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Innamorati: note sull’opera di Angharad Williams

Stefano Faoro

Trascorrere del tempo sul lavoro di Angharad Williams per porsi alcune domande. Quanto esiste un’opera d’arte? Quali sono le politiche della latenza?

“Mi sento stanco, ma innamorato”.
Citazione tratta da un video TikTok di un giovane stagista che parla al suo capo durante la costruzione di un palco temporaneo per un festival musicale estivo sulla costa italiana.

Nel testo di sala della mostra personale di Angharad Williams tenutasi a Vienna nel 2021 da Kevin Space si possono trovare alcuni indizi riguardo a ciò di cui la sua pratica – in generale e in questa particolare occasione; potrebbe parlare; ossia, “squilibri sociali sistemici”, “individualismo patologico”, “visioni binarie di ciò che è buono o cattivo, giusto o sbagliato, amichevole oppure ostile”. [1] Tra le opere in mostra, si notava un nutrito corpus – in rapporto a quanto di solito avviene in una mostra di pittura contemporanea – di tele bianche con sopra dipinta ad acrilico e in carattere tipografico Serif la parola “Love”; ogni lettera ha un colore diverso, con diverse combinazioni di colori declinate nei vari dipinti. Le opere, tutte Untitled, tutte datate 2021, occupavano la stanza attivamente, bloccando porte e finestre, adattandosi agli angoli, diventando più piccole o più grandi, comprimendosi o allungandosi.

Angharad Williams
Angharad Williams, installation view of “High Horse” at Kevin Space, 2021. Photo: Maximilian Anelli-Monti. Courtesy of Kevin Space and the artist.

Il cosiddetto corporate design è uno dei riferimenti citati nel testo in questione e uno dei settori odierni del branding. “Il branding è una modalità distintiva di accumulazione del capitale, […] è una tecnica, distintiva perché genera profitti prima creando e poi sfruttando vari tipi di dipendenza sociale. [Con essa] le multinazionali si muovono in modo aggressivo in tutto il mondo, superando i confini della legge e delle aspettative del pubblico.” [2] In altre parole, il branding è un potente strumento contemporaneo utilizzato per aumentare e differenziare la produzione di valore e per conquistare spazio in nuovi territori sociali ed economici. È uno strumento per espandere non solo i poteri aziendali, ma qualsiasi forma di capitalizzazione della produzione e della vita umana, dato che oggi tali forme tendono a presentarsi attraverso un marchio più o meno articolato. Inoltre, il branding è strettamente legato a un altro movimento di conquista e trasformazione sociale che caratterizza le aree metropolitane di oggi, la gentrificazione, ossia un fenomeno in cui gli artisti – e più in generale il mondo dell’arte – hanno sempre avuto un ruolo importante. Andando oltre, possiamo osservare come la gentrificazione non sia altro che un’estensione del colonialismo, vale a dire “una continua ossessione dell’insediamento dell’era moderna in presunti nuovi territori, ossia la città selvaggia. La terra dell’uomo moderno e lo sfruttamento umano [in cui] un certo numero di individui accumula ricchezza e potere […] mentre decine di residenti urbani vengono sfollati.” [3]

Tornando a ciò che dicono i dipinti di Angharad Williams in questione, potremmo pensare a come alcuni degli agenti del colonialismo, delle gentrificazioni e del lavoro non retribuito che operano in nome dell'”economia dell’esperienza” siano di solito, e in qualche modo, inconsapevoli del processo complessivo in cui si trovano. Se sono consapevoli, incorporano uno spirito di conquista e di sacrificio che permette loro di credere di agire per un presunto bene superiore. Credono di essere dalla parte giusta della storia. Credono di essere, come lo stagista intervistato citato nell’introduzione di questo testo, innamorati. In questo caso amore significa confusione strutturale e prodotto della manipolazione. Si pensi ai coloni nella prima occupazione di un territorio colonizzato, allo sfruttamento di ex aree industriali da parte delle comunità creative, o ai lavoratori stagionali adolescenti negli eventi culturali di un’estate europea. Tutte queste soggettività sembrano esistere su un piano ontologico diverso da quello che le circonda. Non c’è nulla di stabile in loro; appaiono soggettività diverse, nuove e sospettose. Non hanno nulla da perdere, cogliendo i momenti caratterizzati dalla violenza classista e razziale. Sono gli inizi violenti di ogni forma di accumulazione primitiva del capitale.

