loading...

Teatri anatomici: la scienza che volle farsi arte

Silvia Tomasi

Viaggio nei teatri anatomici del Seicento, che trasformavano la dissezione dei cadaveri nello spettacolo della bellezza corporea

William Hogarth realizza nel 1715 un ciclo di incisioni intitolato I quattro stadi della crudeltà, il progetto era quello di moralizzare una Londra diventata sentina di vizi e sevizie contro animali ed esseri umani. L’ultima incisione della serie hogarthiana porta il titolo di Ricompensa della crudeltà (The reward of cruelty). Nell’incisione si presenta una scena autoptica, sanguinolenta e splatter, che avviene al cospetto del Presidente del Royal College of Physicians. Il Presidente dei Chirurghi, che non si sporca mai le mani con i cadaveri, indica con una lunga canna, a forte distanza di naso, gli organi del morto. Sulla tavola dissettoria i medici squartano, le budella vengono estirpate, e un cane sotto il tavolo divora il cuore nero dell’assassino, quasi a memento della sua crudeltà. Accanto, in un pentolone stregonesco, sobbollono le ossa. L’edificio deputato alla cruenta dissezione ha una struttura ad anfiteatro, nella cui cavea è collocato il tavolaccio anatomico, attorno girano le panche disposte su gradoni dove siede il pubblico e non solo gli studenti: ci sono posti d’onore riservati alle massime cariche governative, ai nobili e, via via salendo, nei giri di panche, c’è tutto un pubblico di curiosi, questi ultimi costretti a pagare una tassa d’ingresso perché qui, nel “Teatro anatomico”, si assiste a uno spettacolo: la morte si fa bella.

The anatomical theatre at Leiden

The anatomical theatre at Leiden University in the early 17th century

La scena granguignolesca di Hogarth è la versione satirica di un’autopsia, generalmente organizzata nella stagione fredda per questioni sanitarie dovute ai miasmi del cadavere, meglio se concertata per Carnevale, fra gli intrattenimenti delle feste mascherate, niente di più vicino al “ballo in maschera” della Morte rossa nel celebre racconto di Poe. Ma in realtà i teatri anatomici, che nascono già nel Cinquecento, da subito appaiono istituzioni innovative sia scientificamente sia architettonicamente. Se già nel 1300 l’anatomista bolognese Mondino de’ Liuzzi introduce la pratica autoptica nel curriculum degli studi medici, la dissezione sull’uomo diventa nell’umanesimo una tappa fondamentale per la storia della scienza, basti pensare allo stesso Leonardo o ad Andrea Vesalio. Si mette in discussione la natura dogmatica della conoscenza medica, che non studiava direttamente i corpi, “auscultati” solo attraverso le pagine dei grandi Maestri, Aristotele, Galeno e Ippocrate, considerati portatori di Verità assoluta. Solo con l’incremento dell’autopsia, che etimologicamente significa “vedere con i propri occhi”, si inizia a smontare l’iconografia tramandata del corpo umano; l’osservazione diventa cruciale e tutto questo progresso “visivo” poteva avvenire in un luogo deputato: il teatro anatomico.

Teatro anatomico, Padova

Anatomical Theater of Padua, built in 1594, is located inside the Palazzo del Bo of the University of Padua

Nel suo trattato Historia corporis humani sive Anatomice, pubblicato nel 1502, Alessandro Benedetti (1450-1512), colto umanista che esercita la professione di Dottore a Venezia, ci lascia la prima descrizione di un teatro anatomico “effimero”, smontabile dopo l’uso. “È necessario uno spazio ampio”, afferma Benedetti, “che deve essere molto ben ventilato, e all’interno del quale deve essere eretto un teatro temporaneo, con sedili disposti in cerchio. Lo spazio deve essere sufficientemente ampio da contenere il numero di spettatori e da impedire alla folla di disturbare i chirurghi che eseguono le dissezioni”. Con la seconda metà del XVI secolo il progresso in campo anatomico dà origine alla creazione di teatri permanenti. La prima costruzione stabile è del 1594, voluta a Padova dell’anatomista Girolamo Fabrici d’Acquapendente, probabilmente su idea dell’umanista Paolo Sarpi, e rimane in uso fino al 1872. All’ingresso del teatro un’iscrizione in latino recita:“Questo è il luogo dove la morte si compiace di soccorrere la vita”. La dipartita quindi non è cosa abietta, anzi è l’amara medicina per aiutare la vita; così in tutta l’età moderna l’esperienza della dissezione diventa una componente della formazione filosofica e religiosa: imparando la perfezione della macchina umana, era possibile contemplare la grandezza di Dio e della Natura, con l’uomo al suo centro.

