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CONCEPTUAL FINE ARTS

L’artista, lo psichiatra, il collezionista Roman Buxbaum (e Miroslav Tichý)

Céline Mathieu

Abbiamo incontrato Roman Buxbaum, collezionista eclettico, tra psichiatria e performance, nel segno indelebile di Miroslav Tichý

Zurigo, inverno 2022. Dal terrazzino osservo una frase rossa di Lawrence Weiner che dice After Any Given Time. È stata dipinta sul muro della loro casa. Salendo le scale, nel soppalco, vengo accolta da un uomo anziano; mi presento. Roman Buxbaum è alto e generoso. Chiedo del disegno in salotto, un’opera che attira la mia attenzione. È il ritratto di un personaggio con gli occhi scuri e cerchiati; la matita insiste sulla borsa sotto agli occhi. Nella parte inferiore sinistra del foglio una singola linea si sviluppa in una figura più piccola, che a sua volta sembra disegnare la figura principale. “L’ho disegnato io” dice Roman Buxbaum. Ecco, ci siamo mi dico. La nostra conversazione si addentra subito nella poliedricità della persona; gestire lo spazio espositivo al piano inferiore, essere collezionista, psichiatra e artista allo stesso tempo. Buxbaum mi dice sorridendo che potrebbe invitarmi a visitare lo studio, che da dieci anni non apre a nessuno. Il giorno dopo gli scrivo un’e-mail.

© Roman Buxbaum

Tre settimane dopo, in quello stesso salotto, sono seduta bevendo prosecco di fronte Roman Buxbaum e a sua moglie. Siamo in cima alla Psychcentral, la clinica che gestiscono e che impiega 35 psichiatri specializzati in vari settori. Mi chiedo di cosa parleremo durante la cena, finché lui non inizia a raccontare la storia di come, anni fa, ha deciso di lasciar crescere il tumore benigno che gli era comparso sulla spalla sinistra. Ha concepito l’intervento chirurgico necessario per rimuoverlo come fosse una performance teatrale, che ha effettivamente avuto luogo a Praga, presso la galleria d’arte Rudolfinum. Roman Buxbaum indica un piedistallo alle mie spalle sul quale sta una sottile ondulazione di bronzo; è il calco di quel tumore. “I lipomi – dice – si rimuovono facilmente. Si apre la pelle in direzione delle fessure e il nodulo si lascia sbucciare con un dito, come fosse un’arancia”. Rispetto al lento lavoro dello psichiatra i tratta di procedura medica semplice e veloce.

roman buxbaum
Roman Buxbaum, The Infinite Drawing, 1980, pencil on paper, 41,5 x 29,5 cm. Courtesy of the artist.

Era tutto pronto; inviti stampati, palco, schermi video, copione, luci spente e applausi. Purtroppo due giorni prima dell’intervento/performance l’Autorità Medica della Repubblica Ceca ha giudicato l’operazione antietica e l’ha interrotta. “Quando al chirurgo non è stato permesso di venire in teatro, il teatro è andato dal chirurgo”. Così, in privato, il dottor Christian Roy ha rimosso il lipoma sulla spalla di Roman Buxbaum con una spada da samurai. Una troupe televisiva ha ripreso tutto. Con impazienza racconto allora di una mia performance intitolata Pharmakon (con il mio duo CMMC) in cui abbiamo ricevuto un massaggio per 6 ore al giorno, per 4 giorni di fila. La serata continua con storie che vertono su salute mentale, prestanza fisica e vena artistica.

A un certo punto Roman Buxbaum mi offre addirittura un lavoro. Dovrei scrivere sulla sua pratica artistica per un sito web. Sulla base del disegno e del lipoma asportato esprimo il mio interesse. Ha anche un altro lavoro per me. Lui e sua moglie vorrebbero fare un figlio e stanno cercando una donatrice di ovuli. Potrei essere io. Andiamo in sala da pranzo e parliamo per altre sette ore.

La collezione

La vita collezionistica di Roman Buxbaum inizia con Miroslav Tichý (1926-2011), artista famoso e sconosciuto allo stesso tempo. Pittore e fotografo, Tichý nasce a Kyjov, nella Repubblica Ceca, dove trascorre la maggior parte della vita. Nonostante abbia una solida formazione artistica, sarà sempre considerato un outsider. Miroslav Tichý usa macchine che si costruisce da sé, per poi scattare centinaia di immagini al giorno. Il suo soggetto preferito sono donne ignare del suo sguardo. Così l’artista celebra la sottile linea che separa il misticismo dalla pura creazione di immagini. Col tempo vengo a sapere che Tichý è un amico della famiglia in cui Roman Buxbaum è cresciuto. Nel 2005, per sua volontà, nasce Tichy Ocean Foundation, che ha lo scopo di raccogliere, conservare ed esporre le opere di Tichý. Fotografie, disegni, dipinti, stampe e macchine fotografiche “d’autore” vanno a formare la Collezione Miroslav Tichý, che è poi stata esposta, grazie a Buxbaum, in grandi istituzioni come la Kunsthaus Zürich, il Centre Pompidou Paris o l’ICP New York.

