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CONCEPTUAL FINE ARTS

Il grazioso che urta e le leggendarie magrezze di David Rappeneau

John Belknap

La tecnica di narrazione di David Rappeneau è realismo sfiorato dal fantastico. I suoi neo-libertini seducono con il divino comunitario

Le persone si divertono e si sentono. Accade spesso nei disegni di David Rappeneau, che sono pieni di persone divertenti, come leggendarie magrezze — ingenui di varia specie, imprenditori, sognatori a occhi aperti. Si presentano in duo o in trio e, recentemente, sono delineati dal tratto di una penna a sfera. La loro pelle, i vestiti e l’ambiente circostante sono resi in un miscuglio di acrilico, matita, carboncino e pennarello. Queste leggendarie magrezze si insinuano nell’ambiente che le circonda, strette parenti delle bellezze aerografate di Mel Odom e degli smilzi furbetti di città di Sybil Lamb.

Le figure di David Rappeneau cadono spesso fuori dal piano dell’immagine, con il fumo attorcigliato che le avvolge in un nastro, imitando le loro stravaganti contorsioni, acrobazie da Cirque du Soleil. I vortici di fumo attirano lo sguardo sulle spirali vicine: una collana d’argento che vola, le corde annodate di un top senza schiena o riccioli accarezzati dal vento.

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David Rappeneau, Untitled, 2022. Acrylic, ballpoint pen, pencil, charcoal pencil, acrylic marker on paper. 15.85h x 11.71w inches (40.25h x 29.75w cm). Courtesy of the artist and Queer Thoughts, New York.

Le pupe e i bulli disegnati dell’artista condividono un’uniforme di abiti da sgualdrina di città, reinserendo le figure in stretti scenari sociali. Muscoli definiti e sporgenze scheletriche si fondono con le griffe più famose. In Untitled (2022) qualcuno indossa una maglietta di Chanel sopra a un paio di jeans stracciati. L’abbinamento si stropiccia selvaggiamente sulla sua pelle lucida. In altre opere certe ragazze indossano felpe di Balenciaga che scivolano dalle spalle come le ali ripiegate di un putto rinascimentale, mentre i pantaloncini da bagno di Mugler si rapprendono nei loro inguini da piatto gourmet. Rappeneau propone una couture davvero succulenta.

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Installation view, David Rappeneau: Mirage 2000, at Queer Thoughts, New York, 2022. Courtesy of the artist and Queer Thoughts, New York.

Nella personale del 2022 di Queer Thoughts a New York – intitolata “Mirage 2000″ – le opere, tutte senza titolo, tutte del 2021 o del 2022, raccontano un languore fashionista. Le figure sono adagiate su tetti o scale antincendio, in immagini che danno l’impressione di trovarsi all’aperto. Si intravedono scorci di Londra, Parigi, forse Tokyo. Più in là, in lontananza, si stagliano i jet da combattimento a cui il titolo della mostra fa riferimento (merce di prima scelta, per alcuni dei peggiori trafficanti di armi del mondo); e poi missili arancioni e nuvole a fungo. La guerra è scoppiata in questi cieli bigi: i più disadattati si nascondono sopra lenzuola stropicciate o sotto cieli a chiazze. Potrebbero anche mostrare una vena ribelle di snella non-curiosità, mentre guardano con noncuranza gli spettatori che li indicano nella galleria di volti. “Mi ricorda quell’amico”, “questo è un amante” o “quello è l’altro”.

Gli sfondi macchiati mi sembravano familiari. Erano come l’eyeliner sgualcito dalle lacrime, o i lividi del viso dopo il botox. Fanno male, sapete? Con sfondi come questi David Rappeneau potrebbe fare un’affermazione su quanto sia poco lusinghiero credere che la storia e la grandezza di una città ti arrivino addosso per pura vicinanza. Bisognerebbe essere più coraggiosi. Come sopravvivere altrimenti alla città e alle sue mura fatiscenti? Trattenete i singhiozzi: la storia, persino la grandezza, è vicina, travestita da futuro, in attesa che la divoriate.

David Rappeneau
David Rappeneau, Untitled, 2021. Acrylic, ballpoint pen, pencil, charcoal pencil, acrylic marker on paper. 15.55h x 11.02w inches (39.5h x 28w cm). Courtesy of the artist and Queer Thoughts, New York.

Altre scene di David Rappeneau hanno riscattato la definizione di interno, raffigurando camere da letto o bagni angusti: un computer portatile riproduce materiale erotico; una lavatrice rosa chiede di essere accesa; e una sigaretta, una terza, viene gustata da amanti appagati; una gatta si avvicina, eccitata per l’arrivo della pioggia. (Pioggia in arrivo, ovviamente, se partecipano a questo piccolo randevous).

Nel mondo di Rappeneau tutti gli esseri viventi si muovono verso il piacere. Abbonda un desiderio ardente. Eppure c’è inquietudine nell’aria, un désabusement tardo-capitalista. C’è la sensazione che da un momento all’altro tutto possa crollare o esser spazzato via. Chi o cosa sarà il salvatore in questi tempi secolari? Sicuramente non il loro creatore, che mostra tavole di piacere quasi stabili, eclissate, in modo piuttosto inopportuno, da uno spiraglio di negazione in diminuendo: sensazione di paura che la propria infrastruttura – o la logica interna – possa crollare se si fa un salto in avanti.

