loading...

Elene Chantladze, dove l’arte si posa

Stefano Pirovano

Ha iniziato a dipingere a 17 anni, ma a Elene Chantladze è servita una vita per arrivare alle gallerie, che scoprono ora il suo talento.

Delle signora Elene Chantladze, artista per istinto prima che per professione, ormai sappiamo molto, anche senza averla mai incontrata. Sappiamo dov’è nata (nel villaggio di Supsa, sul Mar Nero), sappiamo che ha lavorato in ospedali e cliniche psichiatriche, sappiamo che ha due figlie e sappiamo che non ha mai messo piede fuori dalla Georgia. Sappiamo anche che nella vita l’arte è stato il suo modo di prender fiato, di consolarsi, di essere sé stessa. Sei i soldi non bastavano per comprare i pennelli, allora lei usava i fiammiferi, e faceva i colori con quello che trovava. E come i bambini, che non hanno certo bisogno dei giocattoli per giocare, ecco che Elene Chantladze dipingeva sui sassi, sulle conchiglie, su pezzi di carta o cartone recuperati qua e là. Non le è servito studiare. Quando ha iniziato a dipingere aveva 17 anni.  Semmai le è servito vivere, non già la vita dell’artista eroe, ma quella di una persona come tutte le altre. Vale a dire qualcuno che ha quel tipo di necessità senza le quali la vita può diventare terribilmente complicata.

Elene Chantladze
Elene Chantladze, Untitled. Courtesy the artist and LC Queisser.
tbilisi
Elene Chantladze, Elderly, 2012. Mixed media on paper. Courtesy of the artist and LC Queisser.

Le mostre in gallerie come LC Queisser a Tiblisi, Modern Art a Londra, o come l’artist run space che l’ha scoperta – Nectar, che pure si trova a Tiblisi – sono dunque avvenute per l’iniziativa di qualcun altro, non per effetto di una precisa strategia sociale, politica, o comunicativa. Già, perché se è vero che collezionare arte è come andare a funghi – come abbiamo già scritto molte volte per spiegare perché l’arte non si compra al supermercato – allora è anche vero che i funghi certo non sgomitano per entrare nel tuo cestino. Anzi, quelli buoni si nascondono perfino sotto i sassi.

Elene Chantladze
Elene Chantladze in the center surrounded by friends from the writers association.

Quando è morto Michael Jackson, Mina, una straordinaria cantante italiana (che pure è nata in provincia, e che di Elene Chantladze è solo sei anni più vecchia) ha pubblicato sul quotidiano italiano La Stampa un articolo in memoria dell’altrettanto straordinario collega. Quello scritto avanzava un principio che, insieme alla metafora dei funghi, ci aiuta a chiarire ciò che stiamo cercando di dire. “La musica – scrive Mina il 26 giugno del 2009 – non prende in considerazione alcuna piccolezza terrena, la musica rimane al di sopra delle teste dei suoi portatori, la musica svincola dalla storia umana”. Ogni tanto capita che si posi su qualcuno, e che questo diventi il mezzo attraverso cui la musica si manifesta. Lo stesso si potrebbe dire della letteratura, che pure Elene Chantladze pratica, o della pittura.

Elene Chantladze
Elene Chantladze, War in Georgia, 2008. Courtesy the artist and LC Queisser.
Chantladze
Elene Chantladze, ჩვენ მშვიდობა გვინდა – We want peace, Mixed media on paper. Courtesy of the artist and LC Queisser.

La biografia dell’artista, perciò, poco ha a che fare con il suo lavoro. Non è la vita spericolata, o semplicemente tormentata, a fare l’artista. I problemi del vivere ci sono anche per quelli su cui la musica non si posa. Quello per cui l’artista differisce dalle altre persone è semmai una lucida e intelligente consapevolezza del proprio talento. Il carisma di Picasso sta nel sapere di essere Picasso. Le cose a lui vengono facili, e gli altri se ne rendono conto (ovviamente non basta auto convincersi). Lo stesso è verosimile valga anche per Elene Chantladze, la cui fortuna, almeno per ora, non è certo assimilabile a quella del maestro spagnolo, ma che dei grandi artisti ricorda la sicurezza esecutiva; e a questo punto poco importa che al posto del pennello ci sia un fiammifero, o che il colore sia estratto alla benemeglio da sostanze naturali.

elene
At Elene’s House with Elene Chantladze Thea Gvetadze, Nina Akhvlediani & children. Photo: Lisa Offermann.

Al di là della straordinaria fortuna che a ogni grande talento comunque serve per avere successo (D. Kahneman, 2015), la consapevolezza di cui parliamo traspare dal modo in cui Elene Chantladze parla della sua pratica. Dipingere le da piacere. Alla pittura torna ogni giorno, appena possibile, come se, a suo dire, nella pittura trovasse sollievo. E i suoi lavori nascono spontaneamente, senza un programma formale o iconologico preciso. Sono come i fiori, che spuntano da soli. Sono il momento in cui l’arte, diventa sostanza.

Elene Chantladze
Elene Chantladze, Untitled. Courtesy the artist and LC Queisser.

Il caso della signora Elene Chantladze ci da modo di dire qualcosa riguardo un altro tema a noi caro, ovvero quello del rapporto tra forma e informazione. Il mondo in cui stiamo vivendo prova che questi due elementi, in realtà, tendono a convergere l’uno dell’altro. Il prodotto e la sua narrativa sono diventate la stessa cosa. La vicenda biografica di Elene Chantladze si fa dunque narrativa nel momento in cui esiste la forma, ovvero la componente artistica. E in questo senso non è un caso che prima dell’artista sia venuta la scrittrice – in realtà i primi riconoscimenti Elene Chantladze li ha ricevuti per i suoi scritti, poesie e storie brevi -, e che insieme all’artista e alla scrittrice viva anche l’identità della performer, come ci giura chi la conosce personalmente.

April 26, 2021