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Foulon, Katambayi, Walters, Zahle, Werner: Brussels Gallery Weekend 2022

CFA (da Bruxelles)

Quando l’architettura della galleria non è protagonista: cosa abbiamo preferito al Brussels Gallery Weekend di quest’anno

La quindicesima edizione del Brussels Gallery Weekend ha inaugurato la nuova stagione con 47 vernissage, due mostre curate (dedicate agli emergenti) e una fitta serie di eventi collaterali. Le dimensioni monumentali della sede scelta quest’anno, l’ex zecca della banca nazionale belga, hanno rispecchiato le ambizioni architettoniche di molte gallerie di Bruxelles, soprattutto in relazione alle dimensioni della città. Per esempio, il nuovo quartier generale di Xavier Hufkens ci ha ricordato quanto per l’arte contemporanea la natura del “contenitore” sia determinante: la ristrutturazione del nuovo white cube di Hufkens – progetto degli architetti Robbrecht en Daem, che all’inizio degli anni ’90 si erano già occupati di trasformare questa voluminosa magione cittadina in una galleria d’arte – conferma la natura apologetica di un contesto architettonico potente al punto da confinare l’arte chi qui si espone a un ruolo pericolosamente secondario. Ciò detto, ecco cosa invece ci ricorderemo del Brussels Gallery Weekend di quest’anno.

Olivier Foulon, dépendance

L’ultima personale di Olivier Foulon da dépendance è la terza parte di una serie di mostre di cui fanno parte anche quelle da Galerie Clages (Colonia) e all’Alma Sarif (Bruxelles). L’artista ridistribuisce i termini formali della storia dell’arte, in questo caso attraverso le forme di Picasso e Delacroix. Foulon mostra una serie di schizzi tratti dal proprio taccuino e ispirati alle Femmes d’Alger di Picasso, a loro volta ispirate da Delacroix. I piccoli schizzi sono collocati in cornici bianche, circondati da generosi passe-partout. A volte gli studenti d’arte imparano a conoscere l’arte copiando le opere che ne hanno fatto la storia: chi non ne ha incontrato uno, armato di lapis e taccuino? Tuttavia, non è il caso di attribuire a Foulon un debito verso la semplicità di questo antico processo di apprendimento. L’artista è infatti più interessato a scherzare con storia, piuttosto che a usarla come strumento di illuminazione. Anche se l’autorità dei cosiddetti “maestri” è fuori discussione – criticarli diventa facilmente luogo comune – Foulon tira la giacca agli antichi quel tanto che basta per farci entrare nel mondo della satira concettuale, con nuovo piacere.

Jean Katambayi Mukendi, f’low, installation view, Waldburger Wouters, Brussels. Courtesy of Waldburger Wouters and the artist.

Jean Katambayi Mukendi da Waldburger Wouters

Seguiamo da tempo la pratica del congolese Jean Katambayi Mukendi. I nostri lettori ricorderanno l’intervista che gli abbiamo fatto nel 2021 (link) e ciò che su di lui ci ha detto Kasper Bosmas a proposito della mostra collettiva che Bosmans stesso ha curato da Gladstone, a Bruxelles nel 2018 (link). La personale da Waldburger Wouters segna in qualche modo l’inizio del rapporto tra l’artista e la galleria belga. In mostra notiamo il parabrezza tempestato di oggetti, già parte della serie presentata da SALTS, a Basilea: un “guasto” tecnologico diventa il supporto su cui sperimentare nuovi modi di intendere la tecnologia, o semplicemente leggere il presente del mondo. L’opera principale, The Concentrator (2022), è un’interpretazione personale di una macchina per la raffinazione dei minerali. Nel testo della mostra, a firma di Martin Germann, l’opera diventa una metafora di connessione. Cose che generalmente non si vedrebbero diventano visibili in una scatola condivisa che assomiglia al cestello della lotteria, suggerendo che, in questo universo, il caso governa sia l’unione che la separazione.

Brussels Gallery Weekend
Frank Walter, ca 1989. Courtesy of Xavier Hufkens.