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David Rappeneau, Untitled, 2020. Colored pencil, ballpoint pen, pencil, charcoal pencil, acrylic marker on paper. 16 x 11 5/8 inches (40.4 x 29.5 cm). © David Rappeneau. Courtesy of the artist, Gladstone Gallery, and Queer Thoughts, New York.

Scrive la compianta Lauren Berlant: “il sesso, o qualsiasi contatto che tocchi l’indomito sociale, complica l’ordinario, perché, anche quando non è collaborativo, costringe il soggetto razionale/critico a disorganizzarsi per un po'”[1]. Le persone sembrano sempre sapere ciò che non sanno. La negazione precede il piacere e, una volta che il piacere si è messo in moto – rotolando, crescendo, gemendo – la negazione permane. Sebbene questa contraddizione sia disorganizzante, il suo potere è davvero seducente. Il sesso funziona perché vende un modo di vivere. E ci sono molti modi di vivere.

Per l’artista, il piacere è molto meno una ricerca di auto-scoperta che un salto, un volo, un’invenzione di sé. Nella sua visione il piacere è qualcosa in cui si possono inventare nuovi modi, nuove forme di convivenza. In un’opera, una figura dalla pelle scura e dai capelli turchesi intrecciati è appollaiata da un inguine all’altro sopra una ninfa bambina. Il cavaliere soprastante, con le gambe verde cachi piegate all’indietro e le braccia tese su entrambi i lati, è pronto a sollevarsi verso altezze maggiori. L’amante, più in basso, si stringe il sedere, se l’amore in alto non riesce a volare. Le leggendarie magrezze, con le loro ali alla moda (per finta) e i loro segnali di bellezza, hanno ragione a lasciarsi andare, per accrescere il bello.

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Installation view, David Rappeneau: †††††††††††††††††††††††††††, at Gladstone Gallery, Brussels, 2021. Courtesy of the artist and Gladstone Gallery.

Durante la pandemia sono state disegnate e mostrate figure con ali piumate. Questi semidei alati sono apparsi online, sulle pagine Instagram e Tumblr dell’artista, che sono diventate un vero e proprio culto. Gladstone Gallery le ha esposte nel 2021 a Bruxelles, in personale intitolata “†††††††††††††††††††††††††††”. Le figure alate hanno un’espressione disperata. Hanno bisogno di conforto. Il testo della mostra, scritto da Charlie Fox, offre sentimenti simili. Riguardo a un’opera Fox scrive: “sotto la luce delle stelle l’angelo che accoglie il ragazzo malato tra le sue ali sembra anch’egli depresso, incatenato da chissà quale dolore terreno: Melancholia I, per il momento dello Xanax”. È difficile credere che queste siano immagini di anestesisti alle prese con ferite spirituali. Sta succedendo qualcos’altro. Forse sono angeli chedurante un regolare check-in offrono a questi bellissimi mortali una sistemazione corporea.

Le leggendarie magrezze son belle. Sono esseri bellissimi per ciò che il loro contatto corporeo rappresenta: una rete di neo-libertini. Generano cameratismo; creano nuove alleanze e cancellano l’alienazione che schiaccia l’anima. Insieme, a letto, oppure accanto a un bovindo, gettano via “un labirintico guardaroba di interiorità tormentata, di coinvolgimento personale” [2] come ha notato il compianto storico Christopher Chitty a proposito delle storie di tanti, beh, di tanti storici come lui. La storia stessa di David Rappeneau è sconosciuta. Nessuna intervista, nessun immagine per la stampa, nemmeno una pagina su Wikipedia. Ma esiste davvero? Sappiamo che è francese, è un artista, a quanto pare vive e lavora in Francia. Tutto bene. Fortunatamente, arte e storia sono relazionali, comparative.

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David Rappeneau, Untitled, 2019. Acrylic pencil, ballpoint pen, pencil, charcoal pencil on paper. 15 7/8 x 11 5/8 inches (40.3 x 29.5 cm). © David Rappeneau. Courtesy of the artist, Gladstone Gallery, and Queer Thoughts, New York.

La tecnica di narrazione di David Rappeneau è realismo tinto di fantastico. Ogni neo-libertino seduce il divino comunitario, consentendo all’uno e all’altro di essere ciò che segue: sorpresa (“Il tuo post va contro le linee guida della comunità”); ingenuità; vergogna della differenza (un gatto che ficca il naso sotto la gonna di una donna e fa le fusa); debolezza (tre opere sono tratte dalla soggettiva di un ciclista in viaggio che in questo caso riscatta la definizione di outdoor); teorie di posizionamento positivo (si potrebbe sostenere che fare una pausa-sigaretta incoraggi un brevi momenti di respiro profondo e riflessione); protezione (azione collettiva, lavoro di squadra, pressione dei pari, sicurezza dei numeri).

Cos’altro possono fare le figure di Rappeneau ora che si sono aperte le cateratte della pandemia, proteste di cui ora si parla raramente? Piuttosto che piangere sui piaceri svaniti, stanno proprio come noi: abbandonati ai loro dispositivi elettronici.

David Rappeneau, Untitled, 2022. Acrylic, ballpoint pen, pencil, charcoal pencil, acrylic marker on paper. 15.85h x 11.71w inches (40.25h x 29.75w cm). Courtesy of the artist and Queer Thoughts, New York.

[1] Halley, Janet E., Andrew Parker, and Lauren Berlant. “Starved.” Essay. After Sex?: On Writing since Queer Theory, 79–80. (Durham: Duke University Press, 2011).

[2] Christopher Chitty, Sexual Hegemony, 165, (Durham: Duke University Press, 2020).

December 10, 2022