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È buio, ma è solo cornice: i disegni di Kyung-Me

John Belknap

Chi e cosa appare esattamente nei disegni dell’artista newyorkese Kyung-Me, ci si chiede, perdendosi nella loro oscurità

Aspettava, l’artista Kyung-Me, che qualcuno facesse la sua comparsa. Ma questo qualcuno l’ha fatta aspettare a lungo, e ci sono stati momenti in cui ha visto se stessa nel vetro che racchiudeva i suoi disegni a inchiostro e carboncino; aveva il volto riscaldato dalla soddisfazione di non scorgere alcuna persona speciale; era assente come una figura, informe e spensierata, e se si fosse fatta pressione sulla coerenza o sul bisogno di significato, persino sulla consistenza, la figura sarebbe completamente scomparsa dall linea del suo sguardo.

Looping da un riflesso increspato, si capisce. La mente fa cose terribili mentre aspetta. La lasciamo indugiare su progetti incompleti, problemi irrisolti, storie fisse piene di figure fluide. Dopotutto è più facile ricordare la trama di una storia che la sua fine, o la sua pacificazione. Anche se poi ci dispiace quando a un certo punto le cose si sistemano.

Kyung-Me
Kyung-Me, “The Resurrection”, 2022. Pen and charcoal on paper, 32 × 47 1/2 in. (81.28 × 120.65 cm). Courtesy of the artist and Bureau, New York.

Kyung-Me inizia come la maggior parte dei narratori. Sbatte le palpebre, prepara la mano e fa una scelta diversa; non capitola. Invece, prende qualsiasi cosa nera che ha a portata di mano – inchiostro, grafite o carboncino – e la pressa sulla carta Arches. Segue poi un ritmo tripartito, diagrammando un vuoto, ossia l’abito che indossa e la decorazione che lo circonda. Oggetto, soggetto, frammento: caro narratore inaffidabile, ora ti prego di considerare una revisione.

Per la mostra intitolata Sister (Bureau, New York, 2022) due storie parallele dedicate a due suore dall’animo gentile si sviluppano in quattro fasi, ognuna delle quali tende all’onnipotenza grazie al ritmo in tre tempi. In un racconto, quattro disegni (The Prostration, The Marriage, The Confession, and The Organ) illustrano la storia di una suora che attraverso un monastero gotico si dirige verso la madre superiora. Le scene catturano panorami profondi con flussi di tende di velluto appuntite che attraversano cascate di volte a crociera e spesse travi di legno. In The Organ la luce fluttua disegnando strane diagonali attraverso le vetrate dorate; il sacro strumento è unito a uno spaventoso “M-m-mmmm?”.

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Kyung-Me, “The Organ”, 2022. Pen and charcoal on paper, 32 × 47 1/2 in. (81.28 × 120.65 cm). Courtesy of the artist and Bureau, New York.

Altri quattro disegni mostrano la sorella della suora. Si tratta ora della storia di una geisha che “aspira a un’altra immagine incontaminata di bellezza”, come racconta Kyung-Me. La geisha vaga al centro di un’okiya, sempre più in profondità (The Resurrection, The Mother, The Profession, e The Vessel). Passando accanto a un kimono, a un bollitore per il tè, a una spada, e a un ponte, comincia a chiedersi, dov’è la madre della casa? La troverà, con qualcos’altro. Ogni famiglia di disegni segue una parata di tre matrioske, ossia una figlia inghiottita dalla madre e la madre a sua volta divorata dalla casa. Vedere l’intera storia significa vedere il buco che c’è alla fine di ogni storia; vuoto inesauribile che genera mondi multipli di multipli.

Molteplici mondi, appunto. I tempi che cambiano richiedono un cambio di ritmo. Come in Hey Ya! degli OutKast e nel Rito della Primavera di Igor Stravinsky, Kyung-Me gioca con una cadenza ingannevole. Altri segni temporali nel repertorio dell’artista includono il due quarti (simmetria, duplicità, bi-sezionalità, beh, questo è il due per tre) e il quattro quarti indotto dalla paura (lotta, fuga, congelamento e cerbiatto). In Sister ogni disegno è bisecato da un asse centrale verticale. Se tagliati in due, tutti i disegni raggiungono una quasi simmetria; e sono amanti perfetti, con un struttura mise-en-abyme un po’ fuori dagli schemi.

Kyung-Me, “The Prostration”, 2022. Pen and charcoal on paper, 32 × 47 1/2 in. (81.28 × 120.65 cm). Courtesy of the artist and Bureau, New York.
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Kyung-Me, The Mother, 2022. Pen and charcoal on paper, 32 × 47 1/2 in. (81.28 × 120.65 cm). Courtesy of the artist and Bureau, New York.