Frank Walter, Xavier Hufkens

Materiale d’archivio e alcuni dipinti di piccole dimensioni, esposti sia all’interno della galleria che nella vetrina esterna, alimentano questa presentazione museale, ma di dimensioni ridotte, dell’opera di Frank Walter. La mostra è curata da Barbara Paca e Nina Khrushcheva, studiose dell’opera di Walter, che hanno fatto luce su decenni di produzione artistica e avvincenti visioni intellettuali. Walter è nato a Horsford Hill, Antigua, nel 1926, ed è stato attivo fino alla morte, sopraggiunta nel 2009. La sua storia è un percorso di rilevanza sociale e psicologica, per un mondo che va ben oltre quello dell’artista. In momenti diversi, Frank Walter è stato un uomo di colore che gestiva una piantagione di zucchero, un viaggiatore alla ricerca di sé stesso (che sosteneva i diritti civili), e un eremita solitario impegnato a rappresentare attraverso l’arte il proprio cosmo. I dipinti in mostra sono per la maggior parte vedute dei paesaggi di Antigua; il materiale d’archivio comprende spartiti di musica, poesie e immagini fotografiche. Tra le numerose mostre allestite dopo la sua morte vale la pena ricordare quella del Padiglione di Antigua e Barbuda alla Biennale di Venezia del 2017.

Maria Zahle, Turn, Turn, Turn, installation view, Arcade Brussels, 2022. Copyright the artist, courtesy of Arcade London & Brussels.

Maria Zahle, Arcade

La mostra personale di Maria Zahle da Arcade segna un passo laterale rispetto alla morbida linea poetica tracciata sino ad oggi dall’artista danese. Gli elementi in campo evocano un’ampia gamma di possibilità emotive che derivano dall’uso più diretto dei materiali di base, ossia colore e carta. L’artista produce i pigmenti con sostanze organiche coltivate nel suo giardino, a Copenhagen, mentre la geografia del suo delicato vocabolario di forme biotiche espande una conversazione con il pubblico iniziata molto tempo fa. Ma ecco che compare un nuovo ingrediente. È derivato dall’esperienza personale di Zahle, e getta una luce specifica su questo nuovo gruppo di opere. Le immagini in bianco e nero della scultrice danese Astrid Noack, amica della nonna dell’artista, portano la conversazione di cui dicevamo verso un terreno più intimistico. Come nel dialogo tra Zahle e Phyllida Barlow che compare nel libro pubblicato di recente, in occasione della mostra alla Kunsthal Ronnebaeksholm (con Phyllida Barlow, Christine Clemmesen, Anthea Hamilton e Hannah Heilmann), Zahle si interroga sul suo essere artista: “Mi sento come intrappolata tra due generazioni. Tra il fingere di essere un uomo, lo stile maschile, e una persona di 30 anni che è super aperta riguardo vita familiare. Ho una certa simpatia per le nuove generazioni, che non hanno paura di apparire vulnerabili”.

Brussels Gallery Weekend
Jasmin Werner, there in spirit, installation view, Damien & The Love Guru, Brussels. Courtesy of Damien & The Love Guru and the artist. Photo: Kristien Daem

Jasmine Werner, Damien & The Love Guru

I principali canali in cui scorre la pratica artistica di Jasmin Werner convergono in un’unica installazione nell’attuale mostra da Damien & The Love Guru. Da un lato, l’artista filippino-tedesca prosegue con la visualizzazione del dualismo paradigmatico tra il Palazzo della Repubblica di Berlino, recentemente demolito, e l’iconica Burj Khalifa di Dubai, che contiene pezzi d’acciaio riciclati provenienti, appunto, dall’ex edificio socialista: nell’astrazione di Werner, certe “fette” trilobate dello spettacolare edificio arabo sono completate da fogli di plastica che riportano parti della pianta originale del Palazzo della Repubblica. Insieme a queste, Werner espone una serie di fotografie scultoree (le ricopre un sottile strato di pellicola per alimenti) che affrontano il tema degli immigrati filippini e del loro problematico rapporto con la famiglia d’origine; Werner racconta la storia di suo parente, un uomo gay che ora lavora a Dubai in un centro estetico per soli uomini. Sullo sfondo, due wallpaper attivano le pareti della galleria mescolando immagini di persone che “abitano” i due edifici in questione. “Mi piace quando le opere d’arte sono in grado di sollevare domande”, ci ha detto Werner durante l’inaugurazione. E noi continuiamo a volerne saperne di più.

September 13, 2022