Tichy Ocean Foundation
Miroslav Tichý, MT inventory no. 1-035 Unknown (1960-1980), 20.9 x 24.8 cm. Unique black and white silver gelatine print on Baryt paper, framed by the artist. Courtesy: Tichy Ocean Foundation.

Quando nel 1992 Arnulf Rainer va a trovare Miroslav Tichý a Kyjov lui si rifiuta di vendergli opere, ma accetta di fare uno scambio. Nasce così Artists for Tichy – Tichy for Artists, un progetto di scambio, appunto, tra le stampe fotografiche di Tichý e le opere degli artisti che ne stimano il lavoro. In seguito Tichý conivolge nel progetto anche Buxbaum, che da allora lo gestisce sotto l’egida della Tichy Ocean Foundation. La collezione conta oggi più di 300 opere.

Oltre alle opere di Miroslav Tichý, Buxbaum possiede dunque la prosecuzione del suo progetto di scambio, che include anche lavori di grandi dimensioni, come la magnifica gabbia di Eva Koťátková. La collezione non scende a compromessi. Dato che il progetto si basa esclusivamente sullo scambio, il denaro entra in gioco solo in minima parte. Buxbaum acquista occasionalmente pezzi più accessibili, ma le opere di Artist for Tichy – Tichy Artists non possono essere vendute; lo scambio è sempre regolato da un contratto tra le parti.

Buxbaum mi racconta di essere andato a trovare Weiner poco prima che morisse, trovando il suo studio vuoto, a parte due stampe di Tichý lasciate accanto al lavandino. È anche amico di Nick Cave, che ha firmato le magliette dedicate alla figlia di Buxbaum che stanno appese nella biblioteca, separata dal soggiorno da un grande quadro di Gunter Förg. La raccolta nata dal progetto di scambio è la più ampia collezione d’arte contemporanea della Repubblica Ceca. Buxbaum spera di fondare un museo per la collezione, possibilmente nella Repubblica Ceca.

Lo spazio

Come la Tichy Ocean Foundation – Salon Lessing, Roman Buxbaum ospita al piano terra mostre d’arte contemporanea, ma anche happening e conferenze che metto in relazione gli artisti contemporanei, Miroslav Tichý, e le sue riflessioni sulla salute della psiche umana. Le mostre – organizzate assieme ad Angelo Romano, ex curatore da Counter Space – hanno una cadenza trimestrale e presentano artisti come Valentin Carron & Jacques Chessex, Alfredo Jaar, Stefan Vogel, Paul McCarthy, Damien Hirst, Christian Jankowski, Jürgen Klauke, Jiří Kovanda, Urs Lüthi, Jonathan Meese, Peter Weibel e David Weiss. Talvolta Buxbaum apre al pubblico il resto dell’edificio della fabbrica, come se si trattasse di museo privato; al primo piano sono esposte opere d’arte dei pazienti di Psychcentral; al secondo piano ci sono le mostre temporanee, con pezzi della collezione di Art Brut; all’ultimo piano si trovano le opere del progetto Artists for Tichy – Tichy for Artists.

Roman Buxbaum
Tichy Ocean Foundation, Zurich
Roman Buxbaum
Stephan Vogel, “Kommen, abhängen!”, Installation at Wasserkirche Zurich, June 2022.

In occasione dell’edizione 2023 dello Zurich Art Weekend l’artista malese Mandy El Sayegh espone dipinti di grandi dimensioni, sculture e un’installazione multimediale, collocata tra il Salon Lessing e la Wasserkirche. Sul sito web si legge: “Ci sono chiari riferimenti alla violenza storica nel materiale, ma anche un focus sulle tecniche pittoriche, che si combinano per esprimere l’interesse di lunga data dell’artista su come i processi artistici, in particolare l’uso della stratificazione e della trasparenza, possono essere utilizzati per mettere in discussione le strutture di potere ereditate”. Le scelte artistiche, curatoriali e professionali di Buxbaum continuano a intrecciarsi.

L’artista

Il lavoro artistico di Roman Buxbaum guarda alla psiche umana come a un foglio sottile e fragile. Attraverso performance, scultura, disegno, teatro e pittura, egli indaga tempo e trasparenza. Per un dei suoi primi progetti utilizza un test psicologico ormai obsoleto allo scopo di identificare, partendo dai lineamenti del viso, i tratti della personalità. I manifesti che trae dai ritratti sono affissi nottetempo per le vie di una città ceca. La popolazione locale non ha familiarità con i manifesti post-comunisti, così le immagini rimangono affisse per anni.