Rembrandt detail

“Doctor Tulp’s Anatomy Lesson”, detail, Rembrandt Harmenszoon van Rijn, oil on canvas, 1632, 169.5 × 216.5 cm, Mauritshuis, The Hague

Il teatro anatomico, quindi, era il fulcro della “pratica dell’antropocentrismo”. Ed è proprio in quest’ottica che si deve leggere la scelta di Rembrandt, nella sua Lezione di anatomia del 1632, di far compiere al Dottor Tulp, protagonista del dipinto, il primo taglio autoptico a partire dall’avambraccio sul cadavere. Secondo i canoni delle dissezioni pubbliche si partiva dall’addome, per poi proseguire attraverso torace, gola e cranio, e solo alla fine ci si interessava degli arti. Il dottor Nicholas Tulp, presidente della Gilda dei chirurghi e anatomisti di Amsterdam, considerato il Vesalio del suo tempo, valuta la mano (principale strumento dell’agire medico) come la testimonianza più prossima della presenza di Dio stesso nell’uomo. Come nella nascita di Adamo nel Giudizio Universale di Michelangelo, è direttamente la mano di Dio a dare l’input magistrale a quella del chirurgo.

Molti storici hanno supposto che la struttura architettonica alle spalle del Dottor Tulp e della sua “equipe” di sette membri della Gilda dei chirurghi fosse quella del teatro anatomico de Waag di Amsterdam. In realtà il Theatrum Anatomicum venne costruito nel 1691 e Rembrandt, che muore 1669, di certo non l’aveva potuto vedere. Probabilmente quell’architettura, nota solo attraverso il dipinto di Rembrandt, rimanda alla chiesa sconsacrata di Santa Margherita, utilizzata all’epoca in parte come sede aggiuntiva al vicino mercato della carne, in parte per ospitare il collegio dei medici dove avvenivano le autopsie: un connubio non inaspettato tra macelleria e chirurgia. Una sola certezza riguarda la collocazione della Lezione di anatomia del Dottor Tulp di Rembrandt, oggi nel Museo Mauritshuis dell’Aia: che essa sia rimasta esposta per un periodo nella sala della Surgeons Guild al primo piano del Theatrum Anatomicum, edificato nel 1691 e ideato sul modello di quello patavino, come molti altri teatri anatomici europei che via via sorgono dalla fine del Seicento e nel Settecento, da quello di Groningen edificato fra il 1654/5, al teatro di Copenaghen costruito nel 1640/3, poi Uppsala nel 1662 e quello veterinario di Berlino del 1720.

Rembrandt

“Doctor Tulp’s Anatomy Lesson”, Rembrandt Harmenszoon van Rijn, oil on canvas, 1632, 169.5 × 216.5 cm, Mauritshuis, The Hague

