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CONCEPTUAL FINE ARTS

Neo-emergenti: Matthieu Haberard

Sonia D'Alto

La poetica di Matthieu Haberard attraversa una soglia: un gioco innocente che appartiene alle favole, a quei racconti avventurosi di prodezze e di sciagure.

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Matthieu Haberard, Vous Faites Face À L’Idiot, installation view Fondation Emerige (2019), photo: Romain Darnaud, courtesy the artist and GIANNI MANHATTAN

Innocente gioco e malizia scenografica

La soglia è il luogo dell’ambiguo, del magico e a volte dell’abietto. È il luogo della metamorfosi, che reclama conoscenze specifiche per particolari trasformazioni. Richiede uno sforzo, perché al suo cospetto può avvenire qualsiasi cosa. Anche la poetica di Matthieu Haberard attraversa una soglia: un gioco innocente che di solito appartiene alle favole, a quei racconti avventurosi di prodezze e di sciagure. La percezione si fa ambivalente, al limite tra sarcasmo maturo e libido infantile. Il suo lavoro ci interroga sulle nostre facoltà di fantasia e di ascolto visivo, fino a raggiungere l’elaborazione dell’esperienza attraverso una serie di frammenti ironici della realtà.

Oggetti strani, quasi perturbanti, attivano una sinistra e buffonesca memoria. L’insonnia (dell’artista) e la fantasia partecipano attivamente a questo gioco, lasciando emergere ritagli di sogni, brandelli di linguaggi e fecondi intervalli di mistero. Come set di scenografie teatrali e cinematografiche, sono matrici caricaturali di allegorie complesse, mascherate da superfici fantasmagoriche e forme bizzarre.

La maschera e l’artificio decorativo sono tecniche utilizzate dall’artista come esperimento per il risveglio, per l’attraversamento di una soglia. Le sue sculture sono foderate di un’investitura performativa, saga delle possibilità. Storie di animismi latenti, etnografia degli oggetti, richiedono una sagace sollecitazione del reale. Sono spesso sculture sospese quelle di Matthieu Haberard, macchinari la cui mancanza di attivazione offre potenzialità infinite e attivazione della malizia visiva nell’elemento scenico che si offre all’occhio di chi le osserva. L’immaginario offerto è ambiguo e sospetto, caratterizzato da registri diversi che appartengono al regno della fantasia e della magia. È perfino resa grottesca l’evidenza della realtà.

Un’archeologia psichica o un’antropologia della cose, che ricorda l’interesse di Walter Benjamin alle sopravvivenze moderne del demoniaco e del mito. Seguendo ancora il filosofo, l’archeologia non è più composta da una memoria di documenti, ma da una sintomatologia spettrale. L’ombra o il residuo di qualcosa che è stato compresso fino a diventare fantasmatico, invisibile.

Gli choc adolescenziali, la violenza metropolitana, a cui si partecipa da spettatori passivi o da attivi guerrieri, sono qui riscattati nella creazione di un proprio linguaggio, nell’elaborazione di singoli elementi organizzati in oggetti organici. Il gioco e la violenza diventano intercambiabili azioni nella storia dell’uomo con reciprocità tra l’infanzia e la maturità, l’innocenza e la malizia.

some paper oriental armor pieces
Matthieu Habrard, Paris Internationale 2017, Installation View, photo: Romain Darnaud, courtesy the artist and GIANNI MANHATTAN

Questa cosmologia ha popolato la mente di numerosi artisti che in fase post-guerra hanno sublimato nel loro lavoro le violenze e i traumi subiti. Hanno traghettato in forme e narrazioni figurate l’informe universo dell’oltraggio umano. Molte delle sculture di Matthieu Haberard rimandano all’uso del legno di H.C Westermann, all’assurdità delle opere di Robert Gober e ai teatrini di Pino Pascali. In particolare è quest’ultimo ad aver influenzato il suo lavoro. Come Pino Pascali con la sua fantasia ha ritratto il passaggio tra civiltà contadina e civiltà industriale così Matthieu Haberard, mette in scena sculture che contemplano il passaggio nell’universo fantastico pre-internet – Tolkien a quello post-internet – Game of Thrones.

a hanging castle
Matthieu Haberard, Dans L’Arène (2017), courtesy the artist and GIANNI MANHATTAN