Una storia lascia sempre delle questioni in sospeso, e forse è questo il motivo per cui continuiamo a raccontarla. C’è sempre altro da raccontare. Anche dopo aver visto tutto, e dopo esserci ritrovati in quel buco della storia ci chiediamo cosa succederà dopo. È sconcertante. Il prezzo che paghiamo per acquisire la padronanza dell’arte della sostituzione – ossia raccontare attraverso la narrazione – è proprio questo senso di smarrimento.

Nel fotogramma finale delle rappresentazioni che Kyung-Me fa di una suora e di una geisha in cammino verso l’onnipotenza — rispettivamente intitolate The Fall e The Gate — ogni donna attraversa una soglia di pace esteriore, di karma, di semplice casualità: l’abbandono organizzato prende uno di questi nomi. (Entrambe le sorelle escono di scena e si allontanano da ciò a cui sono predestinate. Qui l’inquadratura cade fuori fuoco, oltre il loro sguardo).

Nel lavoro di Kyung-Me compaiono anche certi amanti perfetti. Qualche anno fa l’artista ha disegnato scene di errori erotici frammentari. I disegni intitolati A boy and a horse (2020) mostrano un esile giovinetto che indossa un paio stivaletti da equitazione. Il gruppo di opere (cinque) racconta dell’amicizia tra il protagonista e uno stallone bruno. Bello e troppo leale, il ragazzo si innamora del suo cavallo. In realtà si tratta di un sofisticato spin-off dell’opera teatrale di Peter Shaffer intitolata Equus.

Ecco che si dispiega un’altra storia sull’onnipotenza. In un disegno il ragazzo lotta sulle punte dei piedi per appoggiare la testa sulla schiena dello stallone, mentre in un altro accarezza il manto serico dell’animale. La sua mano libera e ricurva assomiglia a uno strano artiglio, forse utile nel caso in cui si debba afferrare qualcosa che si allontana al trotto. Lo stallone ignora il linguaggio del corpo scoordinato del ragazzo e guarda fuori dalla finestra. La finestra mostra un vuoto luminoso e accecante.

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Kyung-Me, “A Boy and a Horse III”, 2020. Ink, graphite, and charcoal on Arches paper, 10 × 14 in. (25.40 × 35.56 cm). Courtesy of the artist and Bureau, New York.

In un terzo disegno i due galoppano insieme. In un quarto gli artigli del ragazzo afferrano il collo del cavallo e ne fanno passare la testa attraverso una finestra nera come la pece, portata nell’oscurità per un bacio violento o, come dice la storia di Equus, per un colpo agli occhi del cavallo. È una scena di transizione accuratamente costruita per lo stallone ormai cieco e che vive in un incubo. Un quinto e ultimo disegno rappresenta gli amanti in forma di unione addomesticata; un ponyboy solitario.

In un’altra serie, intitolata Half-Mourning (2018), ogni disegno (a penna su carta) include una vedova camuffata e una presenza inquietante. Le vedove sono vestite con veli vittoriani e con stile si imbronciano in affollate stanze anglo-giapponesi. Aspettano il momento della fine del lutto. Le stanze contengono amenità come uno scialle di pelliccia in cima a un Byōbu, un paravento giapponese pieghevole decorato con una cupa illustrazione di un cacciatore e di un cavallo; tappeti tetri e poco definiti; altre tende di velluto; alcuni vasi di porcellana decorata; un unico bollitore da tè appeso; paraventi in rilievo decorati con cervi, draghi e fenici; una sdraio bitorzoluta e un trono di legno di vimini. C’è molto da fare e si prova un terrore che localizzato e diffuso al tempo stesso.

Kyung-Me
Kyung-Me, “Half Mourning 2”, 2018. Ink on arches paper, 18 × 24 in. (45.72 × 60.96 cm). Courtesy of the artist and Bureau, New York.
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Kyung-Me, “Ghost 2”, 2018. Ink on arches paper, 10 1/4 × 14 in. (26.04 × 35.56 cm). Courtesy of the artist and Bureau, New York.

Alla stregua delle soffocanti sale delle cattedrali, delle okiya e delle sale d’attesa, le figure di Kyung-Me si nascondono nell’ampio spazio della nostra immaginazione. C’è poca carne in queste figure disegnate con piglio ultra-ornamentale. Nella serie Half-Mourning, quella che si rivela essere la pelle di una caviglia in cima a uno stiletto nero spunta dal velo di una vedova (Half Mourning II); il collo e le scapole nude di una vedova senza veli che indossa un abito da sera nero (Ghost 2) si allontana dall’osservatore, e guarda la morte: lui guarda indietro, con le mani appollaiate sulla sua forma a clessidra, nella pausa di un valzer notturno. Certo, è buio, ma è solo una cornice. Presto la morte ci scivolerà accanto e scomparirà in un cielo semi-luttuoso.

March 10, 2023