Ora del Waag di Amsterdam sono rimasti lo spazio vuoto della cavea e la bellissima cupola, da cui filtrava la luce necessaria per l’esame della dissezione,voluta dall’anatomista e zoologo Frederik Ruysch, il cui stemma nobiliare è il fulcro araldico della cupola. Scopritore di un nuovo sistema di mummificazione, lo scienziato è il protagonista del Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie, la celebre “operetta morale” in cui Leopardi immagina che i corpi disseccati delle mummie si ridestino e intrattengano il grande anatomista sui misteri della morte, per poi abbandonarsi di nuovo al sonno eterno. È lo stesso Grande Sonno al quale sembravano ormai condannati anche i teatri anatomici, resi via via obsoleti dall’evolversi della scienza medica. “Purtroppo questi piccoli gioielli-crocevia di storia della medicina, religione, economia, architettura e storia dell’arte, sono stati trascurati a lungo, molto spesso destinati ad altro uso o distrutti. Molti si sono salvati in modo fortunoso, proprio perché, come certi cadaveri, sono stati dimenticati in “celle frigorifere”” afferma Chiara Ianeselli, storica dell’arte e curatrice indipendente che fa parte del progetto THESA, acronimo per Theatre Science Anatomy, nato nel 2016: un gruppo di studio interdisciplinare sui teatri anatomici che mira a “rivivificare” il loro ruolo nella storia della medicina e dell’arte. Fondamentali risultano la mappatura e il censimento per documentare, valorizzare e preservare questi luoghi.

Solo alcuni dei più importanti teatri anatomici italiani sono sopravvissuti, come quelli di Padova, Bologna, Ferrara e Pavia. Altri stanno ricevendo attualmente molta attenzione, fra restauri e riscoperte, come quelli di Modena, Pistoia e Lucca. Altri ancora sono scomparsi, lasciando rari documenti a testimoniare la loro esistenza, come il teatro Covoni Girolami del 1783 a Firenze. Sono proprio due prototipi architettonici italiani a far gemmare, fra XVI e XVII secolo, la costruzione di tutti altri teatri anatomici in Italia ed in Europa: il modello di Padova e quello di Bologna. In un articolato testo di Chiara Mascardi, studiosa del gruppo THESA, si specifica come entrambi questi modelli fossero costruzioni in legno incorporate in un alto edificio dell’Università, Palazzo del Bo a Padova e l’Archiginnasio a Bologna, ma con caratteristiche architettoniche diverse.

Anatomical theater, Bologna

Archiginnasio, Bologna, Italy, the wing with the Anatomical theater

Lo scheletro a imbuto del teatro patavino richiama il padiglione auricolare. È proprio il senso dell’udito a far ideare una struttura su modello dell’anfiteatro romano, quasi a ribadire che la lezione di anatomia era ancorata alla “ lettura scenica” dei libri, fonte delle dogmatiche verità sul corpo umano, e non all’analisi della sua carnale materialità. Ma la severità del luogo, con l’assenza di decorazioni o stemmi sociali, si incentra proprio sulla analisi anatomica, in uno spazio che esalta la scienza e la visione. Sei file di gallerie protette da parapetti di legno intagliato scendono concentriche e ripide intorno alla cavea. Il teatro ha una capacità di circa 200 visitatori, senza posti a sedere. In fondo al pozzo si trova il tavolo della dissezione. La sedia del professore quasi tocca il tavolo; c’è poco spazio per gli assistenti e gli otto studenti che reggono le candele, unica fonte di illuminazione. Solo alla fine del Seicento verrà aperto il lucernario per ricevere l’illuminazione naturale necessaria all’osservazione anatomica. È in questa sala severa che lavorano gli eredi del belga Andreas van Wesel (1514-1564), italianizzato in Andrea Vesalio, capostipite della scuola dei moderni “dissezionatori” (sectores) prima a Padova e poi a Bologna, nonché autore del De humani corporis fabrica pubblicato nel 1543, che rivoluzionò la concezione dell’anatomia tradizionalmente accettata.