Les Serpents naissent à 16 ans (2018), per esempio, è un’opera che ricorre alla figura simbolica e alchemica del serpente. Le squame della sua pelle sono complici di quello stesso artificio metamorfico e ludico dei Bachi da Setola o della Vedova Blu di Pascali. L’opera Les Serpents allude a un’iniziazione, alla presa di coscienza della violenza che spesso avviene intorno ai 16 anni. L’universo del gioco e della violenza si allarga anche a quello medievale. Anzi quest’ultimo nutre tutta la prima produzione dell’artista fino a inglobare anche i riferimenti successivi, come nel caso di Dans L’Arène, (2017). L’immaginario dell’artista è popolato da armature, trappole per topi, scatole musicali, congegni a orologeria, sculture mutuate dalle vetrate decorate di Cluny. Il Medioevo ha abbassato il suo ponte levatoio verso le porte di un regno in cui si trovano i riferimenti visivi che la società occidentale e capitalista ha scartato a rifiuti del passato. In questo universo l’artista ha trovato le tracce con cui demolire le tendenze artistiche correnti (post-internet). Legno, plastica e mousse (EVA foam) i materiali utilizzati, gli stessi con cui banalmente sono realizzati i giocattoli. L’infanzia e il gioco sono centrali nell’estetica dell’artista, vicini al carattere ludico e furfantesco di Pino Pascali:

Io cerco di fare quello che mi piace fare, in fondo è l’unico sistema che per me va bene. Non credo che uno scultore faccia un lavoro pesante: gioca, come qualsiasi persona che fa quello che vuole gioca. Non è che il gioco sia solo quello dei bambini, è tutto un gioco, no?

Le sculture di Matthieu Haberard sono gioco che si fa oggetto. Falsa innocenza che nella forma di puzzling question, mette in scena la malizia dell’arte e il virtuosismo della fantasia. Il ciclo ÀPlusieurs Ça Soulèvent Le Stress, per esempio, presenta piccoli sipari in legno dipinto. Con elementi che ricordano gli adesivi che decorano l’infanzia, ospitano delle incisioni in alluminio alludendo alla metafisica della morte tramite l’allegoria della danza macabra. In We Love Violence (2019) asce di legno sono decorate con colori stridenti. La serie Cagna 1, Cagna 2 (2019) ricorda letteralmente spade giocattolo, con impugnatura regale e ironica.

a wooden sword that looks like a snake
Matthieu Haberard, Outside Our, installation view Fondation Emerige (2019), photo: Romain Darnaud, courtesy the artist and GIANNI MANHATTAN

Anche le armature fanno parte di questo gioco. Questa volta acrome, con l’effetto di una resa che si deposita sulla superficie decorata, ispirata ai modelli marziali della tradizione cinese e giapponese. Parle (Les Yeux Ouvert), Insomnìe (Fleure), Pas (une Insomnìe) sono vestigia di epoche fantastiche e reliquie di battaglie fantasma. L’aspetto scenografico e ludico desemantizza il ruolo della violenza che questi oggetti rappresentano. Troviamo i caratteri di una mutevolezza che confonde i confini. Non stupisce dunque pensare alla malizia dell’infanzia e alla sopravvivenza delle cose tramite l’immaginario d’innocenza che esse si portano dietro.

Le opere si ricongiungono a universi fittizi che giocano con il reale. Resistant è una  scatola che ambiguamente rivendica di essere strumento musicale mentre ci racconta di storie narrate dalla maschera soprastante. “è il virtuosismo del mago o del prestigiatore che dilettano i loro spettatori con trucchi portentosi, estratti, come si dice, dalle loro scatole, dai lori sacchi magici”[1]. La magia dichiara l’effettiva esistenza di un altro mondo, usando l’invisibile nel regime del visibile. L’albero della cuccagna, i totem della vita, Rabelais, sono ancora possibili. Vous faites face à l’Idiot!

A wooden speaker and a banjo
Matthieu Haberard, Resistant (2019), photo: Simon Veres, courtesy the artist and GIANNI MANHATTAN

Bibliografia

G. Didi-Huberman, Storia dell’arte e anacronismo delle immagini, (trad. Stefano Chiodi), Bollati Boringhieri, Torino, 2007.

P. Pascali, in C. Lonzi, Autoritratto, Bari, 1969.

May 26, 2020