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Daniele Milvio: twenty ink drawings

Conceptual Fine Arts e Galleria Federico Vavassori presentano venti opere inedite di Daniele Milvio, eseguite tra il 2012 e il 2013, al rientro dell’artista in Italia dopo un lungo soggiorno all’estero. La serie non è mai stata esposta al pubblico prima d’ora.

Daniele Milvio nasce in Italia nel 1988. Tra quattro e dodici anni suona il violino per diverse ore al giorno, credendo di poterne fare, da adulto, il suo mestiere. Oggi incolpa la dimensione delle sue mani per il fallimento di questo tentativo. La musica classica resta nella sua vita un accompagnamento della pratica dell’arte, un tempo da lui considerata un ripiego. Ha scoperto di recente di aver versato per anni l’affitto della sua casa di Milano al direttore d’orchestra Valerij Gergiev, un pegno pagato malvolentieri a chi nella musica, a differenza di Daniele Milvio, ha indubbiamente eccelso. Consegue il diploma di liceo Classico nello storico Istituto Dante Alighieri di Roma con voti inspiegabilmente bassi; in seguito frequenterà l’Accademia di belle arti di Brera, pur vivendo a Parigi. Si conta qualche mostra personale a New York, Milano, Basilea e Berlino, e un numero accettabile di mostre collettive in gallerie e istituzioni di un certo pregio. Come Benedetti Michelangeli è un appassionato di auto, non della loro conservazione. Oggi vive tra Milano e Ansedonia, e medita di darsi all’attivismo politico in seno al suo adoratissimo partito radicale, o alla coltura di rare specie di albero da frutto, o all’allevamento di una nuova razza canina nata dall’incrocio del galgo spagnolo col dobermann, o alla pesca del totano. Afferma di concedersi ancora tre anni prima di decidere.

Daniele Milvio
Daniele Milvio, In questa macchina si ascolta solo Schönberg (In this car you only listen to Schönberg), 2013, watercolour and ink on paper. Courtesy of the artist and Galleria Federico Vavassori.

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Un amico qualche tempo fa mi faceva notare come l’alimentazione elettrica cambierà la natura dell’automobile. Diventerà un elettrodomestico, perché molto meno difficile da produrre delle auto attuali, visto che a quelle elettriche non servono trasmissione e fluidi. Poco tempo dopo, non ricordo dove, ho sentito un tale che provava a descrivere a un altro tale il piacere che aveva provato nel guidare (coi guanti) una Lancia Delta Integrale, con il cambio manuale, i sedili ergonomici, l’assetto sportivo, il motore sovralimentato. Quel signore parlava come uno che ci sa fare e che ha abbastanza capelli bianchi per permettersi di essere nostalgico.

Daniele Milvio: In realtà il culto dell’acquisto dell’auto e quello della manutenzione, anche se non ortodossa, mi interessano solo in parte; e così il senso di appartenenza tribale a un gruppo di appassionati, ancorché nostalgici, che il possesso di una certa macchina può garantire al suo proprietario. Guardo piuttosto a quello che avviene quando l’auto è usata in maniera impropria, per azioni di cui l’auto diventa il nobile strumento.

Daniele Milvio
Daniele Milvio, Ipotizzando la fine di Portiques du Feu (Assuming the end of Portiques du Feu), 2012, watercolour and ink on paper. Courtesy of the artist and Galleria Federico Vavassori.

La nostalgia è in effetti un sentimento di segno opposto a quelli con cui quel tale, da giovane, avrebbe comprato la sua Delta Integrale, per sentirsi come o Juha Kankkunen o Miki Biasion – ma quanti poi con le macchine sportive hanno corso davvero? Se l’avessero fatto si sarebbero resi conto di quanto poco sportive quelle auto in realtà fossero. Ma quello era il ceto medio. Una Ferrari è altra cosa. 

Daniele Milvio: Quando la macchina è usata in modo improprio assume la dignità di un cavallo usato in un assalto alla diligenza; mentre una macchina nuova ha di per sé quella di un cavallo da tiro. È nello slancio adolescenziale, che eleva a valore una stupida disubbidienza, che trovo interessanti la guida sporca, le auto piratesche e la musica ricercata. Una corsa antieroica a bordo di una Supra, con Penderecki in sottofondo; la felicità della Supra stessa che si presta a questo viaggio; e la soddisfazione del guidatore. Sono cose che vanno oltre il senso di possesso. Le macchine che ho avuto le ho sempre chiamate per nome.

Daniele Milvio
Daniele Milvio, L’arte della fuga, 2013, watercolour and ink on paper. Courtesy of the artist and Galleria Federico Vavassori.

Il castello di Faisal Bin Qassim Al Thani, a Doha, è un museo in mezzo al deserto, dove lo sceicco ha raccolto tutto ciò che rappresenta la storia del suo paese (prima che Pamuk scrivesse il Museo dell’Innocenza, che è un monumento alla nostalgia): dalle barche da pesca, alle scarpe delle donne, dagli accendini (a migliaia), ai tappeti, per arrivare ovviamente alle automobili, che sono la sua vera passione. Lo sceicco ne possiede più di 600, di tutti i tipi. C’è persino una Williams di Formula 1. Più che simboli di status certe auto sono state, e per qualcuno sono ancora, un modo semplice di rappresentarsi agli altri attraverso immagini che spesso servono solo a riempire lo stagno perché Narciso ci si possa specchiare. L’immagine tiene finché l’acqua non s’increspa.

Daniele Milvio: Nella rappresentazione di sé e nel narcisismo ci sono aspetti che rischiano di essere fuorvianti. Credo che la questione poetica stia nell’uso epico dell’auto, più che il culto della macchina in sé; l’uso non canonico dona all’auto uno statuto diverso, inaspettato; L’auto, in questo modo, diventa quasi un mezzo di offesa.

Senza la Ferrari di Robin Master Magnum non sarebbe stato l’uomo che era, e così James Bond con la sua Aston Martin, o Marty McFly con la DeLorean. Anche Pasolini ha un debito verso la sua Alfa GTV e sappiamo della passione di Arturo Benedetti Michelangeli per le Ferrari, che il pianista era solito guidare in modo assolutamente ‘improprio’. Ma se poi l’amico avesse ragione? Se la macchina diventasse come un grande frullatore, che per di più si guida da sé e se non stai attento ti porta dove vuole lui, per farti comprare quello che ti ha fatto desiderare, e per farti diventare quello che credi di voler essere? Allora i collezionisti d’auto diventerebbero eroi dissidenti, la benzina varrebbe versata in coppe di Champagne e la fuga potrebbe tornare a essere una forma musicale in voga anche tra i giovani.

Stefano Pirovano (Milano, 21 maggio 2020)

June 15, 2020