Il background medico influenza la pratica artistica di Roman Buxbaum in modo significativo; dal lavoro decritto poc’anzi, passando attraverso gli autoritratti eleganti ma complessi degli esordi, Buxbaum approda all’esame del legame gemellare. Radiografie e test psicologici sono un modo per guardare nell’individualità; anche la chirurgia trova spazio nella suo lavoro. In una sorta di rapporto mobile con passato e futuro, la pratica di Buxbaum riflette sui legami familiari e sul materiale di cui un vita si compone. Madre, nonna e figlia dell’autore appaiono in immagini fisse e in movimento. Sembra che gli interessi catturare la perdita anticipata dell’istante; e in questo senso, forse, la pratica di Tichý non è gli mai troppo lontana. Immagini che svaniscono alla vista, osservazioni intime ma lontane.

Roman Buxbaum
Roman Buxbaum, “Hut for Ancestors”, 1992/93, Installa/on at Kunstraum Aarau, objects and materials found at the attic of grandmother’s house. Courtesy of the artist.

Buxbaum mi mostra un lavoro per cui ha svuotato la vecchia soffitta della casa di famiglia per allestire una nuova casa, che include anche un gruppo di persone all’interno, in attesa di ricevere ospiti. Nel 1992 l’installazione scultorea viene presentata al Kunstraum Aarau e alla Kunsthaus Biel – Centre Pasquart; mi ricorda una scena di Béla Tarr; l’ambientazione atmosferica può ospitare una moltitudine di situazioni, sempre avvolte da un’oscura suspense. Dopo la mostra Buxbaum ha fatto a pezzi tutti i mobili e dopo averne ben accatastato i pezzi li ha riportati in soffitta.

Buxbaum si volta per prendere un libro alle sue spalle e senza guardarmi dice: “l’intero lavoro è piuttosto malinconico”. Parliamo del tempo che si assorbe; accenna alle immagini che muoiono. Negli ultimi anni si è chiesto proprio questo, se le immagini, a un certo punto, possono morire. Come dice lui stesso, usa l’arte per desensibilizzare da ciò che gli provoca paura, lasciando allo spettatore una solida sensazione di evaporazione di sé, del corpo, del tempo e dello spazio. È un artista, collezionista e psichiatra la cui carcinofobia ispira l’arte come forma di autoterapia, come Buxbaum ama dire.

Negli spettacoli teatrali interattivi della fine degli anni ’90, rappresentati al Wiener Festwochen, al Theaterhaus Gessneralle e al Theaterspektakel Zürich, Buxbaum ha messo in scena uno zio sopravvissuto all’Olocausto. Per tutta la durata dello spettacolo sembra che il personaggio sulla scena non stia narrando un copione fittizio, ma la storia della sua vita. Sembra riordinare gli eventi, portandoli da un registro all’altro, senza mai rinunciare a una un’inquetante tensione.

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Roman Buxbaum, “Vitrine”, 1992, objects collected at Platzspitz in Zurich during the heroin epidemic. Courtesy of the artist.

A Zurigo, durante la crisi dell’eroina, le autorità cittadine chiedono a Roman Buxbaum un parere professionale; lo psichiatra suggerisce di fornire siringhe pulite e tutto il necessario per un uso sicuro della droga. Per un certo periodo in ogni sede espositiva in cui Buxbaum espone ci sono anche candela, laccio emostatico, siringhe e liquido diluente. L’artista raccoglie siringhe usate e garze di cotone insanguinate per farne elementi delle sue opere. Fotografa le mani dei tossicodipendenti per poi attaccare le piccole immagini agli alberi del parco più popolare tra i tossici. Ciò che Buxbaum stesso dice dell’opera – ossia che questa è un lavoro su ciò che egli teme di più – lo contraddistingue più di ogni altra cosa.

Conclusione

A un certo punto Buxbaum dice ciò che gli è difficile dire: “Elena ed io vorremmo che prendessi in considerazione l’idea di darci le tue uova”. Cerco di mantenere un’espressione neutra; ho già pensato alla richiesta dopo la nostra cena, ovviamente, e glielo dico. Ho bisogno di più tempo per riflettere. Ore dopo mi chiedo, chi avrebbe avuto un figlio e con chi? Buxbaum avrebbe un figlio da me attraverso Elena, ma il figlio sarebbe soprattutto di Elena. La loro equazione tiene conto del fatto che Buxbaum non vivrà per sempre? Avrebbero un figlio attraverso di me, o sarei io avere un assaggio di maternità attraverso di loro? Oppure questa storia è un esercizio psicologico multiplo e lontano? Qualche settimana dopo, gli esami a cui mi sottopongo in vista del possibile prelievo di ovuli mostrano che ho un grosso nodulo benigno che deve essere rimosso: le immagini muoiono e le crescite continuano.

May 23, 2023