De Humani Corporis Fabrica

Andrea Vesalio, “De Humani Corporis Fabrica libri Septem”,1543 – Title page

A Bologna, le caratteristiche del teatro anatomico realizzato nel 1637 sono del tutto opposte rispetto al modello patavino. Posti d’onore sono riservati al cardinal legato e alle massime cariche del governo. “È proprio la spazialità a contrapporre i teatri anatomici di Bologna e di Padova”, scrive Chiara Mascardi, “sono due esempi del modo di intendere l’anatomia: da un lato, Bologna e la sua struttura mondiniana (da Mondino de Liuzzi) manterranno nei secoli la netta contrapposizione tra il Lettore che impartisce i comandi ex cathedra e i dissettori, creando sempre una spazialità bifocale, con due centri d’attenzione. Dall’altro, a Padova, l’opera di Vesalio affermerà invece l’importanza della vicinanza fra docente e cadavere, la necessità dell’anatomista di praticare direttamente creando un centro d’attenzione monofocale”. Progettato nel 1637 per le lezioni anatomiche dall’architetto bolognese Antonio Paolucci detto il Levanti, allievo dei Carracci, il teatro anatomico bolognese è un anfiteatro ligneo decorato con due ordini di sedute e di statue: in basso dodici celebri medici fra cui Ippocrate, Galeno, Mondino de’ Liuzzi; in alto i busti di 20 famosi anatomisti dello Studio bolognese. La cattedra del lettore è fiancheggiata da due statue lignee dette gli Spellati, scolpite nel 1734 su disegno di Ercole Lelli, famoso ceroplasta dell’Istituto delle Scienze, noto per la serie degli Scorticati. La “spellatura” o lo “scorticamento” non creano sofferenza in questi corpi, che al contrario sono perfetti e mostrano una splendida muscolatura atletica. L’anatomia si affianca dunque all’arte perché è considerata spettacolo della bellezza corporea. Sopra al baldacchino, una figura femminile: è l’allegoria dell’Anatomia che riceve come omaggio da un putto alato non un fiore, ma un femore.

Teatro anatomico di Bologna

Anatomical Theater of Bologna, detail of the interior – building built on a project by Antonio Paolucci, known as the Levanti, in 1637

L’idea di dissezioni anatomiche come spettacolo di intrattenimento porta nel 1636 la corporazione dei Barber and Surgeon londinese ad affidare la costruzione di un teatro anatomico a Inigo Jones, architetto di fama, noto per la costruzione del Banqueting Hall e per la creazione dei suoi allestimenti teatrali. Jones conosceva Padova e soprattutto il teatro anatomico di Leyda. I disegni del suo progetto, ritrovati nel Worcester College, riprendono questi modelli, con qualche aspetto più popolare. Scenicamente l’arena centrale viene modellata con spazi analoghi a quelli del Cockpit-in-Court, noto anche come Royal Cockpit, uno dei primi teatri cinquecenteschi di Londra, situato nel Palazzo Whitehall, dove Enrico VIII si dilettava con i combattimenti dei galli. Il precetto orazione “docere et delectare” veniva rispettato: da un lato l’insegnamento anatomico, dall’altro il divertissement. Il vero spettacolo era dato da squartamenti, sangue e budella. Le pareti erano adorne dei ritratti di re inglesi, fra cui Carlo I, il re decapitato nel 1649: un autentico caso di dissezione regale.

Anatomical teater Barcelona, ​​Spain

Anatomical Amphitheater of the Real Academia de Medicina de Catalunya from the 18th century, Barcelona, ​​Spain

Seguendo il cordone ombelicale che lega i teatri anatomici italiani ed europei, gli studiosi di THESA non si limitano alla mappatura; propongono anche un progetto che si potrebbe definire di rianimazione: “A partire”, precisa Chiara Ianeselli, “da un insieme di mostre d’arte contemporanea raggruppate sotto il titolo Les Gares, dove vari artisti vengono chiamati a realizzare un progetto site specific all’interno dei teatri anatomici”. Numerosi artisti hanno già presentato le loro opere nei teatri anatomici di Amsterdam, Bologna, Modena e Padova, in una modernissima auscultazione del “cuore rivelatore” dell’antica pratica settoria. Sulla quale così ironizzava Molière nel Malato immaginario:

“TOMMASO Sempre con il permesso del signor Argante, vi invito ad assistere, uno dei prossimi giorni, per vostro divertimento, alla dissezione di una donna, con mio personale commento.

TONINA Sarà un divertimento delizioso. Gli uomini, di solito, invitano la loro bella alla commedia, ma offrire la dissezione di un cadavere è molto più raffinato.”

May 31, 2021