Angharad Williams, installation view of “High Horse” at Kevin Space, 2021. Photo: Maximilian Anelli-Monti. Courtesy of Kevin Space and the artist.

Gli ultimi cinquant’anni di politiche neoliberali hanno fatto avanzare questo modello di costruzione e perpetuazione della società nel suo complesso, un mondo in cui gli affetti e i desideri vengono sfruttati e utilizzati per esercitare violenza sociale all’interno di classi e popolazioni diverse. I dipinti di Williams per la mostra di Vienna, e molte opere che caratterizzano la sua pratica, mettono in scena criticamente queste forme di esistenza. Presentano una versione dell’essere innamorati abitando attivamente le stanze in cui si trovano: gli spazi, i tempi e le città delle mostre. Come le forme contemporanee di agency, con le quali sono in sintonia, sembrano, nella loro posizione precaria, non esistere pienamente; oppure sembrano parzialmente indefinite, vibranti. Esistono come esercizio continuo di una certa pulsione.

Ma c’è dell’altro. Le opere, grazie alla loro materialità e alla cura con cui sono state realizzate, sono in grado di esercitare una contro-mossa. Resistono alle condizioni in cui si trovano in modo solidale. Diventano un’altra forma di “amore”, una forma di cui vale la pena innamorarsi. In questo senso, l’arte di Angharad Williams opera come un modo auto-collassante di costruire sistemi di rappresentazioni performative; ed è un meccanismo che contiene il suo stesso fallimento. Tali sono le sue politiche.

Angharad Williams, A dedication: broomstick, 2021. Courtesy of the artist and the Bonner Kunstverein.
Angharad Williams, A dedication: broomstick, 2021. Courtesy of the artist and the DREI Gallery, Cologne.

Al momento della stesura di questo testo l’ultima voce sul sito web di Angarhad Williams si riferisce alla sua partecipazione a una mostra collettiva al Bonner Kunstverein. La mostra si intitola The Wig, è curata da Haus der Wig e presenta opere di ventuno artisti. [4] Nella guida alla mostra Picture the Others, allestita nel 2022 presso MOSTYN, una galleria di Llandudno, in Galles, The Wig è descritta come un “progetto in corso e accumulativo [5] di Gianmaria Andreetta, Jason Hirata, Megan Plunkett, Richard Sides e Angharad Williams”. [6] Nell’iterazione di The Wig al Bonner Kunstverein, Angharad Williams ha installato un dipinto a olio di 100 x 70 cm intitolato A dedication: broomstick (2021). L’opera era stata esposta qualche mese prima nelle sale Mönchengladbach della galleria DREI di Colonia. La mostra, ideata da Angharad Williams insieme a Gianmaria Andreetta, pure si intitolava The Wig e presentava opere di tre degli stessi artisti presenti nella versione del Bonner: Jason Hirata, Megan Plunkett e la stessa Williams. A Mönchengladbach l’opera intitolata A dedication: broomstick è stata ruotata di 90 gradi rispetto a come la stessa opera era stata esposta a Bonn, quindi misurando 70 x 100 cm invece di 100 x 70 cm. Si tratta di un dipinto astratto di simmetria geometrica, con una tavolozza di colori che ricorda gli anni Settanta e definisce linee di uguali dimensioni che circondano uno sfondo rosso. Ruotando nel tempo – le iterazioni di Colonia e Bonn sono avvenute a circa un anno di distanza -, appare nel dipinto un ipotetico centro, un perno su cui l’opera gira lentamente; ci si chiede se la rotazione continuerà.

Angharad Williams, My first suit, 2020. Tailored suit to the dimensions of artist’s body summer 2020, shirt, tie, shoes, stolen flowers from Milano public parks. Variable dimensions. Courtesy of the artist and Fanta-MLN, Milan. Photo: Roberto Marossi

