Non secondari, in questo processo, sono gli inchiostri, la cui dosatura (che è a sua volta un’arte complessa) ha un ruolo importantissimo nel piacere della lettura. Tallone usa una sommatoria di marroni che dal nostro occhio vengono letti come neri “piacevoli e luminosi” (l’editore dispone di circa 100 varietà) e che escludano l’idea “luttuosa” del nero cupo.

Ink comparison
Ink comparison. Comparison among letterpress black inks made in different decades of the 20th century – Courtesy of Alberto Tallone Editore © Photos Ottavio Atti – Archive of Styles®

Non ultime, inoltre, sono le carte, che Tallone ha sempre cercato in tutto il mondo, come quelle giapponesi degli anni 40 e 50, ormai fuori produzione, e gelosamente custodite nei magazzini dell’editore, che hanno “una leggerezza e un candore per cui pare che il libro leviti nelle mani”. Ci sono poi le carte francesi Canson di Montgolfier, che furono usate anche da Eugène Delacroix, Matisse e Picasso, “il sublime della carta”; e poi quelle di bambù cinesi, fino a quelle della grande tradizione italiana: di Fabriano, di Pescia, di Amalfi, per un campionario che conta circa 300 tipi di carte diverse.

Bifur By A. Cassandre.
Bifur By A. Cassandre. Type and prospectus. Deberny & Peignot (1929). This type shows both Rationalist and Deco elements – Courtesy of Alberto Tallone Editore © Photos Ottavio Atti – Archive of Styles®

L’atelier tipografico di Tallone rappresenta oggi la perfetta continuità storica dell’arte gutenberghiana. Nella filosofia di Tallone, i caratteri, la tecnica, gli inchiostri e le carte devono concorrere alla formazione di una pagina chiara e che non abbagli, che sia calda e maneggevole, che faccia risaltare il testo, che sappia dare una forma degna al pensiero dell’uomo. I risultati di questa filosofia si vedono per esempio nel Discorso sull’indole del piacere e del dolore dell’illuminista Pietro Verri, ultimo libro licenziato ad Alpignano; e si vedono nel rapporto con artisti contemporanei come Giulio Paolini, Giuseppe Penone, Mimmo Paladino, Claudio Parmiggiani, per citarne alcuni che hanno illustrato gli esemplari di testa di edizioni degli ultimi anni. Ma Tallone guarda anche alla modernità. Al fianco dei prediletti ‘Tallone’, ‘Caslon’ e ‘Garamond’, i più adatti ai testi in poesia e in prosa, l’editore-tipografo ha implementato anche un Archivio degli Stili, un repertorio che raccoglie tutti i più importanti caratteri in piombo del Novecento: i caratteri della pubblicità, del design e della comunicazione scritta, ormai entrati nella memoria collettiva.

Original 48-point Didot
Didot. Original 48-point Didot, Didot Foundry, late 18th century. This typeface originally belonged to Jean Baptiste Noellat, printer in Dijon. Then it passed to his successors: in chronological order, Nicolas Odobé, Charles Brugnot, Duvollet-Brugnot, Lazare Loireau-Feuchot, Jean Emile Rabutot, Victor and Maurice Darantière. Finally, in 1938, it passed to Alberto Tallone (cf. tallone a., Manuale Tipografico I, plate XXX) – Courtesy of Alberto Tallone Editore © Photos Ottavio Atti – Archive of Styles®

“Tutti questi caratteri sono stati trasferiti in digitale dall’industria, ma sono stati comunque modificati, e quindi sono diventati un po’ degli ectoplasmi, perché praticamente sono soltanto fotografie; i nostri in piombo, invece, sono le sculture del pensiero, rappresentano piccoli castelli del segno. È sul vortice di questi caratteri che si sono concretizzati l’estetica e il pensiero del Novecento. Al fianco dei nostri caratteri ‘classici’, abbiamo dunque creato questo archivio della modernità a favore degli studenti e della passione verso l’arte grafica. Perché è da questi semplici segni, impressi sulla carta, che passa non soltanto il lavoro di un editore, ma anche ogni conquista della nostra civiltà”.

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February 22, 2021