Nella mostra collettiva intitolata Il sogno di una cosa, ospitata da Fanta-MLN nella primavera del 2022, Angharad Williams ha presentato My first suit (2020). La descrizione dell’opera dice: “un abito su misura per le dimensioni del corpo dell’artista, estate 2020, camicia, cravatta, scarpe, fiori rubati nei parchi pubblici di Milano”. Il doppiopetto gessato è stato appeso come una figura umana appiattita. Dalle sue tasche sgorgavano fiori marci e dalle scarpe di cuoio spuntavano fiori marci. Dall’altra parte della galleria – un grande garage semi-quadrato sotto una trafficata linea ferroviaria in un’ex area “periferica a rischio sicurezza” [8] della città – un’immagine incorniciata senza titolo (performance documentation, Munich, 2020) ritraeva Williams che recitava come se stesse tagliando dei fiori da un parco ben curato, mentre indossava lo stesso completo, con in mano un paio di forbici e un fiore già in tasca. Noah Barker, uno degli artisti della mostra, ha scritto nel comunicato stampa ciò che gli è stato detto (non sappiamo da chi) sull’opera di Williams; My first suit è una ricostruzione di una performance originale in cui “i fiori dei parchi pubblici venivano rubati da tutta la città e portati per essere acquistati alla galleria.” [9] Nell’immagine l’aspetto dell’artista, la sua posa, è quella di una figura pantomimica, un personaggio furtivo del XX secolo che si trasforma in una caricatura appiattita quando i suoi abiti vengono esposti in una galleria. Ci si potrebbe chiedere che tipo di peso sia caduto su di lei; quale rullo compressore, tedesco o italiano, è passato sulla nostra sfortunata protagonista?

Angharad Williams, My first suit, 2020. Courtesy of the artist and Kunstverein München.

Nel 2020, al Kunstverein di Monaco di Baviera, questa stessa opera ha fatto parte di una collettiva intitolata Not Working – Artistic production and matters of class. L’abito è stato presentato come a Milano, ma i fiori bavaresi esalavano un profumo diverso, invitando i visitatori a pensare al giardino barocco come prototipo di sovrapposizione tempo libero/industria, così come hanno suggerito ai milanesi la questione dello spazio pubblico nella regione più privatizzata del sud-Europa. Il misterioso personaggio interpretato da Williams si trovava anche nella mostra di Monaco, incorniciato in un quadro: un ritratto di lei/lui, questa volta di notte. Il volto è parzialmente coperto e il personaggio sembra più arrabbiato, o semplicemente molto consapevole, spaventato da qualcosa o qualcuno che si nasconde dietro ogni angolo di una delle più prospere città tedesche.

Angharad Williams, Cars (2022), installation view Eraser, Kunstverein für die Rheinlande und Westfalen, Düsseldorf, 2022, photo: Cedric Mussano

In questi giorni è possibile visitare la mostra personale di Williams (curata da Kathrin Bentele) al Kunstverein für die Rheinlande und Westfalen Düsseldorf. Il biglietto d’invito è grigio chiaro e contiene la sagoma bianca di un arcolaio, alcune informazioni pratiche e il titolo della mostra, Eraser. Due delle pareti parallele più lunghe del Kunstverein sono interamente ricoperte da disegni iperrealistici a carboncino in scala 1:1 (Cars, 2022). Come i dipinti della mostra di Vienna, i disegni coprono interamente le due pareti e si adattano a porte ed elementi architettonici. Le auto stanno in verticale, in equilibrio precario, ma i segni sono veloci e precisi, tracce di movimenti sicuri delle braccia. La polvere nera di cui sono fatte è lì per restare. È in atto una danza immobile ma frenetica; il visitatore si trova al centro della “corsa scompigliata” di Alice nel Paese delle Meraviglie. Nella stanza successiva, dietro un angolo, Angharad Williams mostra Enver’s World (2022), un video che ritrae un uomo che dorme in un parco urbano. C’è spazio finalmente per un po’ di riposo?


[1] Consulted July, 21st 2022. Link.

[2] Holt, D. B. (2006). Toward a sociology of branding. Journal of Consumer Culture, 6.

[3] Wharton, Jonathan (2008). Gentrification: The New Colonialism in the Modern Era. Forum on Public Policy: A Journal of the Oxford Round Table.

[4] Gianmaria Andreetta, Nancy Dwyer x Swatch, Matthias Groebel, Jason Hirata, Kirsten Johnson, Devin Kenny, Louise Lawler, Ed Lehan & Lena Tutunjian, Lorenza Longhi, Fred Lonidier, Megan Plunkett, Josephine Pryde, Sarah Rapson, Su Richardson, Lucien Samaha, Richard Sides, Mareike Tocha, Angharad Williams, Camilla Wills, and Reece York.

[5] Il termine “accumulativo” è importante per comprendere le implicazioni politiche dell’esperienza latente.

[6] Consulted July 25th, 2022. Link.

[7] Consulted July 25th, 2022. Link.

[8] «Nolo, Milan». In Wikipedia, consulted 4 May 2022

[9] Consulted July, 25 2022. Link.

November 10, 2022